31/05/14

India: sugli stupri, importante intervista ad Arundhati Roy

Proteste in India contro lo Stato degli stupri - è come a Juarez Messico - Polizia, Esercito, paramilitari fascisti induisti dietro gli stupri - la denuncia di Arundhati Roy: gli stupri sono usati da sempre dallo Stato feudal borghese filo-imperialista indiano contro le donne del popolo che lottano nelle file della guerra popolare

Cinque uomini arrestati in India per le ragazze stuprate e impiccate.

In manette anche due agenti, bufera sulla polizia locale
Grande protesta degli studenti indiani dopo lo stupro e l’uccisione di due ragazze nello stato di Uttar Pradesh

 
Persone del villaggio di Katra radunate attorno ai corpi delle due ragazzine impiccate. Sono stati gli abitanti a decidere che le vittime rimanessero appese in modo che le televisioni e i fotografi potessero riprenderle.
Sono cinque gli uomini arrestati per aver stuprato ed ucciso due ragazze di 14 e 16 anni in India. Tra i cinque arrestati vi sono anche due poliziotti, ha reso noto un ufficiale della polizia dello stato di Uttar Pradesh.
«Questi cinque uomini sono i principali sospettati per questo crimine - ha spiegato - altri due sono stati identificati come sospetti e li arresteremo quando avremo ottenuto ulteriori elementi nell’indagine».
Il padre di una delle vittime ha denunciato, parlando con la stampa, comportamenti discriminatori da parte della polizia locale, che non avrebbe fatto nulla per cercare le ragazze scomparse, perché appartenenti alla casta dei paria, i “dalit”. «Un poliziotto mi disse che avremmo trovato le ragazze impiccate ad un albero da qualche parte, e quando le abbiamo cercate noi, le abbiamo trovate impiccate ad un albero», ha detto.  

Intanto gli episodi di violenze e abusi continuano.

india

Roy: «Io accuso il sistema delle caste. Viviamo in un passato feudale»

Arundhati Roy: donne vittime di una doppia oppressione

«Mi ha colpito che la maggior parte dei grandi media indiani ha evitato di dire che le due ragazze erano dalit. C’è della politica in questo: la volontà di non mettere in questione il e presentare il fatto come un mero atto criminale. Ma quando lo stupro è usato come mezzo di oppressione di una casta sull’altra diventa uno strumento politico» dice . La scrittrice indiana aveva già descritto quasi vent’anni fa nel suo primo e unico romanzo, il bestseller internazionale e Booker Prize "Il dio delle piccole cose", come il sistema delle caste, negato dalla legge e consuetudine nella realtà, condizionasse perfino uno Stato come il Kerala «comunista», con la sua tradizione egualitaria. «Le caste sono come l’apartheid, ma nessuno in , dai progressisti all’estrema destra, lo riconosce — accusa dalla sua casa a New Delhi — Significherebbe criticare l’architrave della nostra società e nessuno è interessato a farlo».
Lo aveva fatto quasi 80 anni fa Ambedkar, il padre della Costituzione indiana. Il suo «Annihilation of Caste», audace denuncia contro l’induismo e il sistema delle caste, è stato recentemente ripubblicato con un saggio-prefazione della Roy, dal titolo The doctor and the saint , giocato sull’opposizione tra lo statista (elogiato) e Gandhi (criticato per il ruolo avuto nella difesa delle caste). «Oggi si fa un gran parlare di violenze sessuali in India, ma in termini generici, e questa isteria mediatica crea una psicosi tra la gente senza arrivare a inquadrare il problema».
Ma le dalit non sono le uniche vittime di stupri. La studentessa violentata su un autobus a Delhi nel 2012, per dire, non era una dalit. E anche le turiste straniere sono a rischio.
«Nell’anno in cui il mondo inorridiva per la brutale aggressione a quella ragazza, 1.500 donne dalit venivano stuprate. E questa è la cifra ufficiale, che si stima corrisponda al 10% dei casi. Ma la maggior parte delle violenze continua a non essere riportata per la vergogna sociale».
Le caste in India esistono da secoli, ma sembra che ultimamente la situazione per le donne sia peggiorata.
«Da noi la maggioranza della popolazione vive in un passato feudale e patriarcale in cui le donne dalit da sempre sono violentate da uomini delle caste superiori che considerano lo stupro un proprio diritto. Le donne degli intoccabili sono da sempre molto toccabili. Ora stiamo assistendo a due fenomeni nuovi. Da un lato le donne, soprattutto le giovani che vivono in città, stanno cambiando molto più velocemente degli uomini: studiano, entrano numerose nei luoghi di lavoro, si emancipano, sono più libere, cambiano il loro modo di vestirsi, i loro sogni, le loro aspettative. Questo sta creando un nuovo tipo di violenza, di punizione. Dall’altro lato, un fenomeno opposto, ma che dà lo stesso risultato: nei villaggi e nelle aree rurali molte donne stanno diventando ancora più povere e indifese».
Lei definisce lo stupro come punizione. In che senso?
«Le donne emancipate sono punite perché sono fuori controllo, le più povere perché non hanno protezione. Poi c’è la violenza contro le donne in aree militarizzate come il Kashmir, Manipur e Chhattisgarh. In questi casi lo stupro diventa un’arma, uno strumento politico».
Il sistema delle caste non si sta indebolendo?
«Assolutamente no, si sta solo modernizzando ma continua a dar forma alla società e alla politica».
L’India sta facendo qualcosa per uscire da questo Medioevo?
«Altro che uscire, ci stiamo entrando fino in fondo. Temo che nei prossimi mesi assisteremo a un aumento delle violenze. Le politiche perseguite dai Gandhi basate su privatizzazioni, confisca di terre, costruzioni di imponenti dighe temo saranno esasperate da Modi. Con che risultati? Un esercito di nuovi poveri per gli spostamenti forzati di intere comunità».
In un saggio del libro «Quando arrivano le cavallette», getta ombra sulla democrazia come formula ideale per uscire da crisi e barbarie.
«Abbiamo bisogno di un progetto a lungo termine. Possono i governi democratici, la cui sopravvivenza dipende da risultati immediati, offrire questo progetto?»
Sta pensando a un’alternativa?
«Sono combattuta tra la speranza e la ragione: mi suggeriscono cose diverse».

