29/04/15

ALTRO ATTACCO RAZZISTA/OMOFOBO DA PARTE DELLA FRANCIA E DELLA UNIONE EUROPEA

Da proletari comunisti:
Da tempo la Francia, come vediamo dai fatti, alimenta assieme ai "propri amichetti maledetti ed imperialisti" l'ondata di odio razziale tra le masse, fingendosi vittima di attentati scatenati dall'imperialismo stesso, ora torna all'attacco con chi ha preferenze sessuali diverse dallo "standard" cattolico.
Vogliono togliere il diritto di poter donare il sangue e la corte di giustizia Ue le da ragione!!!
Con la scusante balorda ed insignificativa, che i gay sono "potenzialmente a rischio di poter contrarre malattie infettive"!!

Questa grandissima carognata non fa altro che alimentare l'ideologia fascista e razzista, dal momento che non è una discriminante l'essere gay per contrarre delle malattie. 
Al momento della donazione vi sono dei controlli preventivi, per cui se il sangue non può essere donato per qualsiasi problema, non lo si dona... ALLORA PERCHE' DISCRIMINARE PRIMA ANCORA DI AVERE LA CERTEZZA CHE IL SANGUE SIA INFETTO, SE NON PER ODIO RAZZIALE ED OMOFOBO??

COSI IL GRANDE PAESE DELL' EGALITE' FRATERNITE' ET LIBERTE', DIMOSTRA ANCORA UNA VOLTA COI FATTI, SU QUALI FONDAMENTA MARCE SI FONDA!!

SOTTO ARTICOLO TG COM24:

"L'esclusione permanente dalla donazione di sangue per uomini che abbiano avuto rapporti omosessuali può, alla luce della situazione in Francia, essere giustificata", così la Corte di giustizia Ue nella sua sentenza. Ma la Corte aggiunge e precisa: "Occorre dimostrare che per queste persone esiste un alto rischio di contrarre gravi malattie infettive, come l'Hiv".
Secondo la Corte Ue bisogna anche in alternativa essere certi che non esistano "metodi per assicurare un livello elevato di protezione della salute dei riceventi, meno restrittivi dell'esclusione".

1° maggio dall'amministrazione del cantone di Kobane

Primo Maggio 2015
Lavoratrici e lavoratori, compagne e compagni! Organizzazioni, associazioni, sindacati!

Un affettuoso saluto dalle lavoratrici e dai lavoratori del Cantone di Kobane, il cantone della rivoluzione, della resistenza e dei martiri, in occasione del 1 maggio, la giornata che ricorda la lotta e la resistenza delle lavoratrici e dei lavoratori contro la tirannia e l’oppressione, lo sfruttamento del capitalismo!
La rivoluzione del Rojava è stata uno storico punto di partenza per la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori e dei popoli oppressi nel Medio Oriente e in tutto il mondo, per riappropriarsi della propria autorità politica; e è stata la rivoluzione delle donne, dei giovani, delle lavoratrici e dei lavoratori che ha costruito un nuovo sistema basato sul trasferimento del potere al popolo che ne è il vero proprietario. La nostra resistenza contro i terroristi di ISIS e i loro sostenitori a livello internazionale non è solo per proteggere la vita e dignità umana, ma è anche la resistenza per difendere le conquiste della rivoluzione e del sistema di autogoverno che è basato sulla democrazia radicale e sull’eliminazione delle organizzazioni gerarchiche.
Ora, grazie alle eroiche battaglie dei nostri compagni e delle nostre compagne nelle “Unità di Difesa del Popolo” (YPG) e “Unità di Difesa delle Donne” (YPJ), i terroristi sono stati scacciati dalla città, ma gli attacchi contro i sobborghi e il blocco delle strade del cantone stanno ancora continuando. La nostra resistenza è entrata in una fase nuova più difficile, la fase del ripristino della vita sociale a Kobane, sotto attacco e assedio economico e logistico, in una situazione in cui oltre l’80% delle strutture e delle infrastrutture vitali della città sono state distrutte.
 La storia della lotta di classe mostra che l’unione delle lavoratrici e dei lavoratori non ha confini geografici, così come intendiamo la nostra resistenza contro il terrorismo selvaggio e i suoi sponsor internazionali come la resistenza che rappresenta tutti popoli del mondo. Crediamo che la rivoluzione come rottura dei fondamenti del dominio e fondazione di un nuovo mondo, richieda pratica e una lotta dura. Allo stesso modo la solidarietà internazionale delle lavoratrici e dei lavoratori è la necessità storica e un terreno di azione concreto per difendere le conquiste di classe e per lottare fianco a fianco contro il dominio e l’oppressione del capitalismo.
Noi, lavoratrici e lavoratori e associazioni del Cantone di Kobane, nel ricordare le lotte di liberazione e ugualitarie delle lavoratrici e dei lavoratori e dei popoli oppressi in tutto il mondo e apprezzando il vostro sostegno e la vostra solidarietà con la nostra resistenza contro gli attacchi terroristici, invitiamo le nostre compagne lavoratrici e i nostri compagni lavoratori, associazioni, sindacati e tutti i libertari a partecipare alla solidarietà concreta con la rivoluzione e la resistenza di Kobane e vi invitiamo a unirvi a noi in questa situazione storica per proteggere le conquiste della rivoluzione!

Viva le lotte di liberazione dei popoli di tutto il mondo!
Viva l’unione delle lavoratrici e dei lavoratori di tutto il mondo!

Amministrazione del Cantone di Kobane

24/04/15

25 aprile 2015 - dall'Italia a Kobane, alla Turchia: SIAMO TUTTE PARTIGIANE!

Il nostro BELLA CIAO, dedicato alle compagne turche di Donna Nuova, arrestate il 15 aprile insieme ad altri dirigenti e attivisti di ATIK

Grup Yorum - I componenti del gruppo sono stati nuovamente arrestati
dallo stato fascista turco il 2 aprile di quest'anno


Con le lavoratrici della scuola oggi in sciopero contro il governo Renzi


Il Movimento femminista proletario rivoluzionario sostiene  attivamente le lavoratrici della scuola che oggi sciopereranno contro la riforma della "buona scuola " del Governo Renzi.

Un governo sempre più reazionario che fin da quando si è insediato ha sfornato tutta una serie di  leggi antiproletarie e antipopolari che attaccano tutti ma che nello specifico attaccano le donne doppiamente, sia sul piano della classe che sul piano del genere. 

La "buona scuola" di Renzi  di "buono" non ha proprio nulla; sempre più a misura degli interessi dei padroni colpirà tante donne visto che la popolazione lavorativa del mondo scolastico è  in maggioranza al femminile. Dietro termini quali meritocrazia, organici funzionali, sburocratizzazione, digitalizzazione, esternalizzazione dei servizi di segreteria… e dietro i proclami  sulla stabilizzazione dei precari, il governo infatti si prepara a ricacciare a casa tante lavoratrici tagliando ulteriormente sugli organici, eliminando la chiamata dei supplenti temporanei, trasformando i presidi in "neopadroni" e dando  loro il potere di decidere quali docenti dovranno lavorare e quali no...

Ma di contro  le lavoratrici della scuola sono quelle che in tantissime hanno costituito una parte luminosa della scintilla dello storico SCIOPERO DELLE DONNE che si è fatto il 25 novembre 2013 contro doppia oppressione, doppia violenza, doppio sfruttamento...

Come per lo sciopero delle donne facciamoci sentire anche oggi con  grande ribellione dando un forte segnale di  lotta nel percorso che deve portare allo sciopero generale per la caduta del governo Renzi.

