30/04/11

le donne devono lavorare anche il 1° Maggio?

L'IMPOSIZIONE DI LAVORARE ANCHE IL 1° MAGGIO, TRATTANDOSI DI ESERCIZI COMMERCIALI, COLPISCE SOPRATTUTTO LE LAVORATRICI CHE SONO LA MAGGIORANZA IN QUESTO SETTORE. FACCIAMO FALLIRE QUESTO PROVVEDIMENTO CHE UNISCE DAI PADRONI AL PD; SCIOPERIAMO, NON ANDIAMO COMUNQUE A LAVORARE!

MFPR

Rigiriamo dal blog 'proletari comunisti'

"Che volessero mettere in discussione il 1° Maggio, come Festa dei Lavoratori, era da tempo che padroni, governo, partiti borghesi, economisti, giornalisti “a servizio permanente ed effettivo”, ci stavano lavorando.
Quest'anno hanno tentato di fare un primo passo pratico con la imposizione in alcune città, con sindaci del PD in testa, dell'apertura degli esercizi commerciali, e quindi del lavoro dei dipendenti.
Certo per i padroni c'è un problema di basso utilitarismo economico, nella crisi ogni incasso in più “fa brodo”; ma non è questo l'aspetto principale.
La questione è più strategica, è economica, nel senso dell'interesse generale capitalista, è politica; ha a che fare con la lotta di classe. Si vuole cancellare la festa “dei lavoratori”, “dei proletari”, di cui la questione più inaccettabile e da sopprimere è proprio la parola “lavoratori”.
Così come da tempo, da Sacconi a Ichino, a vari esponenti di partiti parlamentari, vogliono trasformare lo Statuto dei Lavoratori in “Statuto del Lavoro”; nello stesso modo vogliono far diventare il 1° Maggio “festa del lavoro”, ma nel senso effettivo di festa in cui si esalta il lavoro, “lavorando”..., fino a trasformare la 'festa dei lavoratori' in 'festa dei padroni'.
Certo, da tempo i sindacati confederali hanno reso il 1° Maggio una semplice giornata di vacanza dal lavoro, in poche città vengono fatte manifestazioni, ma, ma... questa festa del 1° Maggio finchè esiste, non solo parla di operai, "proletari", di classi mai sparite e quindi di lotta di classe, ma soprattutto allude, comunque, all'abolizione del lavoro salariato, ad una società senza sfruttati e sfruttatori, al potere dei lavoratori...
E, allora, è meglio eliminarla!"

la lotta delle ditte di pulizie a taranto: verso una nuova rivolta delle lavoratrici ?

Le lavoratrici e i lavoratori delle pulizie delle scuole statali sono scesi in lotta oggi a Taranto contro i tagli annunciati dalla Gelmini in materia scolastica.
L'iniziativa di lotta promossa dai sindacati confederali, ha visto la partecipazione anche di lavoratrici slai-cobas che si sono adoperate perche non ci fosse solo un presidio formale ma perché la lotta fosse più combattiva e incisiva. con un blocco stradale

Taranto è dentro una grande vertenza nazionale che tocca oltre 25.000 lavoratori e tra di essi tante lavoratrici che vedono il loro lavoro, già precario e sottopagato, messo ora definitivamente a rischio.
Le imprese hanno avviato le procedure di licenziamento dal 30 giugno, ditte che si vedono non pagate né rinnovato il contratto.
Dopo il 30 giugno saranno i dirigenti degli istituti a decidere se vogliono e soprattutto possono mantenere il servizio e garantire le pulizie.
Sappiamo quante difficoltà hanno gli istituti scolastici in materia finanziaria per capire che questo servizio sarà pesantemente tagliato in ore e organici e avremo scuole di serie A e scuole di serie B fatiscenti e non pulite.
In ogni caso i lavoratori delle pulizie in particolare nel sud e a Taranto, non possono accettare ulteriori tagli e disoccupazione.
Si tratta di lavoratrici e lavoratori già ora con un reddito basso garantito da ore di lavoro e ore di cassaintegrazione in deroga, reddito che non si può ulteriormente ridurre, né il lavoro si può perdere in città come Taranto devastate dalla disoccupazione.
I due mesi estivi saranno senza lavoro e senza retribuzione, a settembre vi dovrebbero essere gare provvisorie a 3 mesi e poi la Consip farà un piano di fattibilità.
Un quadro che non si può accettare e che bisogna respingere con la lotta unitaria e di massa.
Per questo lo slai cobas per il sindacato di classe di Taranto chiede un incontro urgente a tutte le istituzioni Prefetto, Regione, Provincia, Comune, alle istituzioni scolastiche, alle imprese per affrontare la vertenza e portarla a una soluzione di continuità di lavoro per tutte e tutti.
Nelle prossime settimane cercheremo di sviluppare forme di lotta dura, come fu negli anni scorsi con il blocco prolungato del ponte e una vera rivolta sociale.

Senza questa strada e questa linea i lavoratori non potranno fermare i piani della Gelmini.

slai cobas per il sindacato di classe
la responsabile del settore
fiorella masci

29/04/11

D ed F hanno vinto

Con sentenza di primo grado, Corrado Gabriele è stato condannato per le molestie reiterate inflitte alle figlie minorenni della moglie. Da circa sette anni di attesa D e F sono state liberate dallo stillicidio di un processo, durato tanto quanto è bastato alla rielezione del loro tormentatore al consiglio regionale della Campania.

Per D e F la condanna non varrà a cancellare il danno subito, ma fin da ora sarà piuttosto la conferma che le donne che le hanno seguite in questi anni, dalle avvocate Elena Coccia e Giorgia de Gennaro a quelle dell’UDI fino alle migliaia che da lontano non le hanno mai abbandonate al loro coraggio come unica risorsa, sono cambiate e non hanno più voglia di aspettare.

Lo stupore per “una condanna così pesante” (?), i commenti che segnano moti di sorpresa la notizia, non erano inaspettati.

Le donne che non hanno avuto voglia di aspettare e di arrendersi ai tempi lunghi del cambiamento culturale, hanno squarciato la monotonia di una classe dirigente Istituzionale e non, nominando il loro diritto a non subire violenza sessuata. Qualcosa è cambiato nella relazione tra donne e nella relazione delle donne con se stesse, resta immobile invece l’arroganza di usare il potere per garantirsi l’impunità da parte di uomini piccoli e inutili per il bene comune.

La sentenza di ieri, forse aprirà loro qualche dubbio, certamente conferma che l’attesa non si addice alla dignità femminile. Parlo dell’attesa imposta dai tempi della giustizia, dell’attesa che a volte le donne assumono come costume gradito e “politicamente corretto”.

D ed F non hanno aspettato eppure hanno dovuto aspettare, ma la determinazione continua a vincere.

Corrado Gabriele si è autospeso dalla sua carica: la sentenza prevede, oltre ai quattro anni di detenzione, cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Forse tra ricorsi in appello e magari oltre, ritroveremo questo signore in politica?