Alessandra Muglia (Corriere della Sera)

30/05/14

India: branco stupra due ragazzine e le impicca. Tra i sette uomini, due sono poliziotti

Due sorelle di 14 e 15 anni erano scomparse da casa martedì sera a Katra Shahadatganj, un villaggio rurale dell'Uttar Pradesh. La mattina successiva i corpi sono stati trovati appesi a un albero di mango. Gli abitanti sono scesi in strada contro l'inazione delle forze dell'ordine. Le ragazze appartenevano a una famiglia della comunità Dalit, i cosiddetti 'intoccabili' della più bassa nell'antico sistema delle caste.
Secondo i dati, nel Paese di 1,2 miliardi di abitanti avviene uno stupro ogni 22 minuti, ma si tratta di dati inferiori alla realtà, perché molte vittime non denunciano le violenze subite.

NEW DELHI - Le hanno stuprate, picchiate, strangolate e alla fine uccise, appendendole ad un albero. Dall'autopsia effettuata sui corpi delle cugine di 14 e 15, è emerso che al momento dell'impiccagione erano ancora vive.
Erano scomparse da casa martedì sera a Katra Shahadatganj, un villaggio rurale dell'Uttar Pradesh. Sono state attaccate in un campo. C'erano andate come tutte le mattine, perché la loro casa è senza bagno. Sette uomini le hanno raggiunte lì, vicino al villaggio nel nord dell'India. Del gruppo facevano parte anche due poliziotti.

La famiglia aveva denunciato la scomparsa delle ragazze poche ore dopo la loro uscita da casa ma la polizia non è intervenuta, non ha neanche registrato la denuncia.

La protesta del villaggio è cominciata subito. E' stata silenziosa. Le immagini delle tv indiane hanno mostrato gli abitanti seduti sotto l'albero dal quale pendevano i corpi delle ragazze mossi dal vento. Sono rimasti così fino all'annuncio degli arresti. La gente accusa la polizia di essersi mossa con troppo ritardo e ha bloccato la strada principale, che passa vicino ai campi. Il capo della polizia locale e due agenti sono stati sospesi dal servizio.

L'emergenza in India è alta ed è scoppiata quando nel dicembre 2012, una studentessa di 23 anni fu violentata da sei uomini a New Delhi mentre tornava a casa in autobus. La giovane morì dopo 10 giorni per le ferite infertele dal branco. A febbraio scorso è stata aggredita una bimba di 9 anni che giocava nel cortile di casa e a gennaio una dodicenne era stata stuprata e bruciata viva mentre una turista danese violentata e picchiata.

L'India ha reso più rigide le sue leggi contro lo stupro lo scorso anno, dopo le proteste scoppiate in tutto il Paese per il crimine in crescita, che la cultura conservatrice e l'atteggiamento passivo delle autorità e della polizia non contribuiscono a contrastare.
Lo scorso mese, il capo del partito al governo nello Stato dell'Uttar Pradesh, Mulayam Singh Yadav, ha detto a un evento di campagna elettorale che il movimento è contrario alla legge che prevede la pena di morte per i colpevoli di stupro di gruppo. "I ragazzi sono ragazzi, fanno errori", ha detto. 

 

Che la violenza rivoluzionaria della guerra popolare maoista faccia giustizia!!

 

Il lupo cambia il pelo ma non il vizio

Tolleranza zero per la pedofilia!... Un sacerdote che fa questo tradisce il corpo del Signore, come nelle messe nere...", è questa una delle recenti affermazioni del Papa Francesco ai giornalisti, durante il viaggio di ritorno dalla Terra Santa, in cui è entrato nel merito di diversi temi “scottanti” per la Chiesa cattolica, assicurando che “sugli abusi dei sacerdoti non ci saranno privilegi...”, e proprio la prossima settimana tra il 6 e il 7 giugno alla presenza di otto vittime di violenza di sacerdoti pedofili, provenienti dalla Germania, Inghilterra, Irlanda, una messa riparatrice sarà celebrata dall'attuale Papa, criticato per non aver espresso loro solidarietà personale - il telefono papale in questo caso non ha squillato!

Le telefonate di Papa Francesco che possono arrivare ogni giorno di cui si è parlato a destra e a manca come una delle “new entry” della Chiesa cattolica attraverso il “nuovo” Papa che chiama direttamente le persone comuni, quelle della grigia normalità quotidiana, rientrano chiaramente nella strategia propagandista di una Chiesa che vuole e deve rimettere in sesto la strada di un apparato cattolico istituzionale segnato oggi da una significativa crisi in termini di immagine, credibilità, incisione tra le masse popolari dei messaggi come “amore”, “misericordia” “umiltà”, “povertà”..., sempre più offuscati e ribaltati da una realtà fatta invece di scandali, opulenze (non ultimo quello del superattico del Cardinale Bertone), violenze, abusi... dai vertici più alti alla base; il ritorno anche insistente del Papa su temi come “l'evangelizzazione degli albori del cristianesimo”, i richiami del Pontefice a ritornare “alla povertà, all’essenziale“ sono una delle forme con cui si vuole allontanare l'immaginario di massa da quella che è invece la realtà di una Chiesa inserita pienamente in un sistema sociale, quale quello capitalista e imperialista, sempre più barbaro e marcio che si riflette concretamente anche in essa.

Le “telefonate papali” infatti non sono per tutti perché su certi eventi invece è bene mantenere il silenzio, non fare pubblicità e propaganda, vedi per esempio i fatti relativi al sacerdote don Pietro Tosi, morto quest'anno a 87 anni, che nel 1980 stuprò una ragazzina di appena 14 anni mettendola incinta ma la Curia lo ha sempre difeso, nonostante non avesse voluto riconoscere il figlio nato dalla violenza. Oggi la Chiesa lo ha affidato al "giudizio imperscrutabile del Signore" mentre la donna, allora giovanissima, non ha mai ricevuto alcuna vera giustizia così come tante altre vittime di abusi e violenze da parte di preti pedofili, né la sua famiglia ha mai ricevuto telefonate dal Papa.