Movimento femminista proletario rivoluzionario

CON LE LAVORATRICI DELLA SCUOLA OGGI IN SCIOPERO CONTRO IL GOVERNO RENZI

Il Movimento femminista proletario rivoluzionario sostiene  attivamente le lavoratrici della scuola che oggi sciopereranno contro la riforma della "buona scuola " del Governo Renzi.

Un governo sempre più reazionario che fin da quando si è insediato ha sfornato tutta una serie di  leggi antiproletarie e antipopolari che attaccano tutti ma che nello specifico attaccano le donne doppiamente, sia sul piano della classe che sul piano del genere.

La "buona scuola" di Renzi  di "buono" non ha proprio nulla; sempre più a misura degli interessi dei padroni colpirà tante donne visto che la popolazione lavorativa del mondo scolastico è  in maggioranza al femminile. Dietro termini quali meritocrazia, organici funzionali, sburocratizzazione, digitalizzazione, esternalizzazione dei servizi di segreteria… e dietro i proclami  sulla stabilizzazione dei precari, il governo infatti si prepara a ricacciare a casa tante lavoratrici tagliando ulteriormente sugli organici, eliminando la chiamata dei supplenti temporanei, trasformando i presidi in "neopadroni" e dando  loro il potere di decidere quali docenti dovranno lavorare e quali no...

Ma di contro  le lavoratrici della scuola sono quelle che in tantissime hanno costituito una parte luminosa della scintilla dello storico SCIOPERO DELLE DONNE che si è fatto il 25 novembre 2013 contro doppia oppressione, doppia violenza, doppio sfruttamento...

Come per lo sciopero delle donne facciamoci sentire anche oggi con  grande ribellione dando un forte segnale di  lotta nel percorso che deve portare allo sciopero generale per la caduta del governo Renzi.


24/04/2015
Movimento femminista proletario rivoluzionario

23/04/15

Su tortura, leggi speciali e 41 bis: un contibuto di Caterina Calia alla campagna “La tortura è di Stato! Rompiamo il silenzio!” del 2013

(Da Militant) Un contributo importantissimo e ancora attuale:

Dopo le dichiarazioni di alcuni torturatori che tra la fine degli anni 70 ed i primi anni 80, per contrastare la lotta di classe, hanno sottoposto a brutali sevizie decine di militanti delle Brigate Rosse e di altre organizzazioni, la stampa ufficiale è stata costretta a riconoscere che in quegli anni lo stato democratico italiano aveva “istituito” la tortura, facendo sue le pratiche (sequestri di persona, finte fucilazioni, violenze e sevizie di ogni genere, waterboarding etc.) fino ad allora notoriamente utilizzate in America Latina.

In realtà che la tortura fosse praticata in maniera organizzata e scientifica (e non per iniziativa estemporanea di qualche squadretta operante in caserme o commissariati, come sempre è accaduto e accade a centinaia di proletari, immigrati, ecc.) era noto a tutti: era noto ai compagni/e innanzitutto, era noto nei quartieri proletari, ma era noto anche alla stampa ufficiale. Tuttavia, se qualche giornalista osava avanzare l’ipotesi che la tortura fosse una pratica istituzionalizzata ed imposta a livello politico e non più addebitabile a “singole mele marce” finiva a sua volta per essere minacciato ed incriminato.
La TORTURA non solo esisteva, ma era anche interesse dello Stato che si sapesse della sua esistenza e del fatto che fosse massicciamente praticata (ai militanti delle organizzazioni combattenti innanzitutto, ma anche a molti compagni sospettati di aver fornito apporti di qualsiasi genere a queste organizzazioni o di avere dei contatti con le stesse) per coglierne al massimo i frutti in termini di deterrenza e di intimidazione. Nel contempo, tuttavia, doveva essere negata per non incrinare l’immagine dello stato democratico e rispettoso dei diritti umani.
L’Italia, non era certo la dittatura di Videla, e tuttavia quanto accaduto negli anni ‘70 dimostra che quando la lotta di classe – e non solo – mette in discussione i poteri costituiti anche lo stato democratico svela il suo vero volto.
Che siano stati gli stessi torturatori (forti dell’impunità derivante dal decorso del tempo) a svelare i meccanismi politici che consentirono di praticare su larga scala la tortura ci deve comunque far riflettere sul livello di smemorizzazione costruito ed imposto attraverso una serie di misure repressive che hanno impedito nei fatti una ricostruzione, da un punto di vista di classe, dello scontro avvenuto negli anni ’70 in questo paese.
La legislazione speciale varata negli anni ‘70 non è stata affatto un coacervo improvvisato di norme tese solo a fronteggiare il c.d. “pericolo terrorista”, ma un vero progetto politico finalizzato a distruggere ed annientare un movimento rivoluzionario articolato in mille forme diverse che nel suo insieme metteva in discussione l’intero assetto economico e politico dello stato borghese.
Gli anni 70 non furono “anni di piombo”, ma anni di sconvolgimenti sociali, culturali, mentali che rompevano ogni ruolo istituzionalmente assegnato, all’interno delle famiglie, nelle scuole, nelle fabbriche, nei quartieri, che costruivano dal basso e concretamente autorganizzazione, nuove forme di relazioni sociali, mettendo profondamente in discussione il marciume delle relazioni borghesi ed il sistema economico e di potere che le teneva in vita.
Proprio per distruggere e disarmare questo movimento di massa nel suo insieme lo stato mette in campo una strategia complessa ed articolata di cui la tortura, insieme alla legge sulla dissociazione, non rappresenta che la punta dell’iceberg.
In realtà è sul piano politico prima ancora che giudiziario che vengono costruiti gli affondi sul movimento antagonista e rivoluzionario di quel periodo storico.
L’avanzare della crisi a partire dal 1973 impone allo stato borghese la necessità di ridefinire tutti i suoi apparati e le forme di rappresentanza; il P.C.I ed i sindacati, abbandonata ogni velleità di trasformazione sociale e di difesa degli interessi di classe, svolgeranno fino in fondo il ruolo assegnatogli, quello di garantire la pace sociale alla borghesia imponendo la politica dei sacrifici e svolgendo il ruolo di gendarmi all’interno delle fabbriche, facendosi carico di spezzare la resistenza operaia ai processi di ristrutturazione in atto. L’attacco a tutte le forme di lotta autorganizzate diventa sistematico: viene negata la libertà di organizzazione, di propaganda, di sciopero, di stampa, di parola.
L’esigenza del controllo sociale porta alla militarizzazione delle città con blocchi stradali, perquisizioni a tappeto, divieti di manifestazioni autonome, chiusura di spazi autogestiti, aumento della disciplina e della selezione nelle scuole e in tutti i posti di lavoro con incriminazione di tutte le avanguardie di lotta.

E' impossibile evadere senza un sogno, ma non bastano i sogni per evadere: appello da L'Aquila contro la tortura bianca

A 70 anni dalla liberazione dal nazifascismo, a L'Aquila, come in tutta Italia, si pratica ancora la tortura, quella bianca, subdola, invisibile.

Tra i principi fondamentali della Costituzione Italiana, l’art. 3 recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Sempre nella Carta Costituzionale, l’articolo 27 stabilisce che “le pene detentive non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” 

Ma in carcere, e in particolare nella sez. femminile speciale delle Costarelle a L’Aquila, la Costituzione non entra: in 41 bis le donne sono discriminate rispetto agli uomini (ora d’aria solo in coppia e non in gruppi di 5-6) e Nadia Lioce, l’unica prigioniera politica del carcere aquilano, è triplamente discriminata per questo. Da oltre 7 mesi le sono stati sottratti libri, quaderni e materiali di cancelleria ed è sottoposta a un ulteriore regime di isolamento disciplinare che determina una condizione d’isolamento totale e perenne, alla faccia dell’’umanità’ e dell’’uguaglianza’!