Dipende da quelle che sono cambiate e dalla forza che continueranno ad esprimere nel denunciare gli uomini nel potere che con improntitudine e arroganza affermano la cultura ancestrale dello stupro. Senza giustizialismo, chiedere giustizia è semplicemente un diritto.

per Udi di Napoli, Stefania Cantatore

Le morti di cui non si parla, quelle delle lavoratrici

Se le morti sul lavoro in genere trovano spazio in brevi trafiletti, a meno che non si tratti di tragedie quali quella della Thyssen, dell' Eureco in cui a morire sono diversi lavoratori. quelle delle lavoratrici spesso non trovano neanche quel piccolo spazio. Rigiriamo un breve articolo che parla della morte sul lavoro di Manuela Zecchina avvenuto ieri sera al salumificio Beretta, come parte della lotta contro l' (in)sicurezza delle lavoratrici, di cui poco si parla, appunto.

Dal Giorno-Lecco: le morti di cui non si parla, quelle delle lavoratrici
Schiacciata da macchinario: muore operaia di 46 anni

Incidente al salumificio Beretta, disposti accertamenti. Dalle prime ricostruzioni pare che la donna stesse ripulendo una delle apparecchiature utilizzate per la produzione e il confezionamento di affettati e insaccati

Barzanò (LC), 29 aprile 2011 - Una donna è morta schiacciata da un macchinario. L’infortunio sul lavoro si è verificato ieri sera a Barzanò, presso gli stabilimenti del salumificio Fratelli Beretta di via Giuseppe Garibaldi. La vittima della morte bianca è una donna di 46 anni di Renate, provincia di Monza e Brianza. Si chiamava Manuela Tatiana Zecchina. Dalle prime ricostruzioni dell’accaduto pare che stesse ripulendo una delle apparecchiature utilizzate per la produzione ed il confezionamento di affettati ed inscaccati, ma, per cause ancora da accertare, vi è rimasta intrappolata all’interno. Si tratterebbe di un’impastatrice per miscelare i trinciati. L’allarme è scattato intorno alle 21. Sul posto sono accorsi l’equipe medica del 118 di stanza al San Leopoldo Mandic, i volontari della Croce Rossa Italiana di Casatenovo e due squadre di vigili del fuoco, una del distaccamento di Merate l’altra di quello di Erba. Una volta liberata, il personale sanitario ha operato il possibile per salvarle la vita, mettendo in atto tutte le manovre rianimatorie del caso, ma alla fine non è rimasto altro che constatarne il decesso. A risultare fatali sarebbero state soprattutto le gravi lesioni alla testa. Della vicenda sono stati subito informati anche i carabinieri con una pattuglia di militari della stazione di Cremella. Sono stati mobilitati anche i funzionari del servizio antinfortunistica dell’Asl provinciale. Sulla vicenda il Pm di turno ha disposto l’apertura di un fascicolo d’
inchiesta per stabilire eventuali responsabilità ed omissioni per quanto riguarda i sistemi di sicurezza ed il rispetto delle norme per scongiurare tali episodi. L’impastatrice è stata posta sotto sequestro, mentre sulla salma della 46enne verrà probabilmente eseguita l’autopsia.

di Daniele De Salvo

precarie/i coop sociali in lotta: altro che vacanze di Pasqua!!!



Occupate a Palermo le sedi delle cooperative sociali “Sviluppo Solidale” e “Nido d’Argento” e successivamente la sede del giornale "La Repubblica"

Le precarie in maggioranza insieme ad alcuni precari delle cooperative sociali, assistenti igienico personale ai disabili nelle scuole, hanno occupato per alcune ore nel pomeriggio di ieri i locali delle cooperative “Sviluppo Solidale” e “Nido d’Argento”che hanno sede in via Mariano Stabile a Palermo, protestando fortemente contro il mancato pagamento degli stipendi dei mesi di marzo e aprile.Alla scadenza di ogni mese le cooperative e l'ente Provincia fanno a scarica barile reciprocamente circa il pagamanento degli stipendi ma i precari non ci stanno a subire sulla propria pelle i loro giochetti: azioni di forza quindi unite ad azioni legali per denunciare i mancati impegni rispetto al contratto nazionale che prevede il pagamento al massimo entro il 20 del mese.

Dopo avere costretto uno dei presidenti delle Coop a mettersi subito in contatto con la Provincia per sbloccare la situazione, le precarie e i precari si sono prima recati presso la sede del quotidiano la Repubblica occupandone i locali muniti di un grande striscione dove una giornalista cercando di calmare gli animi ha intervistato alcune delegate non solo sulla questione stipendi ma anche sulla questione più generale del futuro lavorativo a rischio da giugno per la fine dell'appalto, poi si sono spostati al Palazzo Comitini della Provincia dove hanno continuato la protesta all'ufficio economato tallonando i dirigenti che in fretta e furia hanno provveduto a sbloccare i mandati di pagamento per le Cooperative.

Le precarie e i precari sono rimasti a presidiare il palazzo fino a quando non sono venuti in possesso dei dati delle determine di pagamento.

Durante la tutta la protesta le precarie e i precari hanno espresso più volte la solidarietà ai lavoratori precari della Gesip, alle lavoratrici precarie della formazione professionale e agli operai di alcune ditte esterne dei Cantieri Navali che ieri per tutto il giorno hanno protestato a Palermo bloccando la città in diversi punti per il mancato rinnovo delle proroghe lavorative, i mancati pagamenti degli stipendi, e il rischio di licenziamento.

Precarie e precari Cooperative Sociali - Slai Cobas per il sindacato di classe Palermo

28/04/11

Taranto: lavoratrici delle pulizie bloccano la strada.

Le lavoratrici delle pulizie delle scuole statali di Taranto sono scesi in lotta oggi a Taranto contro i tagli annunciati dalla Gelmini in materia scolastica.
La presenza combattiva delle lavoratrici dello Slai cobas per il sindacato di classe, ha dopo un pò trasformato un presidio formale e inoffensivo organizzato dai sindacati confederali, in un prolungato blocco stradale sotto la Prefettura.
Alla testa vi era la lavoratrice, Fiorella, del mfpr che nei giorni scorsi ha avuto la vergognosa multa di 400 euro per i manifesti dell'8 marzo.

Questa lotta è dentro la grande vertenza nazionale che tocca oltre 25.000 lavoratori e tra di essi tantissime lavoratrici che vedono il loro lavoro, già precario e sottopagato, messo ora definitivamente a rischio.
Le imprese hanno avviato le procedure di licenziamento dal 30 giugno. Dopo questa data saranno i dirigenti degli istituti a decidere se vogliono e soprattutto possono mantenere il servizio e garantire le pulizie.
Sappiamo quante difficoltà hanno gli istituti scolastici in materia finanziaria per capire che questo servizio sarà pesantemente tagliato in ore e organici; e avremo scuole di serie A e scuole di serie B fatiscenti e non pulite.
In ogni caso le lavoratrici delle pulizie in particolare nel sud e a Taranto, non possono accettare ulteriori tagli e disoccupazione.
Si tratta di lavoratrici e lavoratori già ora con un reddito basso, garantito da ore di lavoro e ore di cassaintegrazione in deroga, reddito che non si può ulteriormente ridurre, nè il lavoro si può perdere in città come Taranto devastate dalla disoccupazione.
I due mesi estivi saranno senza lavoro e senza retribuzione, a settembre vi dovrebbero essere gare provvisorie a 3 mesi e poi la Consip farà un piano di fattibilità.
Per questo lo Slai cobas per il sindacato di classe di Taranto chiede un incontro urgente a tutte le istituzioni Prefetto, Regione, Provincia, Comune, alle istituzioni scolastiche, alle imprese per affrontare la vertenza e portarla a una soluzione di continuità di lavoro per tutte e tutti.
Nelle prossime settimane cercheremo di sviluppare forme di lotta dura, come fu negli anni scorsi con il blocco prolungato del ponte.
Senza questa strada e questa linea i lavoratori non potranno fermare i piani della Gelmini.

