31/07/10

IL CORAGGIO E LA NECESSITA' DI RIBELLARSI

Gli ultimi drammatici avvenimenti che riguardano Faith e Ngom, ci confermano, se mai ce ne fosse stato bisogno,della necessità per noi femministe e lesbiche di occuparci e di impegnarci contro e per la chiusura di tutti i CIE.

Faith continua a subire violenze di genere e la polizia,travalicando i propri compiti,prende una decisione che non le spetta e rimanda la donna in Nigeria,
dove è stata condannata a morte per aver ucciso chi ha tentato di violentarla.

Ngom che è scappata da un marito violento, rischia di essere rimandata in Senegal, dove può essere facilmente rintracciata dal persecutore con le conseguenze che questo comporta.

Joy, Faith, Ngom sono alcune, ma non sono e saranno purtroppo le sole.

La violenza che hanno subito e subiscono con l'internamento nei CIE e con la deportazione e che si intreccia indissolubilmente con quella di genere,ci coinvolge profondamente perchè la violenza fatta a una donna è fatta a tutte le donne.

Colpisce,anche se non sorprende,il silenzio delle donne nelle istituzioni e dei centri antiviolenza.
Non è un problema ideologico,ma se queste non possono e/o non vogliono intervenire in queste situazioni, si smontano tutte le argomentazioni circa l'utilità della loro presenza nelle istituzioni e l'utilità dell'accettazione dei contributi pubblici.

I CIE ,introducendo la detenzione amministrativa, di fatto,sanciscono,in termini giuridici,la possibilità di associare la reclusione a qualsiasi condizione o scelta di vita che non sia conforme al circuitare vertiginoso delle merci e dei capitali,alla morale codificata e al perbenismo benpensante socialmente riconosciuto ed accettato.

I CIE sono una modalità molto importante attraverso cui il sistema sta modificando i termini teorico-giuridici dell'azione punitiva applicabile a fatti materialmente rilevanti e rilevati,arrogandosi sempre più il diritto di codificare i comportamenti di ognuna/o in termini di legge.

Noi,in quanto femministe e lesbiche, ci sentiamo soggetti a rischio per la nostra collocazione ,per la nostra lettura della natura patriarcale di questa società, per il diritto che rivendichiamo, esplicitiamo e pratichiamo di libertà di scelta e autodeterminazione.

Per noi non c'è nessuna differenza fra le donne con permesso di soggiorno e irregolari, non conta il colore della pelle e non le dividiamo fra" brave" o di "malaffare".
Tutte le donne vittime della violenza degli uomini e delle istituzioni ci troveranno sempre dalla loro parte.

NON CI AVRETE MAI COME VOLETE VOI!

SOLIDARIETA' CON FAITH E NGOM!

CHIUDERE TUTTI I CIE!

Aderiamo al Presidio per Faith e Ngom a Bologna il 2 agosto alle 12 in piazza Roosevelt

Donne-Femministe-Lesbiche contro i CIE
Roma

29/07/10

Stalking, arrestato uno degli otto giovani sotto processo per lo stupro di Montalto

da www.ontuscia.it
mercoledì 28 luglio 2010 - 00:12:37


MONTALTO DI CASTRO – Stalking, arrestato 19enne di Montalto. Il giovane (uno degli otto ragazzi indagati per lo stupro di gruppo del 2007 ai danni di una 15enne, ndr), da circa quattro mesi perseguitava l’ex fidanzata, una 20enne di Tarquinia (madre di una bimba di due anni avuta da una precedente relazione, ndr), con continui sms, accompagnati da telefonate e pedinamenti.

L’arrestato, estremamente geloso, la seguiva praticamente ovunque per accertarsi di quello che facesse e dopo che la storia tra i due era arrivata al capolinea, non si era dato per vinto e aveva iniziato a minacciare di morte lei e la figlia, terrorizzando la poveretta con promesse di maltrattamenti.

La vittima, esasperata e moralmente distrutta, ha così deciso di rivolgersi al Commissariato di Polizia di Tarquinia diretto dal vice questore aggiunto Riccardo Bartoli. Gli agenti si sono subito attivati e lunedì sono riusciti a fermare e arrestare il ragazzo con una ‘trappola’. Praticamente dopo l’ennesima telefonata del 19enne, a rispondere al cellulare c’era una voce maschile che ha finto di trovarsi in compagnia della ragazza. Il montaltese, senza pensarci, si è quindi precipitato con lo scooter nella piazza centrale di Tarquinia, dove però si è trovato davanti gli agenti del locale commissariato di polizia, che lo hanno arrestato e condotto nel carcere di Civitavecchia a disposizione della magistratura.

Ora, considerando che il giovane è già sotto processo con l’accusa di violenza sessuale, le sua situazione si fa estremamente complessa.

Mai più schiave! Bologna 2 agosto al fianco di Faith

PACCHETTO SICUREZZA?

La questura bolognese condanna a morte una donna
che si ribella a uno stupro

Il 20 luglio la questura di Bologna ha deportato una ragazza nigeriana di 23 anni, Faith, proprio nel Paese dove era stata condannata a morte per aver reagito ad un tentativo di stupro da parte di un uomo ricco e potente.

