28/07/13

Dalle riflessioni a caldo sul lungo weekend NO TAV delle compagne del CAU di Napoli.

Dalle riflessioni a caldo sul lungo weekend NO TAV delle compagne del CAU di Napoli.

Riportiamo qui del testo soprattutto la parte. che si sofferma sull'episodio di aggressione e arresto da parte della polizia della compagna Marta, condito in questo caso da molestie e offese sessiste.

“Perché si accaniscono così tanto sul movimento NO TAV e su chi lo appoggia?

In Valsusa si gioca una partita che parte da un treno... e si spinge ben oltre. La lingua del movimento NO TAV parla a tutti quelli che si oppongono allo stato di cose presente e che con ogni mezzo necessario hanno intenzione di sovvertirlo, di abolirlo... Un avanzamento in Val Susa, contro il TAV, significa, potenzialmente, un avanzamento per tutti. Loro lo sanno, e per questo non cedono su un progetto dichiarato apertamente inutile.

Poi c’è l’altra faccia della medaglia: visto che la posta in gioco è abbastanza alta, hanno deciso di investirci e fare della Val Susa un laboratorio di repressione, una repressione che diventa, col passare del tempo, sempre più “normalizzata”...

E spesso nel teatro della sperimentazione-studiata a tavolino ci scappa, per così dire, anche la barbarie. Ci sembra d’obbligo soffermarsi sull’episodio raccontato e purtroppo vissuto da Marta, compagna arrivata da Pisa, inizialmente tra i 9 fermati e poi denunciata a piede libero. Una storia nella storia che nel suo sviluppo diventa sempre più tremenda: è sempre venerdì 19, e anche lei vive i fatti raccontati precedentemente, passeggiata-cariche-lacrimogeni-pestaggi-il fermo, fino a quando si aggiunge qualcos’ altro: en passant, la polizia decide anche di molestarla e rivolgerle insulti sessisti.

La tragedia diventa ancora più tragica e la barbarie più barbarica quando il Senatore Stefano Esposito sminuisce l’accaduto sostenendo non solo che le manganellate se l’è meritate, ma che ha inventato le molestie subite. Qualcuno, in buona fede, si è chiesto cosa c’entrasse questo con la violenza di genere. “Se Esposito avesse parlato di qualche altro ragazzo fermato non si sarebbe rivolto comunque così?” Pensiamo proprio di no. Episodi come questo dimostrano quanto le “questioni di genere” attraversino in profondità ogni attimo delle nostre vite e quanto il nostro dibattito sia, al netto di ciò, molto arretrato. Come raccontato da Marta durante la conferenza stampa, ai poliziotti non sono bastati i calci, i pugni, i candelotti di gas, il fatto di averla già portata nel cantiere in stato di fermo, perché c’era anche un ulteriore e più profondo modo per punire una donna, già impossibilitata a muoversi o reagire: “toccarla nelle parti intime e palparle il seno”, per farla sentire ancora più impotente nei confronti degli altri e di se stessa, magari per farla deridere da quelli che c’erano attorno, per far passare il messaggio “hai scelto tu di essere qui, ma ora sei nostra, sei nelle nostre mani e di te facciamo tutto quello che vogliamo noi”. E alla “poliziotta bionda” non è bastato tutto questo, perché probabilmente per la miseria umana che si ritrova dentro aveva bisogno di dimostrare la propria superiorità ed emancipazione chiamando Marta “puttana” e sputandole in faccia.

Perché se la donna è un’attivista NO TAV, se oltre ad essere moglie e madre diventa un soggetto attivo, critico della società, che scende in piazza a lottare per difendere i propri diritti, allora è una “disonorata”, va punita e le manganellate se le merita!

D’altronde Esposito è senatore di un partito che denuncia la violenza sulle donne con un’ipocrisia assolutamente dannosa: apre tavoli di confronto sull’argomento, organizza manifestazioni e dibattiti che vedono protagoniste donne che, in teoria, dovrebbero avere in comune solo la vagina (dalla Camusso alla Bongiorno; poi si capisce, in realtà, come in comune abbiano anche l’appartenenza, con contributi diversi, alla classe dominante e al suo sfruttamento), e al contempo giustifica e legittimare la violenza di genere con affermazioni come queste, o magari chiedendo più polizia e militari per le strade (e chi ci protegge, da loro?) continuando ad attaccare la 194 o non facendo nulla per farla rispettare, e tanto altro ancora.

L’ipocrisia e la strumentalizzazione del PD ci conferma ciò che sosteniamo da tempo, ossia che la violenza di genere (da quella sessuale, alla discriminazione, alla segregazione in casa e tanto altro) ha un’evidente funzione sociale: diventa uno strumento di punizione, di assoggettamento che serve a confinare, a isolare e a preservare un livello di subalternità cui è relegata la donna nella società, assolutamente funzionale agli interessi della classe dominante...”

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