Slai cobas per il sindacato di classe
La responsabile del settore
Fiorella Masci
3339199075

27/04/11

400 euro di multa per l'8 marzo!

AD UNA LAVORATRICE PRECARIA di Taranto del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

L'Amministrazione comunale di Taranto che si spaccia di essere di "sinistra" ha inviato nei giorni scorsi un verbale di contestazione ad una lavoratrice precaria del Mfpr, con una multa di 400 euro che corrisponde a quanto guadagna in un mese di lavoro!
Ma la cosa più scandalosa è la motivazione di questa multa: perché "affiggeva più manifesti pubblicizzanti l'evento "assemblea sulla condizione della donna", fuori dagli spazi consentiti. Questo avveniva il 7 marzo per una iniziativa tenutasi l'8 marzo.

Questo avviene, tra l'altro, in una città in cui i muri sono pieni di manifesti, "fuori dagli spazi", pubblicitari, a volte offensivi verso la donna, di manifesti su eventi commerciali di ogni genere e tipo, e mai il Comune si è sognato di comminare multe o di toglierli.
Verso l'MFPR, invece, il Comune si è preso la briga di mandare i vigili, tra cui vigilesse, a seguire le compagne, a strappare i manifesti affissi e ora a contestare la multa.

Si tenta in questo modo di mettere dei bastoni tra le ruote ad una organizzazione delle donne che a Taranto svolge un'attività costante in particolare verso lavoratrici, precarie, disoccupate, su tutti i terreni.

Ma non sarà certo una multa che potrà minimamente fermarci!

E IN RISPOSTA METTEREMO QUESTO COMUNICATO SUI MURI DI TARANTO!

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario.
mfpr@libero.it - via Rintone, 22

Onore alle 5 guerrigliere turche

5 guerrigliere del TKP/ML-TIKKO hanno perso la vita a Dersim Turchia
Con tristezza e rabbia apprendiamo di questa perdita
la morte delle guerrigliere dovuta a una valanga che ha distrutto il campo della guerriglia

Le compagne morte sono
Sefagul Kesing: pseudonimo Eylem; nata a Erzurum nel 1977. Nel movimento guerrigliero dal 2007. Era la commissaria política della regióne di Dersim.
Nursen Aslan: pseudonimo, Emel; nata a Tokat(Mar Nero) en 1981. Nella lotta guerrigliera dal 1999. Era comandante nella regióne di Dersim.
Gulizar Ozkan: pseudonimo Ozlem;nata en 1967 a Dersim. Nella guerrilla dal 2005. E' stata una comandante del TIKKO.
Fatma Acar, pseudonimo Dilek; nata nel 1983 a Mersin. Dal 1966 nella guerriglia
Era una simpatizzante avanzata del TKP/ML e una comandante del TIKKO.
Derya Aras; pseudonimo, Sevda: nata nel 1979 en Erzincan nella guerrilla dal 2009. Era una simpatizzante avanzata del TKP/ML e combattente del TIKKO.

TKML e TIKKO dichiarano che si è trattato di una grande perdita a cui rispondere con più lotta "le nostre 5 compagne hanno lasciato la loro traccia nella storia, hanno fatto questo con un ruolo dirigente nella nostra guerra, insegnando alle donne oppresse la via della libertà. La loro vita come il loro martirio sono stati una ribellione all'oppressione millenaria della donna e questa ribellione illumina il cammino di chi prosegue questa lotta...per la rivoluzione e il socialismo..

Uniamo la nostra voce per rendere onore a queste compagne e alla frasi conclusive del messaggio dei compagni turchi

Viva l'Internazionalismo Proletario!
Viva la guerra popolare!
Viva il Marxismo-Leninismo-Maoísmo!

Addio capitano "Giuliana"

prima staffetta partigiana

Tolmina Guazzaloca si è spenta sabato a 94 anni. Teneva i collegamenti nella Resistenza fra Modena e Bologna. Quando scoppiò la guerra lavorava alla Ducati

di LUCA SANCINI

Il capitano Tolmina Guazzaloca se ne è andata nella notte di sabato a 94 anni. I gradi se li era conquistati tenendo i collegamenti nella Resistenza, tra i comandi e le brigate partigiane in città e tra Modena e Bologna. Iscritta al Pci dal 1930 era un'operaia della Ducati, quando fu chiamata alla delicata missione. "Pedalavo velocemente, forza Giuliana, mi dicevo, il futuro è una grande sfida".

Giuliana era il suo nome di battaglia. "Indossavo un vestito bianco a fiori celesti, con un grande collo bianco che mi copriva quasi la metà delle spalle", ha raccontato lei stessa nelle pagine di E mi chiamai Giuliana, un libro testimonianza su quei mesi. Cambiava ogni giorno il vestito e la pettinatura spesso, quella ragazza elegante che s'era abituata a chiamarsi anche quando parlava tra sé e sé, con un nome diverso dal suo, Giuliana e non più Tolmina. Sempre diverso l'aspetto, sempre terribile la fine, nel caso fosse stata scoperta. Di quella vita vissuta come un'altra persona, Tolmina non raccontava gli eroismi e le imprese (che pur vi furono) ma indulgeva piuttosto sul lavoro che andava fatto, come una missione da militare. Lei poi arrivava da una lunga militanza antifascista, nativa di Anzola, iscritta al Pci, aveva giù subito un licenziamento per aver raccolto denaro tra gli operai per stampare riviste clandestine.

E prezioso fu il contributo suo e delle altre donne, che tenevano i collegamenti tra i comandi e le brigate. Una storia che si è, lungo gli anni, riempita di aneddotica sulle fughe, sui posti di blocco elusi, sugli appuntamenti agli angoli di una strada in una Bologna dove da un momento all'altro l'alt urlato delle brigate nere poteva arrivare alle spalle, già suonando preannunci di supplizi terribili.

"Conosco ogni via di questa città e da ogni strada ne potrei ricavare dei segni, dei ricordi di quei mesi", diceva Tolmina in una intervista di alcuni anni fa a Radio Città del Capo. Nel 2003 si batté perché Bologna ricordasse una sua amica e compagna di lotta Adalgisa Gallerani, nome di battaglia Tosca, alla quale grazie a lei è ora dedicato un cippo.
I funerali di Giuliana si terranno oggi alle 15 alla Barca.