E' da 10 anni che Nadia Lioce è sottoposta nel carcere di L'Aquila al regime del 41bis

Non è tortura una condizione d’isolamento continuo e totale?
Non è tortura la condanna al silenzio?
Non è tortura vivere per anni in una cella due metri per due, posta alla fine di un lungo tunnel sotterraneo, che si affaccia sul nulla?
Non è tortura fare l'ora d'aria spesso da sola in una vasca di cemento grande tre metri per tre dove il sole non si vede mai?
Non è tortura non poter leggere, studiare, se non due libri al mese sottoposti a censura e quindi decisi dal carcere?

Questa tortura bianca ha già ucciso: "È accaduto a Diana Blefari, prigioniera nello stesso carcere delle Costarelle a L'Aquila. Era caduta in uno stato di profonda prostrazione e inerzia psicologica. Se ne stava rannicchiata tutto il giorno nel letto, con la coperta fino agli occhi e senza nessun cenno di interesse per il mondo", racconta Elettra Deiana. “Piegata dal carcere duro, Blefari si suicidò il 31 ottobre del 2009".
Oggi dobbiamo denunciare e pretendere la condanna e la fine anche di questa tortura!

Chi ha ucciso nel G8 di Genova Carlo Giuliani, chi ha massacrato giovani, chi ha torturato non solo non si è fatto un giorno di galera, ma ha conquistato promozioni e incarichi;

Chi devasta e avvelena i territori e la popolazione; chi ogni giorno, con sfruttamento, licenziamenti, attacchi ai diritti sul lavoro, salute, casa provoca sempre più miseria e lutti, continua a fare profitti nella totale impunità;

Chi sulla catastrofe di questa città ha riso e speculato, chi doveva proteggere gli aquilani da una tragedia annunciata e non lo ha fatto, continua a ridere, a speculare, a comandare sulle nostre vite!

Mentre chi lotta, comunque sia, contro questa immensa INGIUSTIZIA sociale viene annientato e perseguito.

Facciamo appello in particolare alle donne, che subiscono due volte questa ingiustizia: non permettiamo che continui questa tortura "bianca" a Nadia Lioce. Difendiamo le sue condizioni di vita, per l’uguaglianza e per l’umanità


L'Aquila 22/04/2015
Luigia De Biasi

22/04/15

G8 Genova 2001: a Bolzaneto lo Stato ha torturato

Università di Padova: A Bolzaneto lo Stato ha torturato
 
 
Le pratiche di tortura scaricate sugli inquilini temporanei della scuola genovese Diaz, forse, sarebbero passate indenni al vergognoso testo con cui un parlamento minuscolo ha risposto alla condanna europea. Ma quanto è accaduto nella caserma di Bolzaneto sarebbe definito tortura, tra alti lamenti polizieschi, anche secondo quel meccanismo bislacco.

La perizia elaborata dal Dipartimento di Psicologia della violenza dell’Università di Padova, nella sua perizia sulle sevizie messe in atto a bolzaneto, stabilisce senza alcuna ombra di dubbio che proprio di tortura si è trattato. Secondo gli standard internazionali e non solo. Qullo schifo di disegno di legge attualmente in discussione, infatti stabilisce che si può parlare di tortura solo se le «acute sofferenze fisiche o psichiche» sono state provocate in «una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia o autorità o potestà o cura o assistenza», e al fine di “ottenere informazioni o dichiarazioni, per infliggere una punizione, per vincere una resistenza”. Ma tutti i manifestanti portati a Bolzaneto erano giuridicamente in stato di fermo, quindi tecnicamente “in custodia” dello Stato e dei suoi terminali penitenziari. Quindi agli avvocati difensori degli sbirri torturatori non resterebbe che contestare l’accusa asserendo che le sevizie non avevano alcuno scopo come “ottenere informazioni o dichiarazioni, per infliggere una punizione, per vincere una resistenza”; ma venivano praticate per puro sadismo. Magari trovano qualcuno disposto a starli ad ascoltare…
Non gli scienziati padovani, comunque. Quelle “persone costrette a restare in piedi per ore nella stessa posizione, con l’obbligo di tenere sempre la testa china”, tra insulti verbali, molestie sessuali, schiaffi e altre violenze, sono state indubitabilmente torturate da agenti, medici e personale non identificato in servizio quei giorni a Bolzaneto. La perizia, elaborata su richiesta degli avvocati delle vittime, è stata peraltro trasmessa proprio oggi alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo. Non si è trattato peraltro di un’indagine frettolosa, visto che è durata ben 14 anni.
Il cooordinatore del pool padovano, prof. Adriano Zamperini, ha illustrato il risultato dei lavori spiegando innanzitutto il metodo «rigorosamente scientifico della psicologia sociale e psicologia di comunità» con cui «abbiamo intervistato centinaia di persone, i testimoni, chi era stato convolto negli scontri a Genova, i famigliari o semplici spettatori degli eventi».
Un lavoro lungo, puntuale, prudentissimo, che è stato già raccolto in diverse pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali. «Su Bolzaneto non esistono immagini, nè riprese di alcun tipo, a differenza di quanto accaduto alla Diaz o lungo le strade. Bolzaneto è un buco nero che ha inghiottito centinaia di persone, li hanno definiti i desaparecidos italiani. A causa della mancanza di un registro degli arrestati non si conosce neppure il numero esatto, ma si parla di circa 500». Uno scenario da golpe argentino, in cui appunto alle vittime non viene riconosciuta neanche una identità anagrafica, semplici corpi anonimi da calpestare e smaltire senza tenerne traccia alcuna.
«Possiamo affermare che a Bolzaneto fu praticata tortura bianca che provoca sofferenza mentale e psicologica, come indicato dall’articolo 1 della Convenzione di Ginevra». Perché c’è stata una prima fase di «desocializzazione dell’individuo» fatta di pestaggi, catture a casaccio nelle strade o addirittura nei pronto soccorso cittadini. E in secondo luogo perché nessuna delle garanzie legali dovute a qualsiasi persona tratta in arresto è stata rispettata: niente contatti con l’esterno, obbligo di tenere la testa china, divieto di guardare in giro e quindi eventualmente riconoscere altre vittime o i torturatori stessi. Uno scenario argentino, ripetiamo, che la dice lunga sull’abisso reazionario in cui è sprofondato lo Stato italiano e soprattutto i suoi corpi repressivi.
Uno scenario dichiaratamente nazifascista (tutti i nuovi fermati venivano pestati da una “squadretta di benvenuto” che li accoglieva l grido di “benvenuti ad Auschwitz”), particolarmente infame nei confronti delle donne, apostrofate – mentre venivano seviziate inmodo fisico o psicologico – con i più sordidi epiteti machofascisti.
Ma ci sono anche aspetti di torutra più raffinati, come il provocare nelle vittime «stati alterati di coscienza» mediante posizioni forzate del corpo («stress position») appositamente studiate per generare il blackout nella trasmissione nervosa tra arti e cervello. Tanto che anche ad anni di distanza sussistono nelle vittime di Bolzaneto sindromi paragonabii a quelle dei sopravvissuti nei lager nazisti.
Questo è lo Stato con cui abbiamo a che fare. Non viene fuori tutti giorni, ma fa sempre fatica a tenere a freno la sua vera natura…

VERONICA, transessuale, nera e povera, torturata dalla polizia

Brasile. Segnaliamo questo articolo sulla campagna promossa dal Pstu a sostegno di Veronica, una trans che è stata torturata dalla polizia in carcere:

Verônica Bolina: travesti, negra e pobre. Presa sob a acusação de agredir uma vizinha durante uma briga, ela estava sendo tratada todo o tempo como se fosse homem. No dia 12 de abril, durante uma transferência de cela, houve uma briga entre Verônica e o carcereiro. Por arrancar a orelha do carcereiro com os dentes, uma série de fotos do episódio foram divulgadas. Nelas, se vê que os policiais espancaram-na, despiram-na e rasparam o seu cabelo. As imagens imagens mostram que Verônica está sem camisa e com o rosto desfigurado. Um verdadeiro retrato de uma polícia que criminaliza as travestis que vivem na periferia e o povo negro.
 