In tal senso le recenti parole tuonanti di Papa Francesco contro la pedofilia dei sacerdoti suonano come un “nuovo” ipocrita e opportunistico correre ai ripari della Chiesa, post era Ratzinger, per cercare di ripulire, di “rinnovare” agli occhi delle masse l'immagine della Chiesa che con la sua azione attiva costituisce uno degli aspetti sovrastrutturali di questo sistema sociale che nella sua sostanza, profondità, struttura deve restare stabile e perpetuarsi mantenendo ben saldi alcuni punti cardine di esso, tra questi la condizione di subordinazione, oppressione della maggioranza delle donne.
Su questo tema il messaggio e l'azione di Papa Francesco sono chiarissimi e non c'è alcun bisogno di utilizzare “nuovi” mezzi per propagandarli.

Se dinnanzi alla violenza sessuale commessa da un sacerdote il Papa grida al “tradimento del corpo del Signore, come nelle messe nere...” (peccato che fino ad oggi però, secondo le misure canoniche previste, nella maggior parte dei casi i sacerdoti dichiarati colpevoli di stupro, abuso sessuale, sollecitati al pentimento, vengono soltanto allontanati dal luogo in cui esercitavano il ministero e non invece condannati/cacciati), dinnanzi invece alla questione dell'aborto, alla scelta delle donne di decidere liberamente in tema di maternità, Papa Francesco non esita neanche per un attimo, alla faccia della misericordia evangelica!, a gridare al “delitto abominevole”, anche in caso di donne stuprate.
Il “rinnovamento” di Bergoglio della Chiesa si annulla di colpo sulla questione donne/aborto considerato talmente grave per cui alle donne assassine non può che essere inflitta la scomunica a vita. Le donne, la maggioranza di esse, sono quelle il cui ruolo di riproduzione e di cura funzionale al mantenimento e perpetuarsi di questa società capitalista non può e non deve essere messo in discussione dalla scelta delle donne stesse di sottrarsi ad esso, e per la Chiesa non ci sono ragioni economiche, sociali, ideologiche che tengano! Non conta granchè se poi il bambino messo al mondo potrà essere violentato da un bastardo prete pedofilo che lo assassinerà spietatamente nell'anima, ma non solo!, o sarà ucciso da una società “in crisi irreversibile” come dice lo stesso Bergoglio, che per la maggioranza di questi figli messi al mondo riserva solo sfruttamento, oppressione, miseria, guerre...

La Chiesa è sempre pronta a ricorrere agli ennesimi “nuovi”proclami riparatori di turno (vedi il vergonoso caso dei preti pedofili) ma il sistema sociale in cui essa deve continuare ad essere poderoso apparato di potere, non si deve mettere in discussione e su questo l'azione dell'istituzione ecclesiale è molto attiva al fine di frenare il pericolo che nello specifico le donne possono costituire e incarnare se si ribellano all'ordine sociale esistente e ai ruoli che esso impone loro, per questo sulla questione aborto cadono tutti i veli e le parole sono più che dirette!

E ai messaggi ideologici seguono poi sempre le azioni concrete: con un'audizione pubblica del 10 aprile scorso, per esempio, sono state presentate a Bruxelles le firme raccolte nei 28 paesi membri per la campagna “Uno di noi” lanciata dai movimenti antiabortisti naturalmente sostenuti dalla Chiesa cattolica che chiede all'Unione europea “... di porre fine al sostegno politico ed economico di attività che potrebbero comportare la distruzione di embrioni umani, inclusa la ricerca sulle cellule staminali embrionali e i servizi di aborto sicuro erogati da organizzazioni non governative nei Paesi in via di sviluppo. Il punto centrale della petizione è la richiesta di riconoscimento giuridico dell'embrione umano, che comporterebbe il diritto «alla vita e dell'integrità» sin dal momento del concepimento”(tratto da http://temi.repubblica.it/). Movimenti antiabortisti che al “nuovo” parlamento europeo chiedono ora di dare una risposta a questa ignobile petizione e visti gli ultimi risultati elettorali che spostano il parlamento ulteriormente a destra con la discesa in campo di partiti fascisti e apertamente nazisti, troveranno in essi una attiva sponda sessista e maschilista.
Il Papa Bergoglio, il giorno dopo la consegna delle firme a Bruxelles, ha ricevuto i rappresentanti dei movimenti antiabortisti elogiandoli per il loro lavoro e ha detto: “Mi sento chiamato a farmi carico di tutto il male di alcuni sacerdoti, abbastanza in numero ma non in proporzione alla totalità, e a chiedere perdono per il danno che hanno compiuto, per gli abusi sessuali sui bambini...” ma “... L'aborto e l'infanticidio sono delitti abominevoli

La Chiesa quindi, anche quella del “rinnovamento” di Papa Francesco, continua ad attaccare ideologicamente e concretamente la maggioranza delle donne. Le donne in questo senso non si possono illudere nemmeno per un minuto ma devono prendere coscienza della necessità di ribellarsi ad ogni attacco alla condizione di vita, la cui libertà di scelta sulla maternità, il diritto ad abortire, conquistato con la lotta, rappresenta il cuore della loro autodeterminazione, le donne devono essere parte determinante nella lotta concreta e quotidiana in funzione del vero e unico rinnovamento necessario e possibile, il rinnovamento sociale attraverso la via della rivoluzione proletaria che abbatta questa società capitalista reazionaria, maschilista, moderno fascista di cui la Chiesa è parte integrante.

27/05/14

"Le donne in Europa"... E... MARIA MUORE!

LE DONNE SPINGONO IN ALTO IL PD, HANNO UN CONTENTINO NELLE EUROPEE....E INTANTO... MARIA MUORE! 
Maria Baratto, operaia, uccisa dal sistema del capitale

"Nello straordinario successo del Pd di Renzi, che porta in Europa la pattuglia progressista più numerosa del continente, si registra un altro traguardo eccezionale. E’ il risultato delle donne Pd: elette in 14 su 31, il 45 per cento della delegazione democratica al Parlamento europeo. Elette con le preferenze, grazie alla scelta di avere 5 capilista giovani e bravissime e ad una legge che ha permesso un’affermazione senza precedenti delle nostre candidate". Lo dice la senatrice del Pd Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari Costituzionali. "Questa è la garanzia - prosegue Anna Finocchiaro - che ora le donne italiane conteranno di più in Europa e che si farà di più, in termini di democrazia paritaria, diritti, occupazione, conciliazione".

Dover leggere, sentire queste parole, come la misera soddisfazione delle "giulive" finalmente elette solo per un codicillo normativo e per prendersi posti in un parlamento europeo in cui sempre più soffia forte il vento del moderno fascismo, è veramente imbarazzante.