12/04/11

Report Assemlea donne fiom

Una rappresentanza di lavoratrici del MFPR, da Milano e da L'Aquila, ha partecipato all'assemblea nazionale delle donne Fiom.
Questa partecipazione è stata utile e positiva. Abbiamo potuto fare un banchetto dentro la sala dell'assemblea e il materiale su sciopero delle donne, opuscoli sui temi delle lavoratrici che abbiamo portato è andato a ruba. Abbiamo potuto stabilire molti contatti.
Il messaggio/mozione sullo sciopero delle donne lo abbiamo volantinato ma non abbiamo potuto leggerlo in assemblea, all'inizio un po' ingessata ma poi piena di interventi di delegate.
Sono emerse molte contraddizioni, e di genere all'interno del sindacato (e questo è buono) e in merito a diversi punti del contratto "da riconquistare", come la questione degli asili aziendali e del part-time.

Riportiamo un primo resoconto sintetico dei principali interventi. Ne faremo uno più completo appena avremo trascritto la registrazione fatta in assemblea.
Linkiamo tuttavia in questo primo report gli audio degli interventi da noi registrati, per dar modo a tutte di avere, sin da ora, una visione più completa del dibattito, scusandoci per la cattiva qualità dell’audio e per la parzialità della registrazione.

NB: per salvare gli audio in mp3 sul proprio pc, tenere premuto il pulsante destro del mouse sul link e scegliere “salva destinazione con nome…”


Con la partecipazione di 70-80 delegate e funzionarie si è tenuta l'assemblea nazionale donne fiom.
L'assemblea è stata aperta dall'intervento di Amina, una sindacalista tunisina che fa parte di una delegazione attualmente in Italia e che ha parlato delle lotte che hanno sviluppato e delle condizioni delle donne tunisine. Ha fatto riferimento agli immigrati giunti in questi mesi in Italia, alla campagna politica e le condizioni in cui vengono tenuti.

LA LUNGA ED ARTICOLATA INTRODUZIONE, PREPARATA DA BARBARA PETTINE E ALESSANDRA MECOZZI, si è aperta partendo dal fatto che l'Italia è in guerra; doppia guerra in Africa con i bombardamenti, ma anche sul nostro territorio, con appello a mobilitarsi e ad adoperarsi per l'assistenza ai migranti; ha espresso dolore e rabbia, con negli occhi l'immagine di corpi di donne e bambini, per l'ultima di una lunga serie di stragi in mare. Fare appello alle donne che si sono mobilitate il 13/2 e l'8/3 per mobilitarsi per le condizioni straordinarie di chi fugge dalle guerre
Nello sciopero generale, che ha chiesto sia esteso a 8 ore per tutte le categorie, vengano portate le parole d'ordine: accoglienza per gli immigrati, permesso temporaneo, contro i respingimenti, nessuna distinzione tra profughi e clandestini.
Sul fronte dell'occupazione femminile ha denunciato come si sono persi migliaia di posti di lavoro: da un lato per gli effetti della crisi, dall'altro per le politiche di conciliazione. Il ricorso ai voucher, che rappresenta il ricorso a una forma estrema di precariato, l'esempio di Brescia in cui è stato annullata l'erogazione del bonus bebè dopo il riconoscimento all'accesso anche per gli immigrati, sono alcuni esempi di politiche in tal senso.
Il divario salariale a sfavore delle donne nel settore metalmeccanico va oltre il 20% , come emerso nella conferenza della Cgil sull'occupazione delle donne.
Nello sciopero generale portare l'obiettivo di raggiungere il 50% di occupazione femminile al 50% a tempo indeterminato (qui è stato posto l'accento critico all'intesa sulla conciliazione degli orari tra lavoro e famiglia); stabilizzazione dei contratti precari.
Nell'ambito della battaglia per la riconquista del contratto nazionale, la battaglia sull'organizzazione del lavoro e orario; contratti di solidarietà espansivi per far fronte alle crisi aziendali; quota minima di assunzioni al meridione (10% occupazione femminile), come strumenti di correzione. Mappatura dei rischi sulla salute sessuale e riproduttiva delle donne e degli uomini a partire dagli orari di lavoro, dal lavoro notturno, dal lavoro a turni.
Rete Rls di compagne, alla recente assemblea nazionale degli Rls di Ancona pochissime erano le donne, che con il contributo di medici si occupano di questo. Ottenere ore di assemblea retribuita in più per affrontare queste discussioni.
Aumento di copertura di congedi parentali.
Entro l'estate arrivare ad un'assemblea di delegate su occupazione, welfare, diritti, aperta alle studentesse, alle precarie.

DELEGATA DELLA CISA DI FAENZA
: ha portato un appello delle operaie Omsa per un fronte femminile contro la falcidia dei posti di lavoro, e la necessità di sviluppare solidarietà di classe e di genere.

DELEGATA EUTELIA IBM ROMA SUD: ha sottolineato come l'attacco sia molto complicato. Sempre meno parità nei luoghi di lavoro. Più difficile denunciare le molestie sessuali per il clima generale. Ha riportato l'esperienza personale di “attenzioni” da parte di un delegato sindacale, e ha denunciato che queste cose avvengono anche all'interno del sindacato e anche su questo bisogna fare qualcosa. Inoltre, quando ha informato le Rsu dell'azienda in cui opera il delegato, per prima la rsu donna si è detta incredula.

DELEGATA DELL AST-AZIENDA DI MICROELETTRONICA DI CATANIA: ha sottolineato che, se in generale il quadro per le donne non è positivo, per le donne del sud è ancora peggio.
All'Ast si è presentato il grosso problema delle operaie in stato di gravidanza che, al rientro dalla maternità diventano “figlie di nessuno”. Inoltre, ha raccontato che, per le condizioni di lavoro di insalubrità, per il fatto che lavorano in camere pressurizzate, in presenza di sostanze quali acidi, varie operaie devono essere spostate; ma il grande ricorso a questa forma di tutela della salute crea un problema.
Ha denunciato come al Sud, dove mancano le politiche sociali, le strutture, il ricorso al congedo parentale automaticamente si considera assenteismo, e comunque incide su diverse voci salariali. Si chiede l'estensione anche nel privato del diritto di fruire di periodi equivalenti a quelli del PI per la malattia dei figli piccoli, e data la particolarità della presenza di nuclei familiari in questa azienda, è stato chiesto all'azienda l'astensione di uno dei coniugi dai turni notturni fino ai 5 anni del figlio - richiesta respinta a Catania, ma riconosciuta negli stabilimenti al Nord.

DELEGATA DEL VENETO: sul giudizio negativo sull'avviso comune non d'accordo, perchè rispetto alla proposta Sacconi è “meglio”. Sull'orario di lavoro le donne chiedono una possibilità più “conciliante” con i problemi familiari, ad esempio riduzione della durata delle pause per uscire prima. Congedi parentali, politiche di conciliazione anche per gli uomini.