O caso virou um escândalo e gerou muita comoção. As imagens divulgadas pela polícia não deixam dúvidas de que Verônica foi vítima de brutal agressão e muita humilhação. Ela aparece nas imagens sem blusa, com os seios expostos, coisa que demonstra que teve sua identidade de gênero desrespeitada. Suas calças estavam rasgadas, e o cabelo foi raspado, o que a descaracteriza e a agride física e emocionalmente. Seu rosto foi desfigurado demonstrando que ela foi agredida, quando deveria ter sido apenas contida e imobilizada. Há imagens de Verônica algemada e largada ao chão diante de vários policiais. Torna-se, assim, inquestionável a covardia e a prática de tortura aplicada pela Polícia Militar. Todos esses procedimentos são injustificáveis, senão pelo preconceito e pela discriminação.

21/04/15

Per pagare i padroni, il governo Renzi scarica l'assistenza sulle donne

ANCHE LE ASSUNZIONI A TUTELE CRESCENTI LE PAGANO LE MASSE POPOLARI, E IL GOVERNO SCARICA SULLE DONNE IL LAVORO DI ASSISTENZA. NON LO PERMETTIAMO!
 
FACCIAMO DEL 24 APRILE UNA PRIMA TAPPA PER UNO SCIOPERO GENERALE DAL BASSO, IN CUI LE DONNE PORTINO TUTTA LA LORO CARICA DI RIBELLIONE, CONTRO UN GOVERNO CHE DA UN LATO CI TOGLIE IL LAVORO O CI PRECARIZZA A VITA, DALL'ALTRO INTENSIFICA IL LAVORO CASALINGO DELLE DONNE

Un taglio di 102 milioni di euro ai fondi destinati agli anziani, agli asili nido e alle regioni del Mezzogiorno per finanziare il bonus lavoro, l’incentivo fino a 8.060 euro previsto dalla Legge di Stabilità e dal Jobs Act del governo Renzi per incentivare le assunzioni col nuovo contratto a tutele crescenti.
Si tratta di una parte dello spostamento di risorse dall’assistenza ad anziani e bambini e Regioni del Sud agli stimoli per una ripresa dell’occupazione. La legge di Stabilità prevede infatti sgravi contributivi per i nuovi assunti, una misura da 3,55 miliardi così distribuiti: un miliardo nel 2015, 2016 e 2017, mezzo miliardo nel 2018.
“Il taglio, secondo quanto emerso in questi giorni al tavolo di confronto presso la Presidenza del Consiglio, sarebbe di circa 102 milioni di euro. Si tratta di somme inizialmente destinate nell’ambito del Pac, il Piano nazionale di azione e coesione, ai servizi di cura per l’infanzia e agli anziani non autosufficienti nelle regioni ricomprese nell’obiettivo europeo «convergenza», ossia la Campania, la Calabria, la Sicilia e la Puglia.
L’ultima legge di Stabilità che ha introdotto gli sgravi contributivi per i neo assunti, ha previsto che 3,55 miliardi di euro (un miliardo l’anno fino al 2017 e 500 milioni per il 2018) per finanziare la misura, debbano essere recuperati riprogrammando risorse non ancora impegnate nei vari programmi del Pac. [...] Dei 730 milioni complessivi del programma, 392 sono destinati ai servizi di cura per l’infanzia, mentre gli altri 338 milioni sono per i progetti destinati all’assistenza degli anziani. La prima linea di intervento verrebbe tagliata di 39,7 milioni di euro circa, mentre la seconda di 62,7 milioni.

MFPR

Voci di lavoratric@ e di donne contro la strage di migranti


Dalle lavoratrici e dai lavoratori del Policlinico di Palermo:

NON SI PUO’ FAR FINTA DI NIENTE,
NON SI PUO’ NON FARE NIENTE

Proletari di tutto il mondo uniamoci per spazzare via lo stato di cose esistente e per il diritto di tutti ad una vita degna di essere vissuta

Le lavoratrici e i lavoratori del Policlinico di Palermo, aderenti allo SLAI Cobas per il sindacato di classe, esprimono il proprio grande dolore, oltreché forte rabbia e indignazione, per l’ennesima strage dei fratelli proletari migranti, avvenuta alcuni giorni fa nel Canale di Sicilia.

In un migliaio stipati in una “carretta di mare”, in fuga da guerre e fame, in cerca di una vita migliore, soprattutto per i propri figli. Ma purtroppo il “viaggio della speranza”, il sogno è stato breve…

Si parla di circa mille vite UMANE spezzate, tra cui molti bambini, che si aggiungono alle altre migliaia di migranti morti negli ultimi vent’anni, nel tentativo di raggiungere l’Europa, via mare o via terra. Infatti, da un’inchiesta europea “ The Migrant Files”, emerge che solo dal 2000 al 2013, vi sono stati 23 mila vittime.

Giustamente, i giornalisti autori della suddetta inchiesta, affermano che si tratta di una “strage con un bilancio simile a quello di una guerra”, con una media più di 1.600 decessi l’anno.
Effettivamente si tratta di una vera e propria guerra, guerra di rapina, guerra armata, contro i popoli più poveri del mondo, ordita dal sistema imperialista mondiale ASSASSINO, e dai suoi stati e governi della borghesia, internazionali ed europei, compreso quello italiano e MODERNO FASCISTA di Renzi. Stati e governi che sono i veri colpevoli dell’emigrazione di massa di questi popoli che, come anzidetto, fuggono da guerre e miseria, per essere poi considerati clandestini e criminali. Non a caso, quelli che restano vivi, vengono “catturati” e gettati nei lager, come quelli italiani, c.d. “centri di accoglienza”,in attesa di essere rispediti a casa come fagotti; mentre quelli che si ribellano vengono messi in galera.
E come se non bastasse, soprattutto in tempi di crisi, si fomenta la “guerra tra poveri”, il RAZZISMO, come succede anche nel nostro Paese. In tal senso si vedano pure le ultime CRIMINALI esternazioni di Salvini e della Santanché, che esortano alla strage e al razzismo puro, alla stessa stregua di Hitler.

Se tutto questo non è barbarie…! Tuttavia il governo italiano ha la spudoratezza e l’ipocrisia di dirsi profondamente addolorato di quanto accaduto, e per scaricare le proprie colpe, fa appello all’intervento degli altri stati europei, tutti quanti pienamente responsabili delle continue stragi, del genocidio dei popoli oppressi.


PER QUANTO VOI VI CREDIATE ASSOLTI, SIETE PER SEMPRE COINVOLTI!