Sentire poi queste parole, sentire che le donne conteranno di più... in termini di diritti, occupazione...", quando l'altro giorno Maria operaia della Fiat si è suicidata perchè questo sistema le toglieva il lavoro e il diritto di vivere - e nessuna eletta se ne è neanche ricordata - come continuerà a toglierlo a migliaia di donne, è schifoso.
E mostra chiaramente come le "quote rosa" sono "quote nere" che dovranno essere, come gli uomini al potere, attaccate dalla furia delle donne che lottano, muoiono, che si ribellano, che vi spazzeranno via. 

MFPR

26/05/14

Un' operaia della Fiat si è suicidata, MARCHIONNE ASSASSINO!



LA TUA MORTE E' UN FORTE PUGNO ALLO STOMACO! FORTE E DOLOROSO! MA ANCHE PER TE MARIA E  PER TUTTI GLI OPERAI, LAVORATORI, PRECARI, DISOCCUPATI, DONNE, GIOVANI... CHE SONO CADUTI NELLA DISPERAZIONE E NON HANNO RETTO ALL'OPPRESSIONE CONTINUEREMO A LOTTARE CONTRO QUESTO SISTEMA DI PADRONI ASSASSINI, DEL PROFITTO ASSASSINO, DEL CAPITALE ASSASSINO PER ROVESCIARLO



25 maggio 2014




Dramma della solitudine ad Acerra, nel Napoletano: una donna di 47 anni, M.B., operaia in cassa integrazione del reparto logistico Fiat a Nola, si è uccisa nella propria abitazione martedì scorso, ma il cadavere è stato ritrovato solo ieri sera. A dare l'allarme alcuni vicini preoccupati dei cattivi odori che provenivano dall'appartamento.

La donna, secondo i primi accertamenti, sarebbe morta per le forti emorragie interne provocate da alcuni fendenti all'addome che si sarebbe inferta da sola. A dare certezza alle ipotesi sarà ora l'autopsia disposta dal magistrato di turno.

La cassaintegrata si è stesa sul letto e, dopo essersi ferita con un coltello da cucina, ha cercato di raggiungere il telefono, senza però riuscire ad afferrarlo. La donna, dalla separazione dal marito, avvenuta qualche anno fa, viveva da sola in un appartamento nel Rione Spiniello di Acerra. L'operaia era da circa sei anni in cig, che le sarebbe scaduta il 13 luglio prossimo, e secondo quanto raccontato da amici e colleghi, soffriva di crisi depressive.
La 47enne il 2 agosto 2011 aveva scritto sul sito del Comitato mogli operai Pomigliano D'Arco: "Non si può continuare a vivere per anni sul ciglio del burrone dei licenziamenti". Una sorta di articolo intitolato dal titolo "Suicidi in Fiat", che prendeva spunto dal tentativo di suicidio di un operaio dello stabilimento Fiat di Pomigliano D'Arco che aveva tentato di togliersi la vita ferendosi più volte con un'arma da taglio. "L'intero quadro politico-istituzionale - scriveva la donna - che da sinistra a destra ha coperto le insane politiche della Fiat, è corresponsabile di questi morti insieme alle centrali confederali". Nello scritto, la donna accusa Fiat e Marchionne di "fare profitti letteralmente sulla pelle dei lavoratori che sono costretti ormai da anni alla miseria di una cassa integrazione senza fine ed a un futuro di disoccupazione".

"Il tentato suicidio di oggi di Carmine P. - aggiungeva Maria - cui auguriamo di tutto cuore di farcela, il suicidio di Agostino Bova (ex operaio di Termini Imerese) dei giorni scorsi, che dopo aver avuto la lettera di licenziamento dalla Fiat per futili motivi è impazzito dalla disperazione ammazzando la moglie e tentando di ammazzare la figlia prima di togliersi la vita, sono solo la punta iceberg della barbarie industriale e sociale in cui la Fiat sta precipitando i lavoratori. Anche per questo la lotta dei lavoratori Fiat contro il piano Marchionne ed a tutela dei diritti e dell'occupazione - concludeva - rappresenta un forte presidio di tenuta democratica per l'intera società".

25/05/14

DAGLI OPERAI ILVA AI DISOCCUPATI ORGANIZZATI

(locandina affissa alle portinerie dell'Ilva di Taranto)


SOLIDARIETA' DAGLI OPERAI AI DISOCCUPATI

IN LOTTA PER IL LAVORO E PER QUESTO REPRESSI!

I 2 disoccupati arrestati giovedì scorso

MASSIMO E FRANCESCO, sono stati scarcerati!

Il giudice ha ritenuto che non ci fossero motivi per la detenzione, e questo ad ulteriore dimostrazione della loro innocenza. Ma non crediate che sia finita, ora tocca a noi depositare le denunce nei confronti di quei Vigili colpevoli di abuso d'ufficio ed uso spropositato della forza.

Quanto accaduto Giovedì 22 al consiglio comunale è di una gravità che non può e non deve essere tollerata in un Paese che possa definirsi democratico. Due compagni di lotta, disoccupati, sono stati aggrediti ed arrrestati da una manica di vigili che non esitiamo a bollare come ignoranti. Come definire, infatti, gente -se gente la si può definire, e scusate se qualcuno di voi che sta leggendo possa sentirsi offeso- che non conosce cos'è la fame, la miseria, di chi è costretto ad ogni tipo di umiliazione pur di lavorare, e infierisce, oltretutto, barbaramente su di essi con percosse e manette.
E poi... E poi c'è da chiedere se sapete chi ha chiamato quella sorta di barbarie umana ad arrestare i disoccupati che, se non l'aveste ancora capito o letto dai giornali o visto in TV, cosa tra l'altro difficile da credere, erano lì per chiedere un incontro con un sindaco assente, cieco e sordo verso i suoi concittadini. Un incontro oramai lungamente rimandato a data da destinarsi. Sappiamo già che lo sapete, ed è per questo che vi risparmieremo l'ansia della risposta, inutile tenervi sulle spine. È proprio lui, il sindaco stesso! Stefàno, paladino dell'ingiustizia sociale, colui che è tra gli imputati del maxi-processo Ilva, colui che, nel 2012, durante le manifestazioni in città, scendeva come un angelo ad ali spiegate tra la folla dicendo che era stato in procura e che aveva risolto tutto. Colui che ora chiama un gruppetto di vigili squadristi e fascisti (vigili che ci chiediamo come possano aver ottenuto quel posto di lavoro, vigili che, risentiti, forse agiscono così perché ora non c'è più un sindaco Di Bello che regalava pappine a destra e a manca) a levargli di torno dei disoccupati i quali, essendo lui anche il loro sindaco, dovrebbe, anzi deve, farsi carico del loro dramma.

