05/07/17

Attacco al diritto d'aborto e libertà di coscienza in Tunisia - corrispondenza

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera proveniente da un docente di un’università tunisina in cui, in un contesto nazionale dove vi è un rigurgito conservatore di tipo religioso in tutti i campi della società favorito dalla componente principale del partito di coalizione governativa (i Fratelli Musulmani di Ennahdha) anche all’università si combatte questa battaglia tra affermazione della libertà di coscienza e tentativo di imporre i valori religiosi nelle istituzioni e nella vita pubblica da cui dovrebbero restare fuori.

All’attenzione della coordinatrice del Dipartimento di Italiano dell’ISL
All’attenzione del corpo docente del Dipartimento di Italiano dell’ISL

Oggi lunedì 03 luglio, in occasione della riunione di delibera del nostro dipartimento in cui siamo tutti qui riuniti, faccio presente che:
durante la sessione di recupero è successo un fatto assai grave e scorretto che riguarda la prova di esame di “produzione scritta”.
L’esame prevedeva due domande teoriche e un tema la cui traccia recita testualmente:

Siete dei giornalisti, scrivete un articolo in un giornale consigliandone la gente che scelga l’aborto di smettere. Nell’articolo spiegate l’aborto e date delle conseguenze di questo crimine. Come si tratta di una verità evidente a chiunque faccia ancora uso della propria ragione?
Una traccia così formulata dovrebbe essere irricevibile dal nostro dipartimento sia per i vistosi errori grammaticali e sintattici che rendono la traccia quasi incomprensibile a chi legge, sia da un punto di vista di correttezza etico/professionale.
Ma in questo caso gli errori sintattici e grammaticali passano necessariamente in secondo piano, la questione principale è infatti il modo con cui viene posto il quesito.
Infatti su un tema delicato che ha a che fare con la libertà di coscienza, la traccia impone allo studente in maniera preconfezionata la visione del docente su tale questione tra l’altro presentandola in maniera oggettivamente erronea e affermando falsità.

Innanzitutto da un punto di vista pedagogico l’Università dovrebbe essere il luogo in cui tutti gli studenti possano ricevere gli strumenti per poter sviluppare un proprio pensiero critico, al contrario l’esame definendo l’aborto un “crimine”, fornisce già una visione di parte sull’argomento e lascia poca “libertà di manovra” allo studente di argomentare e sviluppare autonomamente lo stesso.
Quanto espresso nella traccia di esame è una palese falsità, infatti per “crimine” si intende un reato grave quindi penale e, come sappiamo, la pratica dell’aborto è concesso in alcuni casi in Tunisia fin dal 1956 e, in seguito alla mobilitazione delle donne tunisine vi è stato uno sviluppo della legislazione nazionale liberalizzando l’aborto nel 1973. In tutto il mondo l’aborto è considerato un diritto per le donne che in molti paesi hanno conquistato in anni e anni di lotta, in altri si continua a lottare contro gli attacchi a questo diritto da parte di gruppi reazionari, neofascisti e neonazisti e in altri ancora si lotta ancora per conquistarlo.
Dire quindi che l’aborto è un crimine equivale a considerare le donne che abortiscono delle criminali. Un’affermazione tanto infamante quanto menzognera.
È solo una visione religiosa della vita che in maniera del tutto avulsa da principi di scientificità equipara l’embrione a una persona già formata considerando quindi l’aborto un “crimine”.
Ma noi siamo docenti di un’università statale e non dell’università Zitouna di antica memoria, in quanto pubblici ufficiali rappresentanti l’istituzione siamo tenuti a rispettarne la neutralità e a garantire i principi costituzionali. L’unica “verità evidente” all’Università è il sapere scientifico accademico, o forse vogliamo che anche nella nostra Università siano presentate delle tesi in cui si afferma la giustezza della teoria geocentrica come successo recentemente all’Università di Sfax?
Le credenze etiche, morali e religiose personali dei docenti devono rimanere nella loro sfera privata e personale e in un’istituzione come l’Università non possono influenzare negativamente la libera fruizione del sapere e del dibattito scientifico.
Questa vicenda particolare diventa assai più grave alla luce del fatto che i nostri studenti sono per oltre il 90% donne.