Pa, 21.04.2015
Lavoratrici/lavoratori SLAI Cobas s.c. Policlinico

Da Tavolo4:

Strage di migranti e strage di tutto il mondo
Fa veramente schifo vedere i mostri che ci governano piangere lacrime di coccodrillo sull'ultima tragedia dove sono morte circa.1000 persone.
Ma chi ha fatto le leggi contro l'immigrazione? Di chi e' la colpa se migliaia e migliaia di persone sono costrette a scappare dslle loro terre per fame o per le guerre.
Ma chi le fa le guerre? Chi manda i soldati di ventura assassini ben pagati se non gli USA e loro compari?
Questi sono i veri terroristi e assassini.
Con dolore per delle vite che nn contano nulla. Catia di Bologna 

Rifletto su alcuni commenti pubblicati a seguito della recente di volta in volta "più grande tragedia" del Mediterraneo (ma esiste una forma incrementale di superlativo assoluto? forse in grammatica no, ma nei fatti sì e questa sequenza di sempre più grandi tragedie ne è la testimonianza)
Per giustificare/comprendere/contestualizzare la neghittosità dei governi, all'opionione pubblica (benpensante) vengono poste domande come "quanti di noi sarebbero disponibili ad aprire le frontiere (dell'Unione europea, del proprio paese) alle orde di disperati in fuga?"
E' una domanda tanto più insidiosa da porre quanto più questi tempi di crisi costringono ciascun* di noi a fronteggiare l'istinto bruto di sopravvivenza che tende a trascinarci in una miope e sempre più ristretta visuale che inizia e finisce con i propri problemi, quelli della propria famiglia, dei propri figli (già gli amici vengono dopo). Tempi che ci costringono a lottare contro noi stess* per cercare invece di mantenerci indignat* verso le ingiustizie e uman*, empatic* alle sofferenze altrui.
Scusatemi, sarò superficiale e semplicistica nella mia analisi, ma la sono dell'idea che questa sia la domanda sbagliata da porsi.
Sarà il 25 aprile prossimo venturo a suggerirmi se non sia forse più giusto chiedersi: vogliamo essere ricordati con lo stesso orrore con cui si parla ora, a cose fatte e nei libri di storia, dei nazisti? (non sempre e non abbastanza, ma in massima parte ricoprono ancora la parte dei cattivi)
Un giorno magari i CIE verranno universalemente riconosciuti per quello che sono, campi di prigionia e di concentramento, e si inorridirà al pensiero della ferocia umana verso i propri simili, si istituiranno giornate di commemorazione e le scolaresche andranno in visita compunte e forse davvero un po' turbate.
Ora fanno comodo, e fa ancora più comodo ingnorarli e ignorare i poch* indignat* che denunciano le atrocità commesse lì dentro.
Un giorno forse ci si chiederà con ingenuo e commosso stupore, come ora si fa pensando alle linee ferroviarie verso i campi di sterminio che mai furono bombardate: "ma come? non era possibile fermare quell'inumano traffico, o almeno tirare su quelle persone prima che diventassero cibo per i pesci?"
Ora invece i pescatori di Mazara e Lampedusa, che conoscono e osservano ancora e più la legge del mare e della pietas che non quella dello iniqua Stato, vedono i loro pescherecci sequestrati perché tirare su un uomo in mare non è più un gesto di umana solidarietà (vogliamo dire carità, visto che siamo un paese principalmente cattolico e con un papa davvero ispiratore?) ma un reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Un giorno chissà se insigniremo con medaglie al valore chi oggi rischiando la galera si prodiga per aiutare i richiedenti asilo con reti clandestine di sostegno alla loro fuga, nonostante i governi abbiano ufficialmente riconosciuto loro il diritto di fuggire legalmente da stati di guerra e di persecuzione ma poi di fatto non agiscano in questo senso.
Ora invece ascoltiamo le intercettazioni in cui l'ennesimo mafioso (stavolta di sinistra, e voilà, come si cambia!) ci rivela come gli immigrati siano un business migliore della droga mentre vediamo immgini in tv di proletari armati e aizzati da mafie, camorre e fascisti (che nei momenti topici dlla nostra storia non mancano mai di presenziare), scagliarsi bastoni in mano contro i pochi e orribilmente fatiscenti centri di accoglienza e i loro ospiti. Come si diceva un tempo? Proletari di tutto il mondo, unitevi!
Ragazze mie, sorelle, scusate se vi ho ammorbato con questa mia. Non ho un profilo fb su cui postare la mia indignata frustrazione, non ho un blog su cui pubblicare urbi et orbi - anzi world wide - il rabbioso e impotente dolore che provo oggi, e avevo un tremendo egoistico bisogno di comunicare, ecco il perche di questa lettera.
Supplico me stessa ogni giorno di mantenermi indignata, cerco di restare umana almeno comunicando a chiunque mi viene a tiro la necessità - oggi davvero imprescindibile - di non lasciar scivolare questa indescrivibile interminata tragedia come una qualunque tra le mille dolorose notizie quotidiane.
Oggi, almeno oggi, questo dolore va chiamato consapevolmente a sé per essere coscientemente da ciascun* vissuto fino in fondo, così da stamparselo nella memoria cellulare dei nostri cuori, che ci diventi anticorpo e antidoto all'indifferenza, alla paura, alla meschinità, all'egoismo inesorabilmente e pericolosamente in agguato in ciascun* di noi tutto sommato privilegiat* e ricch* occidental*.
Sono sicura che anche per voi questo dolore è tangibile e reale, grazie di avermi letto
con infinito amore
c. 

Strage di migranti - mettere fine all'orrore senza fine!


Forse circa 1000 morti; tanti bambini!

Mettere fine all'orrore senza fine!

Imperialismo assassino!

Governi imperialisti assassini!
 


Contro le lacrime di coccodrillo del governo italiano e degli Stati europei. sono loro i veri responsabili di queste morti!

Il governo Italiano è corresponsabile per la legge che considera gli immigrati clandestini e li persegue come criminali; per i respingimenti e i mancati soccorsi in mare.

Il governo italiano e tutti i governi europei sono responsabili per le guerre imperialiste, la repressione, la rapina, la miseria dei paesi da cui gli immigrati fuggono.

Le immigrazioni dei popoli dall'Africa, dal Medio Oriente, sono il frutto inevitabile dell'imperialismo che, con le “armi” economiche del capitale, con le “armi” politiche dei governi ad esso strettamente legati, e da esso finanziati ed armati, e con le armate vere e proprie per imporre con la guerra diretta, o per interposte forze, il suo dominio in zone strategiche, sui paesi, sui proletari e sui popoli, crea esso le condizioni di una emigrazione che diventerà sempre e inevitabilmente finchè esiste l'imperialismo più massiccia.

L'ipocrisia del governo italiano, ora è volta principalmente a scaricare sull'Europa il “problema” dell'immigrazione, per piagnucolare ancora una volta sul fatto che il governo italiano si sente “lasciato solo” nell'affrontare questa tragedia, unicamente per mettersi la sporca coscienza a posto,

Non c'è limite all'indecenza e alla barbarie dello Stato e governo imperialista italiano.

Giovani, ragazzi che vogliono solo scappare dal terrore della guerra, della repressione, donne che non vogliono vedere i loro bambini morire di fame, di malattie... sono considerati clandestini da perseguire.

Senza alcun ritegno,si dice che è normale che lo Stato abbia delle frontiere e le protegga, se no che Stato sarebbe... Chiaramente questo vale solo per gli Stati imperialisti, non certo per le frontiere dei paesi oppressi dall'imperialismo che vengono costantemente violate; l'imperialismo non chiede "permessi" ai popoli, penetra con la forza delle proprie armi e con la violenza della rapina, della miseria, del supersfruttamento del capitale.

Il fascista e razzista Salvini, la Santachè incitano alla strage e al razzismo possono agire in libertà quando le stessi leggi italiane permetterebbero di incriminarli

Quale distanza tra questi mostri e la grande umanità di chi soccorre gli immigrati in tutte le maniere e della popolazione della Sicilia!

E' l'imperialismo la più grande violenza dei popoli, dei proletari, dell'80% dell'umanità, ma più porta avanti questa violenza reazionaria più crea esso stesso le forze che lo combattono, che si uniscono al di là delle frontiere; perchè l'unica via per la fine della barbarie imperialista è la rivoluzione socialista.

Proletari comunisti

18/04/15

Il Movimento femminista proletario rivoluzionario denuncia con forza l'arresto delle compagne dell'Associazione “Donna Nuova” e di Atik e si mobilita per la loro immediata liberazione.