Speriamo vivamente che queste parole possano far breccia dentro di voi. Dobbiamo tutti renderci conto che ciò che è successo a Massimo e Francesco (questi i nomi dei compagni arrestati) potrebbe riguardarci molto da vicino, più di quanto non siamo disposti ad immaginare.
Pretendiamo di sapere quali sono le reali intenzioni nei confronti di questo stabilimento. Basta con le cazzate, basta con le bugie, basta con i ricatti e basta con gli sfruttatori. Per anni ci hanno preso in giro, ci hanno fatto credere che avremmo dovuto ringraziare per questo posto di lavoro quando si arricchivano alle nostre spalle ed a scapito della nostra salute sino alla morte, non solo nostra. Basti ricordare i nomi di Nicola Darcante, morto lo scorso 16 Maggio, e di Stefano Delliponti, morto lo scorso 30 Dicembre.
Ora, potrebbe sembrare che queste ultime righe siano in contrasto con quanto scritto all'inizio di questo comunicato, ci si potrebbe domandare: “Ma come, prima questi dello Slai Cobas chiedono posti di lavoro e poi se ne lamentano?”. Tutto questo, badate bene, non va assolutamente in conflitto, qui si pretende il lavoro nelle migliori condizioni, non siamo merce di scambio, lo abbiamo sempre sostenuto. Noi non facciamo demagogia come pseudopoliticanti e pseudosindacalisti, ma pretendiamo i nostri diritti, come attestano le numerose denunce sporte e i due compagni arrestati. Quante altre sigle sindacali possono vantarsi di aver fatto questo?

Operai Ilva

Slai Cobas per il sindacato di classe

24/05/14

Un'altra ragazzina stuprata dal branco a Palermo

UN’ALTRA RAGAZZINA STUPRATA DAL BRANCO…

Ieri, a Palermo, una ragazzina è stata stuprata da 5 compagni di scuola, tra i 14 e 16 anni, in pieno giorno, sulla spiaggia di Romagnolo.
Dopo avere fatto il bagno ed essersi distesa sulla spiaggia, la fanciulla si è ritrovata accerchiata dalle “bestioline”, che dalle avance, dalle parole, sono passati subito ai fatti. E mentre uno le tappava la bocca, gli altri la violentavano, fino a quando la fanciulla non ha trovato la forza di liberarsi dal branco… di “amici”, chiedendo aiuto.

INNOCENZA PERDUTA, BESTIALISMO

In questa lercia e maschilista società, che produce la cultura dello stupro, che sta trasformando anche i giovani in mostri, l’appagamento sessuale, a qualunque costo, è divenuto una vera e propria fobia, un’ossessione, non solo per la maggior parte degli uomini, ma anche per gli adolescenti.

Violenza sessuale, violenza di Stato,

questo sistema deve essere rovesciato!

Pa, 23.05.14
Lavoratrici SLAI Cobas s.c. Policlinico -Palermo

Non votate donne!

Non votate donne!

Quelle dei partiti borghesi sono "quote nere" come e anche peggio degli uomini.

Boicottate le elezioni!

 

Non abbiamo un voto da dare ma una lotta grande, una rivoluzione da fare!
Le abbiamo viste le donne nelle poltrone di questo misero potere: o donne doppiamente reazionarie, che per classe di appartenenza, per politica e ideologia borghese, ma anche per mostrarsi “brave” come gli uomini e più degli uomini, in una corsa alla parità/concorrenza a chi è più reazionario, diventano “più realiste del re” nell'attacco ai proletari, alle donne; o donnicciole, ministre, parlamentari, come quelle del governo Renzi, pure senza "arte nè parte", squallide e imbarazzanti replicanti della peggior specie del potere maschile borghese.
Abbiamo visto in parlamento in atto il nuovo gioco delle "quote rosa" - una offensiva parodia delle pesanti discriminazioni che le donne vivono nella vita reale; con le donne dei partiti borghesi, unite da destra a sinistra, a sgomitare per essere messe al vertice delle liste in queste elezioni europee, strillando contro un parlamento maschilista ma solo quando impedisce loro di fare la scalata alle sedie del potere; mentre le imprenditrici, le ricche signore, queste già nei posti che contano, cercavano di fare più in alto le loro scalate, di imporre le loro “quote nere”, ad un potere politico ed economico basato sullo sfruttamento e oppressione, e che continua sempre più ad attaccare i diritti, le condizioni di vita delle donne.
Tutto questo agitarsi, presente anche in alcuni movimenti di donne, è lontano mille miglia dai problemi delle donne, che invece hanno bisogno di rovesciare tutte le forme di questo potere borghese.
Noi donne che, prima e dopo le elezioni, dobbiamo lottare ogni giorno contro una vita che non ha niente di "rosa", dobbiamo rischiare ogni giorno femminicidi e stupri, noi che dobbiamo continuare a lavorare, ad esaurirci in fabbrica e nei posti di lavoro fino a 65 anni e oltre, noi donne sempre più precarie, noi che dobbiamo caricarci ancora di più il peso del carovita, dei tagli alle spese sociali; noi che siamo sempre più discriminate, noi che non potremo decidere quando e come avere un figlio; noi donne che subiamo il pesante humus maschilista da moderno medioevo...
NOI DONNE CHE CI STIAMO RIBELLANDO E VOGLIAMO UNIRCI E LOTTARE contro un sistema borghese che fa della oppressione e doppio sfruttamento di noi donne un suo puntello centrale per perpetuarsi.
NOI INVECE CHIAMIAMO LE DONNE A BOICOTTARE LE ELEZIONI E A LOTTARE CONTRO L'EUROPA IMPERIALISTA E TUTTI I GOVERNI.
contro l'Europa della Markel, dei governi reazionari come quello spagnolo, come dei governi di “centrosinistra” ma di moderno fascismo mascherato come quello italiano; l'Europa della ripresa esplicita e forte delle forze fasciste ed esplicitamente naziste, chiaramente fortemente sessiste e razziste (in Francia rappresentata proprio da una donna, Le Pen); l'Europa dei governi che attaccano il diritto d'aborto per far tornare indietro di 50 anni; l'Europa cinica degli assassini di donne e bambini immigrati, con i governi a fare da “scaricabarile” sui morti...
Contro questa Europa, contro tutti gli Stati e i governi, c'è la necessità della via della rivoluzione per il potere proletario. E in questa lotta le donne sono l'avanguardia perchè subiscono non una ma mille catene e perchè quando lottano realmente sono una “potenza”.