STEFANIA FANTAUZZI - FIAT TERMOLI (lettera al giornale): racconta la sua storia di madre con 3 figli e le difficoltà di conciliare lavoro e lavoro di cura, della costruzione del Coordinamento Donne di Termoli e del tentativo della Fiat di disgregare il gruppo per spingere a soluzioni “individuali” dei problemi, creando intorno alla sua denuncia denigrazione, isolamento e desolidarizzazione. Molte operaie che si erano avvicinate al coordinamento e che avevano denunciato la svolta autoritaria della Fiat si sono rimangiate tutto e hanno cominciato a negare di averlo mai fatto. Per loro, dopo quella lettera al giornale, alla Fiat di Termoli andava tutto bene.

M. COSSUTTA, MEDICO (GIÀ CONSIGLIERA PER IL MINISTERO DELLA TURCO): ha denunciato che non molto è stato fatto sulle conseguenze dell'organizzazione del lavoro, dei turni. Gli unici studi sono stati fatti negli anni '70. Richiesta alle istituzioni di farsi carico della salute nei luoghi di lavoro.
Proposta: gruppo di lavoro di donne, disponibilità da parte di tante a mettere a disposizione le proprie competenze specifiche.
Perchè sono proprio le operaie a non parlare di questi rischi? Aborti, menopausa precoce, infertilità, questioni legate a salute sessuale e riproduttiva...

DELEGATA FIAT AVELLINO
: uno stabilimento arretrato rispetto alla lotta di classe, dove quello che si è ottenuto lo si è ottenuto grazie alle lotte a Melfi, Pomigliano, Termoli. Alla Fiat di Avellino vi sono 100 donne in catena di montaggio. Pressioni da parte di un compagno a livello di “competitività”

Le donne cercano forme di pragmatismo, l'uomo si restringe nelle vedute.
Ha detto di sentire un senso di sconfitta nel non trovare altre donne di Avellino. Il Coordinamento donne non ha portato a risultati concreti.

ELIANA COMO, FUNZIONARIA BERGAMO: dai dati dell'inchiesta tra le operaie emerge che già prima del piano Marchionne tra le donne il 20% soffriva di insonnia.
Come donne, ha detto, dobbiamo mettere un “pezzo” in più perchè le condizioni non sono uguali per tutti.
A Bergamo si comincia a riassumere gli interinali. Accordo raggiunto recentemente sul salario d'ingresso nell'azienda che produce macchinette per il caffè con circa 1200 operai, a maggioranza donne; per farlo passare l'azienda ha fatto pressioni sugli interinali, ha anche volantinato. La Fiom non ha firmato. La precarietà prima della crisi era solo femminile adesso è comune anche tra gli uomini.
Poi ha denunciato la situazione nel sindacato. La struttura di Bergamo non avrebbe autorizzato la mia partecipazione oggi se non dietro intervento del segretario regionale, mi sono pagata il biglietto. Sono stata mandata a Bergamo senza formazione, catapultata in una realtà che non conoscevo, e questo è sbagliato. Serve un po' più di solidarietà tra funzionarie.

LUCIA SEGRETARIA ROMA SUD: fa riferimento alla recente assemblea Rls. Maschilismo all'interno della Cgil, paura di passare da vittima a imputate.
Questa assemblea deve essere base di lancio per un progetto per rendere duraturo questo momento. Non si può fare un'assemblea di delegate all'anno e poi il vuoto. Analisi interna.
Riunioni di donne del comitato centrale

PAOLA CNH MODENA: aborti spontanei, turni-orari; donne oltre i 60 fanno ancora lavori pesanti; vi sono molti contratti part time. Richieste: licenza per parto della moglie, giorni per malattia figli, problema dei nidi...

LAURA SPEZIA: siamo in tante. Si sono posti molti temi: congedo parentale, turni, orari...
Non è possibile qui definire la piattaforma; dobbiamo portare una lettura dal nostro punto di vista sui punti del contratto. In tempi di crisi le donne sono più penalizzate.
Facciamo una mappatura dei rischi di genere.

GIULIANA FIOM BOLOGNA: parlare di com'è questa organizzazione che limita le nostre capacità.
Punti qualificanti del contratto che facciano sentire alle metalmeccaniche che è il loro contratto. La L.53 non è per permessi per madri ma per riprendersi tempi di vita.
Nel contratto nazionale ci sono alcune questioni che si prestano ad interpretazione; ad es. sulla maternità anticipata il riconoscimento del pagamento al 100%, è una parte ambigua del contratto Trattamento malattie brevi: colpisce più le donne che gli uomini (dolori mestruali, mal di testa etc) Part time a turni: tema spinoso, contrattato con l'azienda si lavora di più, utilizzato dalla donne ha lo scopo di conciliare.
Nidi aziendali: bisogna fare una battaglia per gli asili pubblici, se mai l'azienda versi i contributi per investire in strutture, ma non per il nido aziendale

Seguono interventi di Stefania Giulietti (fiom Varese), Anna Madera (fiom Roma nord), Nina Leone (operaia Mirafiori), Federica Trapletti (Brescia), Giorgia (cgil RE), Barbara Tibaldi (Torino), Elena, Giovanna (dalla Sicilia), che denuncia la carenza di asili nido pubblici ed esprime pertanto parere positivo verso quelli aziendali. La disoccupazione femminile al sud è elevatissima e stabilire delle quote per il lavoro delle donne potrebbe aiutare.
Ancora interventi e commenti su come controllare che le quote di assunzione per le donne vengano rispettate senza disporre di un collocamento pubblico, sul problema della formazione (Enrica di Modena), sugli asili aziendali, sugli orari di lavoro e sul part-time, nonché sulle contraddizioni di genere emerse nella cgil e nella fiom e denunciate da Eliana Como, organizzazioni vissute da gran parte delle partecipanti al dibattito come organizzazioni nella pratica maschili e verticali.

BARBARA PETTINE: Sull'avviso comune governo-OOSS il metodo ha la stessa rilevanza del merito. Questioni che ci riguardano direttamente, affrontate senza consultare le categorie. Modello autoritario, maschile che dobbiamo scardinare.
Nel merito, poi, nel protocollo e avviso comune si assumono cose mai assunte dalla Cgil:
  • donna non come soggetto, ma come ruolo nella famiglia
  • lavori a tempo determinato
  • flessibilità
  • il ricorso ai voucher
Alla lettura del documento finale sono seguiti altri interventi e commenti che abbiamo registrato solo in parte e che ponevano l’accento soprattutto sul fatto che in quel documento non si dava spazio alla critica, espressa da molti interventi, sul carattere autoritario, verticistico e maschile delle organizzazioni sindacali e in particolar modo della cgil

9.4.2011

11/04/11

Fango mediatico sulla compagna arrestata

Volentieri pubblichiamo questo comunicato firmato da alcune compagne del varesotto.
La solidarietà del movimento femminista proletario rivoluzionario

Per chi volesse leggere tutti i comunicati di solidarietà alle compagne e ai compagni prese/i di mira da questa ondata repressiva, rimandiamo al sito informa-azione che li sta raccogliendo.