Il 7 e 8 febbraio una nostra delegazione ha incontrato queste compagne, in occasione del 13° congresso dell’organizzazione di lavoratrici turche e curde in Germania “Yeni Kadin”.
Con loro abbiamo condiviso esperienze e la necessità di unire le forze per allargare e consolidare la battaglia delle donne, con al centro la condizione delle donne proletarie, delle lavoratrici.

Con questo spirito di unità esprimiamo la massima solidarietà alle compagne di Donna Nuova e ai compagni di Atik, e invitiamo tutte le donne, le lavoratrici, le ragazze ribelli a esprimere una ferma condanna di questo attacco repressivo 

In particolare ci rivolgiamo alle donne che in questi mesi si sono mobilitate al fianco delle combattenti curde, perchè si mobilitino oggi contro lo stesso nemico che imprigiona le militanti turche in Europa: gli Stati imperialisti europei e lo Stato turco!

E' una battaglia importante perchè questo attacco repressivo è un attacco a tutte le donne che lottano, combattono contro questo sistema imperialista, barbaro e oppressivo, e vuole colpire in particolare un settore importante in prima fila in questa battaglia, dalle piazze della Turchia, a Kobane, alle cittadelle europee.

Queste donne per il regime turco e gli Stati imperialisti sono “pericolose” perchè indicano a tutte le donne la strada rivoluzionaria per la liberazione. 

MFPR

18.4.15 
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    A Palermo


16/04/15

Giù le mani dalle compagne e compagni turchi di ATIK e Donna Nuova!

Contro l'imperialismo europeo solidarietà internazionale con i militanti e dirigenti arrestati in Germania e Svizzera!

Il 7 e 8 febbraio una delegazione del Movimento femminista proletario rivoluzionario ha incontrato queste compagne, in occasione del 13° congresso dell’organizzazione di lavoratrici turche e curde in Germania “Donna Nuova”, del Tkp/ml. Con loro abbiamo condiviso esperienze e la necessità di allargare e consolidare la battaglia sulla condizione delle donne proletarie, delle lavoratrici e sulla condizione delle donne in generale, verso una Conferenza internazionale delle donne, promossa dalle stesse compagne di Donna Nuova

Da questo congresso è uscita forte e chiara la necessità di una ricomposizione di classe e di genere, di unire, con l'arma della solidarietà, tutte le nostre battaglie, dentro e oltre frontiera, per una reale liberazione delle donne.

Con questo spirito di solidarietà e unità esprimiamo la massima solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori turchi e curdi in Europa e alle donne di Donna Nuova e invitiamo tutte le donne, le lavoratrici, le ragazze ribelli a esprimere una ferma condanna di questo attacco repressivo lanciato dai paesi imperialisti europei e dallo Stato turco!


mfpr
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CONDANNIAMO GLI ATTACCCHI AGLI ATTIVISTI E ALLA DIREZIONE DI ATIK E DONNA NUOVA!

Mercoledì 15 aprile intorno alle 17:30 forze speciali di polizia hanno attaccato simultaneamente attivisti e dirigenti di ATIK e Donna Nuova a Norimberga (Germania) e in Svizzera.
Il comunicato diffuso dall’ufficio legale di ATIK denuncia che l'operazione è stata ordinata dalla procura di Karlsruhe. Al momento non è stato reso pubblico nessun nome, ma le informazioni più recenti riferiscono che 10 attivisti e la maggioranza del Consiglio Generale che sostengono il lavoro democratico di ATIK sono stati arrestati nel corso di questa operazione arbitraria, basata su accuse infondate.
L'operazione si è svolta con la violenta irruzione delle forze speciali che hanno sfondato porte e finestre e perquisito le abitazioni degli attivisti. Crediamo che questo sia un atto di intimidazione e di repressione della polizia. Si prevede che i rivoluzionari arrestati saranno presentati alla corte di Karlsruhe Giovedi 16 aprile.
Il Consiglio Generale di ATIK, le sue federazioni e associazioni, Donna Nuova e la Nuova Gioventù Democratica, attivisti e rappresentanti membri di ATIK hanno dichiarato che non resteranno in silenzio di fronte a questa intimidazione arbitraria e alla repressione poliziesca;

"Questa operazione e arresti intimidatori lanciata dagli stati imperialisti europei e dallo Stato turco, non fermeranno Atik nella sua lotta rivoluzionaria democratica."

Facciamo appello a tutte le organizzazioni e individui rivoluzionari, democratici a prendere una netta e forte posizione contro questa operazione e a esprimere la loro solidarietà.

GLI ATTACCHI DEGLI IMPERIALISTI NON FERMERANNO LA NOSTRA LOTTA!

CONDANNIAMO QUESTA REPRESSIONE DEGLI STATI DELL’UNIONE EUROPEA IMPERIALISTA!

VIVA LA SOLIDARIETÀ RIVOLUZIONARIA!

13/04/15

SE TOCCANO UNA TOCCANO TUTTE!

Non sarà la vostra repressione a fermare la nostra doppia lotta di lavoratrici e di donne!

E’giunto in questi giorni un decreto penale di condanna verso due delegate dello Slai Cobas per il sindacato di classe di Palermo, Mimma Sciortino e Donatella Anello, nonché compagne del Mfpr, per il reato  di “promotrici di una manifestazione non autorizzata” all’interno del Policlinico e con una pena pecuniaria, in sostituzione della pena detentiva, di 2600,00 euro per ciascuna.

I fatti risalgono al 2012: all’interno del Policlinico la rappresentante del Cobas, ritenuta scomoda per la sua attiva e continua azione sindacale anche come delegata  RSU contro la negazione di diritti previsti per contratto sul piano economico alle lavoratrici e lavoratori dell’azienda ospedaliera e contro una condizione penosa, a dir poco! sul piano della salute e sicurezza in generale dell’ospedale letteralmente allo sfascio con una serie di denunce a raffica che hanno portato anche all’intervento dei NAS, fu colpita da una pesante sanzione disciplinare irrogata dal direttore generale di allora, La Rocca, poi destituito dall’incarico per una valutazione negativa del suo operato  dai vertici aziendali.
Mimma Sciortino, a cui fu intimato dapprima un immediato trasferimento di reparto, ha sempre lottato rivendicando le battaglie messe in atto e denunciando l’abuso di potere della dirigenza rifiutando sempre il trasferimento fino al punto che fu sospesa dal lavoro per alcuni mesi  con ripercussioni nello stipendio.

La lotta di  Mimma e del Cobas è diventata anche la lotta delle altre rappresentanti sindacali e lavoratrici dello Slai Cobas s.c., da quelle della scuola a quelle delle Cooperative Sociali, alle disoccupate che hanno sempre sostenuto attivamente la lotta anche all’interno del Policlinico, la legittima protesta spontanea, le denunce...

Un attacco persecutorio, un’arroganza senza limiti intrecciata al bieco maschilismo dei vertici aziendali, e soprattutto del direttore generale, nell’accanimento e nel tentativo di mettere a tacere non solo una delegata sindacale troppo scomoda, ma anche una DONNA.
Per questi “egregi signori” è ancora più insopportabile il fatto che a dar loro fili da torcer siano proprio le lavoratrici/donne!

LO RIPETIAMO SE TOCCANO UNA, TOCCANO TUTTE!

LOTTARE PER I DIRITTI SACROSANTI DELLA LAVORATRICI E DEI LAVORATORI NON E’ REATO!

NON SARA’ LA VOSTRA REPRESSIONE A FERMARE LA NOSTRA DOPPIA LOTTA DI LAVORATRICI E DI DONNE!