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
mfpr.naz@gmail.com
 
***
 
Italy  - MFPR call to women not to vote - spanish traslation
 
MUJERES NO VOTÉIS

Las de los partidos burgueses son “cuotas negras” igual o incluso peores que
los hombres
¡Boicotear las elecciones!
¡Que no tengamos que dar un voto, sino una gran lucha, una revolución que
hacer!Hemos visto a las mujeres en las poltronas de este miserable poder:
las mujeres doblemente reaccionarias, que por pertenencia de clase, por
política e ideología burguesa, pero también para mostrarse “buenas” como los
hombres y más que los hombres, en una carrera hacia la paridad/concurrencia
a ver quien es más reaccionario, se convierten en “más papistas que el papa”
en el ataque a los proletarios, a las mujeres; o ministras, parlamentarias,
como las del gobierno Renzi; incluso sin “arte ni parte”, escuálidas y
embarazosas, replicantes de la peor especie del poder masculino burgués.

Hemos visto en el parlamento en acción el nuevo juego de las “cuotas
rosas” –una parodia ofensiva de las graves discriminaciones que las mujeres
viven en la vida real; con las mujeres de los partidos burgueses, unidas de
derecha a izquierda, dando codazos para ser puestas en lo más alto de las
listas en estas elecciones europeas, gritando contra un parlamento machista
pero sólo cuando se les impide escalar a los sillones del poder; mientras
que las empresarias, las señoras ricas, que ya están en los puestos que
cuentan, tratan de escalar más, de imponer sus “cuotas negras”, en un poder
político y económico basado en la opresión y la explotación, y que continúa
atacando cada vez más los derechos y las condiciones de vida de las mujeres.

Todo este alboroto, presente también en algunos movimientos de mujeres, está
a mil kilómetros de distancia de los problemas de las mujeres, que tienen en
cambio necesidad de derrocar todas las formas de este poder burgués, y
necesitan de la revolución….

Nosotras, mujeres, antes y después de las elecciones, tenemos que luchar
todos los días contra una vida que no tiene nada de “rosa”, nos arriesgamos
cada día a los feminicidios y las violaciones, nosotras que tenemos que
seguir trabajando, agotándonos en la fábrica y en el puesto de trabajo hasta
los 65 años y más; nosotras, mujeres, siempre las más precarias; nosotras,
sobre las que pesa aún más la carestía de la vida, los recortes en los
gastos sociales; nosotras, que somos siempre las más discriminadas;
nosotras, que no podremos decidir cuándo y cómo tener un hijo; nosotras,
mujeres, que sufrimos el pesado estrato machista del medievo moderno…

NOSOTRAS LAS MUJERES QUE ESTAMOS REBELANDONOS Y QUEREMOS UNIRNOS Y LUCHAR
contra un sistema burgués que hace de la opresión y la doble explotación de
nosotras, las mujeres, un puntal central suyo para perpetuarse.

EN CAMBIO NOSOTRAS LLAMAMOS A LAS MUJERES A BOICOTEAR LAS ELECCIONES Y A
LUCHAR CONTRA LA EUROPA IMPERIALISTA Y TODOS LOS GOBIERNOS.Contra la Europa
de la Merkel, de los gobiernos reaccionarios como el español, como de los
gobiernos de “centroizquierda” pero como el italiano de fascismo moderno
disfrazado; la Europa de la reanudación explícita y fuerte de las fuerzas
fascistas y explícitamente nazis, clara y fuertemente sexista y racista (en
Francia representada precisamente por una mujer, Le Pen); la Europa de los
gobiernos que atacan los derechos al aborto para retroceder 50 años; la
Europa cínica de los asesinos de mujeres y niños inmigrantes, con los
gobiernos que se aprovechan de sus muertos …

Contra esta Europa, contra todos los Estados y los gobiernos, existe la
necesidad del camino de la revolución por el poder proletario. Y en esta
lucha las mujeres están a la vanguardia porque sufren no una sino mil
cadenas y porque cuando combaten realmente son una “potencia”.

Movimiento Feminista Proletario Revolucionario
mfprnaz@gmail.com

mfpr.naz@gmail.com

http://femminismorivoluzionario.blogspot.com.es/ 

Chiese- caserme- galere: per le donne sicure da "morire": gli stupri sulle donne di Atenco come arma dello Stato