A PROPOSITO D’AMORE D’ANARCHIA E DI FANGO MEDIATICO Vorremmo fare alcune considerazioni sulle affermazioni intrise di livore forcaiolo del giornalista Valerio Baroncini nel suo articolo “Storie d’amore e d’anarchia sotto la regia di una psicanalista” pubblicato sul Resto del Carlino del 7 aprile 2011. Nell’articolo vengono riportate le parole del g.i.p. che afferma che Stefania è “estremamente attiva, promotrice e organizzatrice di numerose iniziative di contestazione”, come se ciò dovesse giustificare il suo arresto. Per noi, invece, tutte e tutti dovremmo muoverci e organizzarci per contestare l’attuale sistema politico ed economico caratterizzato da respingimenti, affondamenti e lager per immigrati, guerre, sfruttamento, catastrofi nucleari, devastazioni ambientali e quant’altro rende la nostra esistenza invivibile, il tutto in nome
del profitto. Chi si oppone e cerca di contrastare questo orrore con coerenza e generosità diventa, per il meschino Baroncini, oggetto di denigrazione e di scherno: definisce Stefania una Zdàura-matriarca e la paragona ad un animale col pedigree; i normali rapporti di amicizia, di affetto, di amore che intercorrono tra gli individui diventano anch’essi emblema di strane tresche e relazioni, i compagni più giovani sono gli “amichetti” o i “bambini” manipolabili o influenzabili da una regia; le sedi e i luoghi di incontro, confronto e iniziative pubbliche diventano “covi”. Forse Baroncini non sa, o fa finta di non sapere, che ci sono individui che vivono rifiutando ruoli e gerarchie, senza essere né capi né gregari, che condividono con gli altri le proprie esperienze e conoscenze per contribuire all’arricchimento di tutti, al di fuori da qualsiasi logica di potere. Il fatto poi che sia una donna la figura da demolire permette all’esimio furfante di accanirsi magg
iormente facendo largo uso dei più beceri luoghi comuni e giudizi sulle donne, soprattutto su quelle che si ribellano e che sono ben lontane dalle etichette che si tenta di cucir loro addosso. Esprimiamo la nostra solidarietà e complicità come donne a Stefania e alle altre compagne e compagni che subiscono attualmente questo attacco repressivo e mediatico. Li rivogliamo subito tra noi, attivi come sempre nella critica radicale dell’esistente.
Alcune compagne del varesotto

10/04/11

Dal campo di Manduria 9 aprile


Sembra in alcuni momenti che le parti si siano invertite, ora sono gli immigrati ad “accogliere” gli italiani. Ieri fuori dal campo, nei prati antistanti dove ormai stanno gli immigrati che non si fanno 4 o 6 chilometri per andare ad Oria o al paese di Manduria, noi, la delegazione dello Slai cobas per il sindacato di classe e di Proletari comunisti, come altri compagni, siamo stati accolti con gioia, abbracci, calorose strette di mano; ed erano loro che ci offrivano l'acqua, i mandarini, ecc.

Ieri alle 15 era indetta una manifestazione antirazzista a livello regionale. La polizia, nonostante il divieto di manifestare fatto dal prefetto di Taranto, ha fatto un blocco soft soprattutto verso le macchine; un tentativo di indurirlo verso realtà che provenivano dal brindisino è stato subito sventato dalla protesta dei compagni.
Appena arrivati gli immigrati ci hanno aiutato a fare gli striscioni, poi appesi sul muretto di cinta del campo, insieme a una strisciata di foto della rivolta di sabato 2 aprile – molto apprezzata dagli immigrati – e all'unica bandiera rossa di tutta la manifestazione, quella dello slai cobas.
Negli striscioni e nel mini volantino, entrambi in francese, erano sintetizzate, insieme alla ripresa degli obiettivi (permesso di soggiorno per tutti – niente espulsioni, niente detenzione – libertà di circolazione), le parole d'ordine di questa fase:
“La lutte a commencé à gagner, mais nous devons continuer pou les papier ed les drois a vivre ed travailler” - “Liberté! Unitè travailleurs immigrès / travailleurs italiens”.

Come nei giorni precedenti abbiamo continuato a parlare con loro, a discutere sulla fase attuale – ancora di “attenta attesa” visti i vari ostacoli, politici e pratici che l'accordo e la risposta degli Stati europei pongono – sulla nostra attività, sulla realtà del governo Berlusconi (verso cui, chiaramente ora, a un primo giudizio la valutazione non è negativa, ma poi l'opinione cambia subito soprattutto quando si parla dell'amicizia/legame Berlusconi-Ben Alì, Mubarak, ecc. e degli attacchi fascisti ai diritti dei lavoratori italiani), e ancora sulla rivolta in Tunisia, ecc.

La discussione sulla rivolta contro Ben Alì e sulla situazione attuale in Tunisia è stata la più interessante. Un tunisino che parla bene l'italiano, riconosciuto dalla maggiorparte del campo come portavoce degli immigrati – dato che lui è arrivato con il primo gruppo, conosce, appunto, la nostra lingua per i rapporti con autorità del campo, interviste, ecc, e soprattutto si prodiga verso gli altri a dare informazioni, a raccogliere esigenze, ecc. - ci ha raccontato di episodi della tremenda repressione in Tunisia del governo di Ben Alì, delle torture nelle carceri, verso anche democratici, giovani intellettuali; uno, poco prima della rivolta, è stato spinto al suicidio.
Molti dei giovani che stanno ora a Manduria hanno partecipato alla rivolta. A questo punto, noi abbiamo chiesto del perchè, dopo la rivolta, hanno preferito lasciare la Tunisia e non sono rimasti a continuare la lotta. Lui ha detto che sì sarebbe stato giusto restare, ma che la situazione dopo la rivolta non è cambiata per quanto riguarda il lavoro, la difficoltà di vivere: “quando c'è una rivoluzione ci vuole un po' di tempo...”. Ora – ha continuato – a luglio ci sono le elezioni, prima vi era un solo partito, ora ce ne sono ben 49 che si mettono l'uno contro l'altro. Tutti parlano della rivolta, ma tutti si sono dimenticati che è il popolo tunisino che ha fatto la rivoluzione. “Ma noi non siamo stupidi!” ha concluso.

La realtà del campo di Manduria continua ad essere diversa. Gli immigrati esprimono una coscienza politica e sociale, una visione e risoluzione collettiva nella attuale situazione, la necessità della lotta collettiva – da riprendere se necessaria. Non si sentono posizioni qualunquiste, o inutilmente individualiste. Anche singoli episodi di atteggiamenti sbagliati con le popolazioni locali (ma stiamo parlano di 2 immigrati, che invece la stampa amplifica in maniera assurda e anche falsa), vengono condannati e bloccati dagli stessi tunisini.
Chiaramente sabato 2 aprile è stato il punto importante di svolta. E l'intreccio tra “scintilla esterna” la presenza dello slai cobas, di un'area di compagni antirazzisti e lotta interna continua a produrre una situazione che fa di Manduria un esempio diverso e positivo.
E' la rivolta collettiva di sabato scorso e questo intreccio che soprattutto hanno permesso di trasformare da un giorno all'altro la situazione. Così come di sbaragliare i fascisti e chi faceva le ronde (benchè ieri si sono visti ad un certo punto due che facevano nei giorni scorsi le ronde passare con la moto, avvicinarsi alla polizia e chiedere, in tono complice, se serviva una mano...). Un fascistello anziano che continua pervicacemente a stare davanti al campo, in maniera assolutamente indolore, ieri appena ha tentato di uscire un cartello è stato cacciato a malo modo da una nostra compagna e ha fatto una rapida ritirata.