Lavoratrici Slai Cobas per il sindacato di classe Palermo

Sull'intervento di Dilar Dirik su “il femminismo e il movimento di liberazione kurdo" - Conferenza “Sfidare la Modernità Capitalista” Amburgo 3-5 Aprile 2015

Ringraziamo UIKI ONLUS e le compagne che, traducendo e pubblicando alcuni materiali della conferenza di Amburgo del 3-5 aprile “Sfidare la modernità capitalista”, ci permette di conoscere gli interventi principali. 
 Soprattutto l'intervento di Dilar Dirik su “il femminismo e il movimento di liberazione kurdo”, lo riteniamo importante per il suo contributo alla chiarezza, lotta di posizioni anche nel movimento femminista italiano. Come scritto in premessa da una compagna di Bologna:  “Questo intervento ha suscitato alcune accese discussioni ad Amburgo fra le compagne presenti, è una critica a 360 gradi del nostro femminismo, da quello istituzionale a quello radicale e separatista... ci offre la possibilità di comprendere a fondo le ragioni e magari di poterne discutere collettivamente

L'MFPR, come forse alcune realtà di compagne già hanno da tempo compreso, condivide fondamentalmente questa critica. Tutto il suo percorso, le sue lotte, il suo lavoro teorico esprime la necessità non di un femminismo “senza aggettivi”, né di una lotta delle donne generica ma appunto di un movimento femminista proletario rivoluzionario.
Fermo restando la critica che noi abbiamo fatto alle posizione del PKK e di Ocalan su “donne-lotta al maschilismo e strategia”, sulle concezioni antimaterialistico-dialettiche, idealiste, libertarie e socialdemocratiche in politica, e non nascondendo le nostre divergenze con le concezioni generali, la strategia, le conclusioni politiche che scaturiscono anche da questo intervento alla conferenza di Amburgo, alcune questioni poste nell'intervento di Dilar Dirik sono da tempo punti del lavoro e lotta, anche diversa e originale, del Mfpr. 
 

DI QUESTO ATTRAVERSO UN ESCURSUS PARLEREMO NEL SEMINARIO DEL 6 GIUGNO A PALERMO, PER IL 20° ANNIVERSARIO DEL MFPR.
A CUI INVITIAMO CHI VOLESSE PARTECIPARE A FARCELO SAPERE.

Tornando all'intervento di Amburgo, diciamo in sintesi, che noi siamo d'accordo che:
- “non c'è un unico femminismo” - Questo vale a maggior ragione anche nel nostro paese. Noi diciamo che c'è un femminismo di sinistra, di centro, di destra; ossia un femminismo proletario, piccolo borghese e borghese-istituzionale, e che occorre ben separarsi e criticare il femminismo piccolo borghese e lottare decisamente contro il “femminismo” borghese-istituzionale;
- occorre “indagare i limiti del femminismo e andare oltre lo stesso... per un'alternativa al sistema dominante”- noi parliamo di femminismo rivoluzionario, perchè o la lotta delle donne è per rovesciare questo sistema capitalista che costruisce doppie catene per le donne, o non è per una vera liberazione; e andiamo oltre, parlando di “rivoluzione nella rivoluzione”, perchè le donne facendo la rivoluzione per un mondo nuovo cambino la terra e il cielo;
- occorre criticare “l'analisi da parte del femminismo del sessismo in termini solo di genere”, perchè questo riduce la lotta solo a cambiamenti, miglioramenti per sé o per pochissime donne, fermo restando questa sistema sociale, perchè non lega la denuncia-lotta di genere alla denuncia-lotta di classe, scadendo in una lotta interclassista per cui le donne sono poste sullo stesso piano, indipendentemente dalla posizione di classe e di potere. L'Mfpr parla - e lo pratica - di intreccio tra lotta di classe e lotta di genere;
- occorre lottare nel movimento delle donne, contro una concezione di emancipazione che ricade nella “trappola del liberalismo, individualismo”, di dibattiti senza la lotta, che porta il movimento femminista a “non entrare in contatto con le vite di milioni di donne oppresse”. L'Mfpr contro questo “femminismo per sé” piccolo borghese afferma con forza il femminismo proletario e la centralità della lotta delle maggioranza delle donne sfruttate e oppresse:
- un certo “femminismo” non è affatto incompatibile con il capitalismo e l'imperialismo; la borghesia, i governi e gli Stati imperialisti, le forze riformiste usano rivendicazioni di parte del femminismo per mantenere e rafforzare il loro dominio, la loro “civiltà che sa di morte”, mentre attacca e opprime sempre di più la maggioranza delle donne; e il “femminismo imperialista” è una giusta espressione per denunciare un “femminismo” che per difendere sé stesso in questo sistema, si fa anche sostenitore della guerra imperialista. Come ha detto Dilar Dirik: “Un “femminismo” imperialista può giustificare guerre in Medio Oriente per “salvare le donne dalla barbarie” mentre le stesse forze alimentano questa cosiddetta barbarie... etichettano le donne che si difendono come terrorista”.
L'MFPR in questo, sia in Italia sia nei paesi oppressi dall'imperialismo compreso il nostro, è per attaccare senza tregua questo “femminismo”, lo ha fatto durante i vari interventi bellici, schierandosi senza sé e senza ma dalla parte delle donne che lottano con le armi e comunque; l'mfpr va oltre, è per la legittimità della violenza rivoluzionaria delle donne anche nella nostra “cittadella imperialista” che produce per le masse popolari e a maggior ragione per le donne un sistema sociale barbaro, marcio, maschilista, assassino, fascista.

12.4.15
Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

12/04/15

CONTRO LA MARCIA DEI NO 194 DI IERI A MILANO

(da Tavolo 4) - IL DIRITTO D’ABORTO NON SI TOCCA! CONTRO IL MODERNO MEDIOEVO! SCATENIAMO LA FURIA DELLE DONNE!



Questo lo striscione portato per contrastare la marcia dei NO 194, ieri a Milano, con cui abbiamo voluto denunciare l’humus oscurantista e reazionario che vuole riportare le donne a un Moderno Medioevo.
Le concezioni oscurantiste e reazionarie sono profuse a piene mani, a diversi livelli, l’ultimo, in ordine di tempo, è l’ennesimo “bonus bebè” di Renzi, una misera elemosina di stampo fascista e l’insieme dei provvedimenti che questo governo sta prendendo colpiscono doppiamente le donne, le lavoratrici; ma, negli anni, la Regione Lombardia si è contraddistinta per le politiche familiste, gli attacchi pratici ed ideologici contro le donne.
Il comitato NO 194, con le sue macabre marce e preghiere “in riparazione di eutanasia ed aborto” davanti agli ospedali si pone su un terreno militante, di aperta criminalizzazione delle donne che abortiscono, per cui la vita delle donne vale meno di un embrione. Il terzo corteo in un anno a Milano dei NO 194, reso ancora più inaccettabile, soprattutto perché ha visto  Forza Nuova nel ruolo di “servizio d’ordine” a difesa della marcia oscurantista, che chiarisce bene i “valori” che, con queste marce, si intendono affermare, e costituisce un’ulteriore onta per la città  Medaglia d’Oro alla Resistenza, a pochi giorni  dal 25 aprile.

Da un articolo di Repubblica sulla macabra marcia: ”..La scorta di Forza Nuova è stata gradita dai promotori della giornata:” Anche loro sono a difesa della vita e sono contro l’omicidio di Stato – ha spiegato Guerini - non ho nulla in contrario al fatto che manifestino insieme a noi. Sono filofascisti. Sarebbe peggio se fossero filocomunisti.”