Il risultato di questo approccio è ben visibile dalle tracce sviluppate dalle studentesse in tale esame, essendo di sorveglianza nel suddetto, ho avuto modo di leggere le prove man mano che le studentesse consegnavano: sembrano tutte delle fotocopie.
In nessuno dei compiti consegnati dalle ragazze vi è un’analisi scientifica del fenomeno in cui si descriva argomentando ad esempio le ragioni di una donna che voglia abortire vedi le ragioni economiche/sociali o di violenza sessuale o più semplicemente di pura scelta individuale. In nessuno dei compiti vi è un’analisi giuridica della legislazione tunisina anche in rapporto all’articolo 21 della nuova Costituzione che sancisce la sacrosanta libertà di coscienza.
È lecito chiedersi se, dato questo approccio fortemente ideologizzato, sia stato affrontato in classe la questione dell’aborto in termini oggettivi e corretti ovvero scientifici, e quindi, giungere alla conclusione che di certo tale risultato negativo non è addebitabile alle studentesse.

Lo scorso 14 aprile un interessante articolo apparso su Huffpost Maghreb Tunisia (fonte autorevole quindi) intitolato “En Tunisie, toutes les femmes ont-elles le droit d'avorter? Pas réellement, alerte Emna Hsairi” (che in questa sede distribuisco a tutti i colleghi) Emna Hasairi membro dell’associazione tunisina delle Donne Democratiche spiega come in alcune regioni della Tunisia questo diritto (definito giustamente così a partire dal titolo altro che “crimine”!) sia negato e in particolare a Gabès, Beja e Tozeur.
L’alternativa sono le cliniche private (per chi ha la disponibilità economica) o ricorrere a pratiche illegali che sono pericolose per la salute delle donne.
L’articolo infatti cita anche il dato che il ricorso a metodi di aborto illegali aumenta del 10% il tasso di mortalità delle donne
Giustamente il punto focale sottolineato da Hasairi è che alcune donne in Tunisia e in particolare in alcune regioni hanno un loro diritto negato.
A Gabès questa vergogna viene giustificata dalle autorità dicendo che nessuna donna richiede di abortire (!) semplicemente ridicolo. Molto interessante quando l’intervistata sottolinea quanto sia importante la formazione su questo argomento, ma se pensiamo a quanto successo con l’esame in questione somministrato ai nostri studenti, è chiaro come convinzioni ideologiche conservatrici si impongano nella vita pubblica a discapito dei diritti garantiti formalmente dallo Stato.
A conferma di ciò una fonte ancora più autorevole ovvero il rapporto della Population Division of the Department of Economic and Social Affairs of the United Nations Secretariat nella sua pubblicazione Abortive Politics A Global Review nel paragrafo dedicato alla Tunisia afferma: “Surveys have shown that people continue to be misinformed about the availability of abortion. Moreover, abortion for unmarried women continues to be a taboo subject in traditional communities. Therefore, illegal abortion continues to be practised, especially in the case of extramarital pregnancy and in rural areas.
Chi si erge a paladino della difesa della “vita” contro questo immaginario “crimine” dovrebbe riflettere quanto la pressione sociale ed economica contro il diritto all’aborto sia responsabile della morte di tante donne nel mondo.
Pertanto, alla luce del grave fatto avvenuto e di quanto qui espresso, invito i colleghi del Dipartimento di Italiano dell’ISL a sottoscrivere le seguenti mozioni:

- considerare l’esame nullo e quindi ripeterlo o in alternativa valutare con un 10 “politico” tutti i compiti

- affermare l’impegno di tutti noi docenti del dipartimento, nel rispetto della sensibilità religiosa e del pieno esercizio di essa, a rispettare la libertà di coscienza e la neutralità dell’istituzione universitaria, nell’esercizio delle proprie funzioni accademiche. Quest’ultima non può essere “utilizzata” per veicolare credenze o teorie di parte e prive di base scientifica.

- affermare l’impegno da parte del dipartimento di organizzare il prossimo anno accademico un’apposita lezione nel quadro del programma di “civiltà” o di “questioni di civiltà” sul diritto di aborto in Italia e in Tunisia analizzando differenze e punti in comune nell’evoluzione dell’affermazione e garanzia di questo diritto nei nostri due paesi.

E V insegnante del Dipartimento di Italiano dell’ISL

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