Anche ieri la polizia/Digos non calava un attimo l'attenzione arrivando a fotografarci per il solo fatto che parlavano con gruppi di immigrati.

Infine, la manifestazione di ieri. Organizzata da realtà della regione antirazziste, dal cobas confederazione, ecc., è durata poco tempo, un presidio davanti al campo con pochi interventi – la cosa più positiva è proprio il fatto che c'è stata, che si è ribadito il legame area di sinistra/immigrati e che ha rotto il tentativo di divieto di prefetto e questore. Ma l'impostazione generale è stata prevalentemente solidaristica. Questo ha fatto sì che l'unico striscione portato era un grandissimo telone nero (senza nulla sopra) a simboleggiare il lutto per i circa 300 immigrati morti in mare. Giusta la denuncia, ma non in sintonia con il clima del campo che è più volto a sottolineare la lotta.

Il resto del pomeriggio e della serata è stato di discussioni con gli immigrati, ma anche di musica, balli.

Dalle compagne del Mfpr presenti ieri

marghera: lavoratrici contro le uccisioni di donne immigrate


Oggi, sabato, a Marghera mercato, volantinaggio delle Lavoratrici -immigrate e non- di Slai Cobas per il sindacato di classe contro l'assassinio di Faith a Marghera.

MARGHERA. E' morta ieri notte all'ospedale di Mestre, dov'era ricoverata in coma da tre giorni, la giovane prostituta nigeriana trovata priva di sensi sul ciglio di una strada a Marghera, poco dopo la mezzanotte di sabato.
Originaria di Benin City, aveva 23 anni. L'ipotesi è di omicidio: il corpo non presentava segni evidenti di lesioni o ferite ma gli investigatori sono convinti che la donna sia rimasta vittima di un'aggressione che le avrebbe provocato il vasto edema cerebrale che ne ha causato la morte.
La donna è stata trovata priva di sensi da una famiglia che faceva ritorno a casa. Non aveva documenti nella borsetta, ma solo pochi euro... Non è escluso che possa essere stata vittima dell'aggressione di un cliente.
Nel 2002 si era verificato un caso simile a Marghera, rimasto irrisolto: una prostituta di colore era stata seviziata con una bottiglia di coca cola.

Riportiamo dal volantino diffuso dalle lavoratrici Slai cobas per il sindacato di classe di Marghera

"... NOI SIAMO LAVORATRICI E DIVERSE DI NOI SONO DISOCCUPATE, molte di noi
sono immigrate e anche della stessa nazionalità di "Faith". Come in moltissimi altri casi, l'Unità un paio di mesi fa riportava oltre 200 i casi di donne nigeriane uccise in Italia, a morire è stata una donna NIGERIANA.
La NIGERIA ha più di 100 milioni di abitanti, forse 130 milioni oggi, e quello che sta avvenendo è un genocidio pianificato dalle multinazionali petrolifere, anche italiane, che hanno distrutto il sistema di vita tribale precedente per estrarre petrolio, e che in questo modo hanno portato decine di milioni di persone a vivere nelle megalopoli, nelle metropoli, in città-inferno dove l'unica cosa che conta sono i soldi, e dove esistono disparità sociali immense, dove mancano del tutto i servizi sociali, dove per andare a scuola occorre pagare.

Per questo moltissime giovani donne vengono spedite in Europa dietro la promessa di un facile lavoro e di una introduzione sociale, che spesso si conclude con la morte. Infatti, una volta scese dagli aeroporti, i loro sfruttatori le privano del passaporto, e le costringono alla prostituzione finché non arrivano a pagare una certa "cifra" di riscatto, senza la quale se fuggono o si rifiutano di prostituirsi, rischiano di essere uccise.

Queste cose la Polizia le sa, le sanno tutti, e però nessuno pone un rimedio a questa situazione. Solo di tanto in tanto, anziché portare nei CIE le prostitute rese così "clandestine", gli organi inquirenti arrivano ai "centri" dello sfruttamento. Anche questo, è il prodotto della legge Bossi-Fini. In Italia, non arriva dalla Nigeria solo un mare di immigrazione e di donne sfruttate,
arriva anche il petrolio. E' questo lo "scambio" che i potenti fanno. Vite umane contro soldi...

... Chiediamo che l'AMBASCIATA DELLA NIGERIA così come le altre ambasciate, inizi a rilasciare passaporti gratuiti a quelle donne nigeriane che denunciano di averlo smarrito, poiché va detto che i loro passaporti (loro arrivano regolarmente in Europa), una volta che arrivano in Italia, vengono distrutti dai loro sfruttatori.

COME LAVORATRICI E DISOCCUPATE, COME DONNE, CHIEDIAMO A TUTTE LE DONNE DI AVVIARE UNA LOTTA SENZA QUARTIERE CONTRO LO SFRUTTAMENTO SESSUALE E CHI LO PROTEGGE....

Lavoratrici e Disoccupate di SLAI Cobas per il sindacato di classe - Marghera

Dalla Stampa l'iniziativa delle lavoratrici a Marghera

09/04/11

La repressione avanza se noi ci autoreprimiamo

Solidarietà dal campo immigrati di Manduria

le lavoratrici, disoccupate del MFPR Taranto

http://noinonsiamocomplici.noblogs.org/

Nella notte fra il 5 e il 6 aprile, mentre nel Mediterraneo avveniva
l’ennesima strage di donne, uomini e bambini affogati a causa delle
leggi razziali della Fortezza Europa, le solerti forze
dell’ordine&disciplina si presentavano, in diverse città, nelle case di
una sessantina di compagni/e con un mandato di perquisizione.

Un’operazione in grande stile mediatico che ha portato in carcere
alcuni compagni/e a Bologna e Ferrara, propinando ad altri/e misure
restrittive in base ad accuse che puzzano di montatura lontano un miglio
– e che come tali cadranno, ma non prima di aver fatto fare loro
gratuitamente alcune settimane, se non mesi, di galera, come sempre.

Quello che i giornali non dicono – e non diranno mai – è che le
compagne e i compagni inquisiti e arrestati da anni denunciano la
violenza di luoghi come i Cie – campi di concentramento per migranti – e
le violenze perpetrate al loro interno, dalle violenze sessuali nei
confronti delle donne migranti agli abusi e alle umiliazioni nei
confronti degli uomini.


Il loro impegno è teso a smascherare le connivenze tra imprese italiane
come l’Eni, Finmeccanica ecc., con regimi dittatoriali (come Libia e
Nigeria) e le loro responsabilità nella devastazione ambientale e nello
sfruttamento delle popolazioni colonizzate.

E’ chiaro che quello che dà fastidio al potere sono i contenuti su cui
si dibatte e si lotta: denunciare le violenze di questo sistema che non
lascia scampo a chi non gli è asservito/a né funzionale, invitare a
pensare in maniera critica e auspicare una possibile ribellione alla
guerra e alla violenza dello Stato in cui viviamo. Sono questi i veri
capi di imputazione, è questo ciò che fa paura ai veri violenti e
mafiosi che detengono il potere!