Il dato positivo è che la macabra marcia non ha raccolto che poche  decine di partecipanti, nonostante il rilievo mass-mediatico che ha ricevuto, mentre il contropresidio in Cordusio è stato sicuramente numericamente più numeroso con tante lavoratrici, antifascisti. La Banda degli Ottoni, all’arrivo della macabra marcia in Codusio, ha intonato Bella ciao, cantata in maniera sentita, con rabbia ed
apprensione, consapevolezza della gravità da tutti i partecipanti al contropresidio.
Ancora poco: occorre maggiore profondità ed estensione nella partecipazione, occorre che le lavoratrici, le donne prendano fermamente nelle loro mani la necessaria lotta contro questi attacchi a 360° che sono attacchi all’idea stessa di libertà di scelta delle donne in tema di maternità, a partire dalla cancellazione della L.40 che ha introdotto  il riconoscimento giuridico dell’embrione e dell’obiezione di coscienza della L.194, ma sono attacchi in tutti gli ambiti della loro vita.
Forte l’indignazione perché in questa città sia permesso ai clerical-fascisti e neonazi di sfilare, lo spropositato dispiegamento di polizia e carabinieri - “mentre non si arriva a fine mese spendono uno sproposito a difesa dei neonazi a cui si dovrebbe vietare ogni manifestazione”; “a Milano, oggi, si mostra di essere tornati al Medioevo”.

Scrivevamo nel volantino per contrastare la macabra  marcia del 25 ottobre 2014: ”Questa marcia avviene in una regione, che già negli anni delle giunte Formigoni, si è particolarmente distinta per gli attacchi ideologici, pratici contro le donne: ricordiamo, qui: il seppellimento dei feti abortiti, il permesso di ingresso del CAV negli ospedali, le moderne ruote degli esposti, il tentativo di ridisegnare la legislazione nazionale in tema di IVG. Contribuendo a spandere a piene mani un humus maschilista, pregno di concezioni reazionarie verso le donne. Oggi la "tradizione" continua con la giunta Maroni, con un di più di razzista verso le donne immigrate nei “provvedimenti” legislativi; oltre ai tagli ai parti indolori  ai fondi Nasko, fondi per il “sostegno” alla maternità, puro strumento ideologico al servizio della centralità della famiglia, del ruolo in essa delle donne, potranno accedere le donne da anni residenti in Lombardia;  il “diritto alla vita” delle donne non conta, la condizione reale fatta di precarietà, non lavoro, peggioramento delle condizioni di lavoro, tagli di servizi scaricati sulle donne…Ma, soprattutto, la giunta Maroni si è adoperata per  la trasformazione dei Consultori in “Centri di supporto alle famiglie: un attacco ideologico e pratico contro le donne, che pone al centro la famiglia con il ruolo subordinato in essa delle donne e le priva di una delle poche strutture di riferimento per l’autodeterminazione in tema di maternità:  invece di aumentarne il numero – per legge dovrebbe esserci un consultorio ogni 20.000 abitanti, attualmente sono 1 ogni 60.000.
Queste marce  avvengono in un Paese in cui l’aumento crescente degli  obiettori di coscienza  limita sempre più il diritto d’aborto e quindi la libera scelta delle donne in tema di maternità, ma, soprattutto, mette a repentaglio la vita stessa delle donne costrette a pendolarismo nelle regioni in cui il tasso di obiettori è minore, al ricorso a pratiche abortive “fai da te”, all’aborto clandestino soprattutto tra le immigrate. In una fase di crisi, per prime le donne vengono ricacciate a casa, sia perché sono le prime ad essere licenziate, sia perché si scarica su di esse  il ruolo di “supplente” dei servizi di cura sempre più carenti e queste manifestazioni sono parte delle campagne che servono a giustificare e rendere “normale” una condizione delle donne difficile, di subalternità, sottomissione, queste marce contribuiscono a diffondere una concezione delle donne oscurantista e reazionaria. Noi riteniamo ci sia un nesso stretto tra l’ humus oscurantista  e reazionario che vuole riportare le donne a un Moderno Medioevo e l’aumento delle violenze contro le donne, sino alle uccisioni. L’abbiamo fortemente affermato nello storico sciopero delle donne del 25 novembre 2013 e nell’ 8 marzo Giornata internazionale di lotta delle donne. Per ciò riteniamo che questo corteo, le preghiere in “riparazione di aborto ed eutanasia” siano parte della guerra di bassa intensità contro le donne e i promotori l’anima “militante” della Chiesa, l’attuale Papa incontrando di recente gli esponenti del movimento per la vita ha dichiarato:” "L'aborto e l'infanticidio sono delitti abominevoli", concezione ribadita nel Sinodo in corso in questi giorni. E non certo di meri dibattiti religiosi si tratta, ma di indicazioni pratiche….”

IL DIRITTO D’ABORTO NON SI TOCCA!
Contro Moderno Medioevo, Chiesa, Stato, Capitale
Giù le mani dal corpo delle donne!
Fascisti reazionari, passerete un guaio noi non torneremo a prezzemolo e cucchiaio!

Le lavoratrici, precarie, disoccupate aderenti al Movimento femminista proletario rivoluzionario

Milano 12.4.2015

Donne in lotta contro il governo Renzi... per uno sciopero generale vero! Il 24 una prima tappa di lotta - Volantinaggio ieri al mercato a Palermo

Una squadra di lavoratrici dello Slai Cobas per il s.c. e compagne del Mfpr ha volantinato ieri, sabato 11 Aprile, in una bella mattina di sole, in uno dei mercati più frequentati  di Palermo, il mercato del sabato che si svolge a Piazzale J. Lennon già  P.le Giotto.

Abbiamo distribuito due volantini, uno con il messaggio della necessità che la maggioranza delle donne, lavoratrici, precarie, disoccupate, giovani... lotti contro il governo Renzi e le sue leggi e provvedimenti sempre piu' reazionari come il Jobs Act, che colpiscono in particolare noi donne doppiamente, riprendendo il testo diffuso l'8 marzo scorso; l'altro con l'appello alla costruzione di uno sciopero generale vero e dal basso contro il governo in cui le donne devono essere parte attiva e in prima linea, annunciando che in questo percorso già una prima tappa sarà il prossimo sciopero nazionale del 24 novembre , indetto dai sindacati di base e di classe,  contro la "buona scuola" di Renzi che di "buono" non ha proprio nulla; sempre più a misura degli interessi dei padroni colpirà tante donne visto che la popolazione lavorativa del mondo scolastico è  in maggioranza al femminile. Dietro termini quali meritocrazia, organici funzionali, sburocratizzazione, digitalizzazione, esternalizzazione dei servizi di segreteria… e dietro i proclami  sulla stabilizzaziondei precari, il governo infatti si prepara a ricacciare a casa tante lavoratrici tagliando ulteriormente sugli organici, eliminando la chiamata dei supplenti temporanei, trasformando i presidi in "neopadroni" e dando  loro il potere di decidere quali docenti dovranno lavorare e quali no...


Abbiamo visto che le donne, le giovani ma anche  uomini hanno preso con interesse il volantino, solidarizzando e condividendo in generale il messaggio, in diverse e diversi anche arrabbiati di questo Governo che "ci distrugge  e che ci sta ulteriormente immiserendo", " è un governo che non fa i nostri interessi" "Renzi è solo un ciarlatano verso di noi...".


Abbiamo incontrato anche donne che lavorano nel settore scuola, tra cui alcune precarie, che hanno condiviso la posizione del volantino e la necessità della protesta che non può restare solo circoscritta ai "gruppi di facebook" ma hanno anche espresso con rabbia come "questo governo arrogante che non rispetta per niente l'opinione dei docenti su una riforma schifosa  ci porta indietro di anni e calpesta tutti i diritti conquistati..." " un governo solo di delinquenti...", che è giusto non stare in silenzio come vorrebbero ridurci "anche se le forze che protestano ancora sono in minoranza...".
Anche alcune commercianti delle bancarelle hanno preso il volantino e concordato sulla nostra parola d'ordine: Sciopero dal basso vero  per far cadere questo governo Renzi.

Saluti di lotta