Dall' Italia, all' India al Messico...per le donne doppia oppressione, doppia repressione, doppia violenza Gli stupri sulle donne di Atenco come arma dello Stato Coscienti che la giustizia e la riparazione non verranno dallo stato, le denuncianti dell’operazione del 2006 hanno deciso di aiutare le altre sopravvissute a questa pratica. La tortura sessuale contro le donne si è trasformata in una efficace arma per intimorire la società, afferma l’attivista Norma Jiménez. Per questo, il gruppo di donne sopravvissute nell’anno 2006 alle aggressioni della polizia a San Salvador Atenco ha lanciato la campagna “Per rompere il silenzio, tutte unite contro la tortura sessuale”, con l’obiettivo di “unirci e dimostrare che non siamo sole, che non ci hanno spezzate, che possiamo costruire dal basso; che nessuno si prenderà cura di noi, né lo stato ci darà giustizia”, dichiara Italia Méndez. Per le sette donne che hanno denunciato la tortura sessuale perpetrata dai poliziotti nel 2006, il loro percorso ora è di accompagnare le altre donne che hanno vissuto la medesima cosa, che si trovano nel cammino di riconoscere lo stato come persecutore e che non ammettono una soluzione amichevole, come è successo a loro stesse nell’anno 2013 quando nella Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH), a Washington, il governo di Enrique Peña Nieto offrì loro come riparazione una pubblica discolpa. “Noi continuiamo con fermezza nella ricerca della giustizia, della memoria e della riparazione, e non ci accontentiamo di una soluzione amichevole”, precisa Méndez. Spiegano che la sentenza della Corte le ha fatte sentire di non essere sole, e che dovevano cercare un modo per restituire la solidarietà che hanno ricevuto. “Il nostro caso condensa la solidarietà di migliaia di persone, ed è molto importante restituirla attraverso la denuncia di altri casi”, riafferma Italia Méndez. “Abbiamo sofferto sulla nostra stessa carne la criminalizzazione e la condanna; noialtre per anni abbiamo smesso di avere un nome”, ricorda Méndez. Edith Rosales aggiunge che questa campagna significa un accompagnamento tra donne per continuare con le denunce: “Sappiamo che con le leggi o una politica dello stato questo non cambierà, per questo per noi è importante renderlo visibile”. Inés Fernández Ortega, Valentina Rosendo Cantú, Miriam López, Verónica Razo e Claudia Medina, sopravvissute alla tortura sessuale commessa da membri della forza pubblica, si uniscono a questa campagna. “In questo lungo camminare, insieme possiamo condividere l’apprendistato”, ritiene Mariana Selvas; per Norma Jiménez, ridare un poco di ciò che si è appreso si è trasformato in una necessità. La tortura sessuale come arma dello stato Il gruppo di sopravvissute evidenzia che per molte donne è vergognoso denunciare la tortura sessuale, per cui praticarla è per lo stato ancor più efficace, soprattutto in un contesto come quello messicano, dove la misoginia si incontra a tutti i livelli. “Nell’immaginario sociale spezzi il più debole. Ad Atenco, i nostri compagni furono testimoni muti perché tutti fummo in una situazione di mancanza di difesa. Fummo torturate sessualmente davanti a loro, e la violazione che questo comporta è molto forte dal punto di vista dello spirito”, manifesta Méndez. “Noi siamo state il castigo esemplare perché lasciarono che loro ci vedessero, usarono tutta la violenza e lo mostrarono in televisione affinché fosse così messo in evidenza”. Edith Rosales aggiunge che la tortura sessuale è una politica contro-insurrezionale per mettere fine alle resistenze sociali: “Noi siamo un avvertimento –al popolo di Atenco e al paese– che questo può accadere a chiunque voglia manifestare” Norma Jiménez aggiunge che questa manifestazione di tortura è un mezzo per trasmettere paura alle donne, per segnalare che il loro corpo è un territorio dove possono dare battaglia. “In tutto questo andare ci rendiamo conto che c’è molta colpa, paura e stigmatizzazione; alla fine, è la tua faccia quella che esce nei media, con titoli come ‘Le violate di Atenco’”, descrive Jiménez, e aggiunge che i protocolli di indagine sono molto dolorosi poiché, per trovare un colpevole, devono dimostrare ciò che è successo a loro. L’intreccio istituzionale e la giustizia dal basso Il processo di denuncia per il caso di Atenco è stato molto doloroso e logorante, ed è difficile denunciare attraverso delle istituzioni statali, ricorda Italia Méndez: “Sottopormi al protocollo di Istanbul è stata una delle sfide più forti per ciò che ho passato; è vittimizzarci di nuovo, passare attraverso i medesimi fatti, e di ritorno ricevere delle beffe. Nell’ufficio della procuratrice ci dissero di fumare lì perché non ci sarebbe stata giustizia, e che ci rassegnassimo a fumare in questo ufficio. Alla fine era come sapere che dovevamo mangiarci tutte le porcherie che ci offrivano le istituzioni”. Norma Jiménez ritiene che la denuncia sia anche uno strumento affinché la gente sappia che questo tipo di pratiche le commettono coloro che governano. “La gente domanda della riparazione e noi diciamo loro che non ci aspettiamo che ci riparino nulla, che cerchiamo i nostri propri mezzi e che questo incomincia quando decidiamo di non essere degli strumenti di nessuno. Il nostro corpo non appartiene a nessuno e nemmeno è un castigo per nessuno. Ci riappropriamo della nostra vita e del nostro corpo perché noi indichiamo dove vogliamo andare”, aggiunge. Il collettivo di donne precisa che la loro lotta non si è messa in cammino per ottenere giustizia da parte delle istituzioni. “La giustizia in Messico continua ad essere molto maschilista, per questo credo che da parte loro non ci sarà”, riferisce Yolanda Muñoz. Patricia Torres chiarisce che la giustizia è il processo che ciascuna ha costruito. Otto anni dopo gli atti di tortura commessi ad Atenco, l’impunità prevale e mai scomparirà, ritiene Italia Méndez. “Ci hanno fatto credere che tutto si risolva attraverso lo stato, ma la giustizia non è una cosa, né viene da nessun lato. Si costruisce, e solo organizzandoci la realizzeremo”, termina Jiménez. da Comitato Carlos Fonseca

Massimo e Francesco, disocuppati organizzati in lotta per il lavoro,arrestati giovedì scorso, sono stati liberati!

abbiamo appena saputo che il giudice ha disposto la scarcerazione
evviva!

seguiranno comunicazioni e comunicato
la lotta per il lavoro non è reato!

slai cobas per il sindacato di classe taranto
347-5301704

22/05/14

Taranto: invece che lavoro arresti - Massimo e Francesco liberi subito !

niente lavoro , niente voto !


confermati gli arresti con gravi e false imputazioni  verso due dei più attivi disoccupati organizzati slai cobas per sindacato di classe taranto, Massimo Portacci e Francesco Tagliente - Fiorella Masci imputata ma rilasciata

manifestazione questa sera in via d'aquino alle 18

come è andata realmente in comune oggi !
chiediamo lavoro, ci danno arresti vergogna!
il sindaco stefano non fa nulla per il lavoro e dice bugie !
vigili arroganti e violenti da aggressori vogliono passare per aggrediti!
abbiamo i video e le testimonianze per dimostrarlo
la repressione non ferma la lotta per il lavoro anzi la alimenta
facciamo appello a tutti i disoccupati, precari, cassintegrati, lavoratori a
lottare insieme

disoccupati organizzati slai cobas tarantoslaicobasta@gmail.com
347-5301704

dalla stampa:
Taranto, disoccupati bloccano il Consiglio
Fermate tre persone
TARANTO – Una quindicina di disoccupati ha fatto irruzione nell’aula consiliare del Muncipio di Taranto sospendendo i lavori del consiglio comunale. Alcuni manifestanti, che fanno parte del gruppo 'Disoccupati organizzatì dello Slai Cobas, hanno capovolto banchi e sedie e si sono seduti per terra al centro della sala in cui si svolgono le riunioni dell’assise. Alcuni amministratori hanno tentato di calmare gli animi, ma gli agenti della polizia locale hanno dovuto faticare non poco per evitare scontri.