Noi ci sentiamo solidali con chi ha lottato insieme a noi, con chi con
noi ha denunciato le violenze dei e nei Cie e le politiche
colonizzatrici dello Stato italiano, del suo esercito e delle sue
imprese.

Vogliamo ricordare il sostegno concreto che proprio l’area anarchica ha
dato alla lotta femminista contro i Cie, senza alcun settarismo e nel
rispetto delle differenze.

E’ arrivato il momento di mettere da parte la paura della repressione
ed essere tutte/i solidali con compagne/i che non si sono fatte/i
intimorire o fermare da queste logiche repressive. La repressione avanza
se noi ci autoreprimiamo e veniamo meno nel riconoscimento reciproco e
nella solidarietà.

Terrorista, per noi, è chi sfrutta, imprigiona, stupra, tortura,
bombarda.

Per questo invitiamo tutte e tutti a partecipare alla settimana di
iniziative in solidarietà con le compagne e i compagni del Centro di
documentazione Fuoriluogo arrestati.

* Domenica 10 aprile: h. 15, presidio sotto al carcere della Dozza
(Bologna); h. 19, presidio sotto al carcere di Ferrara – in solidarietà
con le/gli arrestati e contro tutte le gabbie

* Martedì 12 aprile:
h. 13, pranzo sociale davanti alla mensa
universitaria – contro i lager di stato e tutti i loro complici

* Giovedì 14 aprile:
h. 18, in piazza dell’Unità a Bologna – assemblea
pubblica per il corteo di sabato 16/4

* Sabato 16 aprile h. 15, piazza XX Settembre (Bologna) corteo contro
la guerra d’occupazione in Libia e al fianco degli insorti in
Nordafrica; contro la guerra interna fatta di proibizioni e repressione;
contro i lager di Stato e al fianco di chi si ribella dentro e fuori;
contro tutte le gabbie e in solidarietà alle compagne e ai compagni
arrestati e a tutti i/le reclusi

Noinonsiamocomplici

spazi chiusi? menti aperte e solidali

Contro la chiusura di spazi di vivibilità per donne e lesbiche

La solidarietà è un’arma


In questi primi mesi dell’anno le brutte notizie si sono accumulate per ciò che riguarda i pochi spazi che frequentiamo come donne, femministe e lesbiche da anni impegnate nella lotta contro la violenza maschile.


Prima lo sfratto dell’Iqbal, un circolo Arci “anomalo”, perché ci ha accolte con rispetto delle nostre pratiche per anni, e lo scambio è stato così proficuo che con le compagne del collettivo Iqbal abbiamo organizzato varie iniziative per donne e lesbiche di supporto alla lotta contro i CIE e le violenze alle donne perpetrate dai cosiddetti tutori dell’ordine e della sicurezza di questi lager.


Poi Atlantide , dove abbiamo condiviso anni di denuncia contro la violenza maschile con il coordinamento di gruppi femministi e lesbici “Quelle che non ci stanno”. Uno spazio rimasto forse l’unico negli ultimi anni a Bologna, luogo di socialità e autodeterminazione per femministe e lesbiche, senza l’intrusione del genere maschile.


Infine, l’ultima stangata del 6 aprile, 5 arresti e la chiusura di Fuoriluogo, un altro spazio importante a Bologna, uno spazio di scambio e confronto per portare avanti varie lotte : contro i Cie, il nucleare, la guerra in Libia, per parlare delle ultime cose.

Compagne e compagni che abbiamo avuto a fianco nella lotta con Joy, soprattutto nei presidi contro i CIE , grazie ai contatti che hanno tenuto da anni con le/i migranti, siamo venute a conoscenza di violenze e deportazioni subite da molte donne migranti.


E’ QUINDI FONDAMENTALE IN QUESTO MOMENTO IN CUI SI CHIUDONO CIRCOLI ARCI , LUOGHI CON CONVENZIONE COMUNALE E

LUOGHI DI LOTTA A QUESTO SISTEMA REPRESSIVO

UNIRCI E SMETTERE DI COLTIVARE I PROPRI ORTICELLI, MA SCENDERE IN PIAZZA , ANCHE IL 16 APRILE PER DARE UNA RISPOSTA FORTE E UNITARIA NELLE DIFFERENZE CONTRO QUESTA GUERRA INTERNA CHE CI VUOLE DIVISE E ISOLATE/i.


AMAZORA DI FEMMINISTE E LESBICHE

08/04/11

A Margherita Cagol

Da una mail su sommosse, di Elisabetta


L'8 aprile 1945 nasceva, a Sardagna di Trento, Margherita Cagol, fondatrice,militante e dirigente, nome di battaglia Mara, delle Brigate Rosse e uccisa il 5 giugno 1975 ad Arzello d' Acqui dai carabinieri.

In quella occasione le compagne e i compagni della rivista Rosso scrissero questo articolo:

"Margherita Cagol.

Dipinta come un'appendice del marito, da cui "dovrebbe"aver preso l'ideologia rivoluzionaria più per amore che per la sua reale scelta politica, Margherita Cagol, ora assassinata nello scontro di Acqui, è considerata dallo Stato e dalla stampa borghese come una donna totalmene incapace di scelte personali dettate da una presa di coscienza politica.

La stampa borghese, serva dei padroni, porta nei suoi confronti un duplice abominevole attacco: oltre alla denigrazione politica anche la denigrazione personale che colpisce la donna in quanto sottospecie umana incapace di fare scelte rivoluzionarie autonome.

Margherita è morta, assassinata dallo Stato della violenza come migliaia di altri ed altre rivoluzionarie, pienamente cosciente della sua scelta di lotta fatta per abbattere il sistema capitalistico e per eliminare, quindi, lo sfruttamento di qualsiasi essere umano su un altro essere umano.

Evidentemente non meraviglia affatto i compagni rivoluzionari l'attacco politico della stampa sia di Stato che riformista sulle forme di organizzazione e di resistenza armata oggi esistenti in Italia, ma piuttosto il fatto che a questo si aggiunge l'attacco alla donna che non può fare queste scelte politiche se non in quanto manipolata da un uomo di cui si è innamorata perdutamente e per frustrazioni amorose in generale. E'il caso anche della compagna Ulrike Meinhof oggi coinvolta nel processo più scandalosamente antidemocratico e illegale dell'occidente capitalistico.

Ulrike Meinhof avrebbe intrapreso l'attività all'interno di un'organizzazione armata a causa di sue precedenti delusioni amorose. E' la disperazione individuale, l'isoddisfazione all'interno dei rapporti personali che muove le donne a votarsi e a sacrificarsi per la causa rivoluzionaria. Noi sappiamo che sia Margherita sia Ulrike hanno fatto le loro scelte di classe e d'organizzazione in base a una presa di coscienza precisa e ad una analisi del momento politico, (fase politica, autonomia della classe, ruolo del riformismo, organizzazione) che pur non condividendo, non possiamo che rispettare.

Nel conto che dovranno pagare i padroni e i loro servi, aggiungiamo anche questo modo di trattare la donna."