I disoccupati da diversi mesi chiedono di essere impiegati per la raccolta differenziata porta a porta e per le bonifiche previa partecipazione a corsi di formazione. È intervenuto anche il sindaco, Ippazio Stefano, che ha stigmatizzato la protesta dei Cobas ma è stato duramente contestato.

Agenti della Polizia municipale di Taranto hanno poi ammanettato e portato in caserma tre dei disoccupati. È stato informato il magistrato di turno, che ora dovrà decidere se procedere al loro arresto. I manifestanti, invitati a lasciare la sala, hanno opposto resistenza. Sul posto, oltre alla Digos, sono intervenuti anche Polizia e carabinieri. Il Consiglio è stato poi rinviato anche per un guasto all’impianto audio di registrazione. Una donna, che si era gettata per terra, è stata trascinata fuori dall’aula, mentre altri disoccupati aderenti allo Slai Cobas urlavano contro le forze dell’ordine.

dalla realtà:
Questa mattina una delegazione dei Disoccupati Organizzati dello Slai Cobas per il sindacato di classe di Taranto ha presenziato il Consiglio Comunale, per rinnovare la richiesta di fissare la convocazione di un Consiglio monotematico e di un tavolo istituzionale sull’emergenza lavoro, richieste che i disoccupati hanno avanzato fin dal 2 aprile scorso e per le quali avevano ricevuto ripetute promesse e rinvii ma nessuna data certa.
Per di più, solo un paio di giorni fa lo stesso presidente del Consiglio, Bitetti, in un incontro aveva rassicurato e invitato i disoccupati a presenziare la riunione del Consiglio, dove gli sarebbe stata finalmente comunicata la data.
Invece stamattina, all’inizio della seduta, ai disoccupati è stato bruscamente detto che l’argomento non sarebbe stato discusso né nessuna risposta era dovuta.
A questo punto i disoccupati hanno protestato vivacemente e per tutta risposta sono stati immediatamente aggrediti e violentemente picchiati dalla polizia municipale.
Si sono viste scene come quelle della recente manifestazione di Roma del 12 aprile con agenti che picchiavano violentemente i manifestanti e li bloccavano a terra schiacciandogli la gola con un ginocchio.
Dopo la carica, tre di loro, Francesco Tagliente, Massimo Portacci, rappresentanti dei Disoccupati Organizzati., e Fiorella Masci, rappresentante del coordinamento provinciale dello Slai Cobas per il sindacato di classe, sono stati portati vi di forza. Vani sono stati i tentativi di impedirlo da parte degli altri disoccupati presenti, che anzi hanno subito ulteriori spintoni e minacce.
Al momento i tre sono trattenuti presso il comando della polizia municipale di vi Acton, dove si è subito riunito un presidio di solidarietà che ne richiede il rilascio immediato.
Si sono visti invece arrivare agenti di polizia e carabinieri e si teme che si tenti di completare la procedura di arresto e trasferimento in carcere.
Alle lotte a alle richieste di lavoro si risponde non con impegni concreti e progetti di lavoro ma con la violenza, la repressione e gli arresti.
Questo non è accettabile!
Facciamo appello a tutti a mobilitarsi urgentemente e a unirsi alla protesta e richiedere il rilascio immediato dei fermati!

Disoccupati Organizzati
Slai cobas per il sindacato di classe- Taranto
Per ulteriori informazioni e comunicazioni urgenti:
3475301704 - slaicobasta@gmail.com 

Chiediamo lavoro, ci danno polizia...è questa la loro democrazia!


COMUNICATO URGENTE!

Questa mattina una delegazione dei Disoccupati Organizzati dello Slai Cobas per il sindacato di classe di Taranto ha presenziato il Consiglio Comunale, per rinnovare la richiesta di fissare la convocazione di un
Consiglio monotematico e di un tavolo istituzionale sull’emergenza lavoro, richieste che i disoccupati hanno avanzato fin dal 2 aprile scorso e per le quali avevano ricevuto ripetute promesse e rinvii ma
nessuna data certa.
Per di più, solo un paio di giorni fa lo stesso presidente del Consiglio, Bitetti, in un incontro aveva rassicurato e invitato i disoccupati a presenziare la riunione del Consiglio, dove gli sarebbe
stata finalmente comunicata la data. Invece stamattina, all’inizio della seduta, ai disoccupati è stato
bruscamente detto che l’argomento non sarebbe stato discusso né nessuna
risposta era dovuta. A questo punto i disoccupati hanno protestato vivacemente e per tutta
risposta sono stati immediatamente aggrediti e violentemente picchiati dalla polizia municipale.
Si sono viste scene come quelle della recente manifestazione di Roma del 12 aprile con agenti che picchiavano violentemente i manifestanti e li bloccavano a terra schiacciandogli la gola con un ginocchio.
Dopo la carica, tre di loro, Francesco Tagliente, Massimo Portacci, rappresentanti dei Disoccupati Organizzati., e Fiorella Masci, rappresentante del coordinamento provinciale dello Slai Cobas per il
sindacato di classe, sono stati portati vi di forza. Vani sono stati i tentativi di impedirlo da parte degli altri disoccupati presenti, che anzi hanno subito ulteriori spintoni e minacce. Al momento i tre sono trattenuti presso il comando della polizia municipale di via Acton, dove si è subito riunito un presidio di
solidarietà che ne richiede il rilascio immediato. Si sono visti invece arrivare agenti di polizia e carabinieri e si teme che si tenti di completare la procedura di arresto e trasferimento in carcere.
Alle lotte a alle richieste di lavoro si risponde non con impegni concreti e progetti di lavoro ma con la violenza, la repressione e gli arresti.
Questo non è accettabile!
Facciamo appello a tutti a mobilitarsi urgentemente e a unirsi alla protesta e richiedere il rilascio immediato dei fermati!
Disoccupati Organizzati  Slai cobas per il sindacato di classe- Taranto

Per ulteriori informazioni e comunicazioni urgenti: 3475301704 - slaicobasta@gmail.com