Faith era stata rinchiusa nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di via Mattei a Bologna, dopo che i vicini avevano chiamato la polizia sentendo le sue grida di aiuto perchè un uomo cercava di violentarla.

La polizia ha pensato bene di arrestare lei solo perché non aveva il permesso di soggiorno. Dopo due settimane di detenzione è stata rimpatriata in Nigeria, dove potrebbe essere impiccata a breve da un governo corrotto e complice del peggior colonialismo occidentale.

E questo nonostante avesse già presentato domanda di asilo politico.

Benché l’Italia sia uno dei paesi promotori della moratoria contro la pena di morte, lo stato razzista italiano non ha esitato a consegnare ai suoi assassini una donna che ha saputo reagire alla violenza maschile, una donna da cui tutte abbiamo tanto da imparare.

Dopo questa vicenda, che segue purtroppo tante altre analoghe, sarebbe ora che ci si chiedesse di che genere di sicurezza blaterino i politici e perchè dovremmo delegare a questa gente e ai loro servitori in divisa la protezione delle nostre vite.

La deportazione di Faith è un monito contro tutte le donne che si ribellano alla violenza maschile.

Allora ci chiediamo che futuro possa aspettarsi Ngom, un’altra donna immigrata, senegalese e madre di sei figli, arrivata in Italia dodici anni fa dopo esser fuggita da un marito violento. Ngom, sempre in nome della “nostra sicurezza”, è da qualche giorno rinchiusa nel Cie di Bologna in attesa che un giudice di pace decida se accettare il ricorso contro l’espulsione o eseguire gli ordini della questura di La Spezia e rimandarla in Senegal dal marito-aguzzino.

Non smetteremo mai di dire che la nostra vera sicurezza è la solidarietà fra donne.

Per quanto tempo ancora intendiamo tollerare la presenza dei Cie – lager di Stato in cui le donne sono spesso sottoposte a ricatti sessuali, molestie e violenze per poi essere rimpatriate col rischio di essere addirittura uccise?

La nostra sicurezza non ha bisogno di confini,
né di lager, né di passaporti

Lunedì 2 agosto presidio alle 12 in piazza Roosevelt a Bologna

Mai più schiave!

(Chi non potesse partecipare al presidio ma intendesse comunque esprimere il proprio parere sulle connivenze tra l'Italia e i Paesi di provenienza di Faith e Ngom per quanto riguarda le deportazioni: ambasciata nigeriana (Roma) 06683931; ambasciata senegalese (Roma) 066865212/066872353

Su OMSA

di Monica Perugini

E' stupefacente che il sindacato emiliano insieme a quello locale, dichiarano di aver appreso con stupore la decisione del patron della OMSA Nerino Grassi di spostare la produzione delle calze in Serbia....
Dall'anno scorso, infatti, le operaie dello stabilimento fentino hanno dato vita ad una protesta che le ha portate anche a presidiare i cancelli nel tentativo di non vedersi portar via i macchinari che la proprietà ha trasferito a Castiglione.
Maniefstazioni, iniziative, proteste, boicottaggio dei marchi dell'imprenditore mantovano (SISI; Philippe Martigonon, Golden Lady), coinvolgimento delle istituzioni ed una vastissima rete di solidarietà, tramite la quale operaie e operai hanno specificato molto bene i termini della scelta di Grassi e messo in guardia anche gli altri dipendenti dei rischi che la delocalizzazione serba comporta, non possono essere passati inosservati, anche se buona parte della stampa non ha trattato a dovere una questione che investe in pieno proprio il mantovano, dove Grassi ha stabiimenti a Castiglione, Solferino e altrove.
In pericolo per adesso c'è la sede di Gissi, ma non ci vuole molto a capire che il re dei calzettai punta a mantenere in loco (come altri hanno e stanno facendo), solo il reparto amministrativo, in quanto in Serbia ha assunto oltre 1200 operai (a 250 € al mese...) e pure il trasporto viene gestito direttamente, con partenza dall'altra parte dell'Adriatico.
Non molti mesi fa, in occasione delle numerose proteste e lotte dei lavoratori dei calzifici dell'alto mantovano, non era isolata la voce del sindacato con cui si sottovalutava la questione, aggiungendo che, tutto sommato, ciò poteva essere positivo per il mantovano che ancora(!?!?) regge! E si è visto... ed ancora una volta c'è voluto l'effetto trascinamento scatenato dal padronato e del loro uomo - simbolo Marchionne, per scoprire i mali che possono arrivare dalla Serbia.
La lotta delle operai OMSA ha messo a nudo la realtà produttiva italiana: insensibilità di un padronato che può tutto, inesistenza dello Stato a cui non è riservata più alcuna competenza, irresponsabilità e imnpunità garantita per chi abbandona siti produttivi e redditizi per fare ancor più profitto, sfruttando lavoratori, negando diritti, scatenando una lotta fra poveri e beneficiando dei contributi che, a suo tempo, quello stesso Stato aveva elargito a piene mani, magari anche per comprare quelle macchine che adesso vengono trasferite altrove, rendendendo l'area fronte autostrada di Faenza un altro, ennesimo esempio di deserto industriale.
Che la lotta dovesse avere quel respiro ampio che le 320 oepraie emiliane chiedevano, al fine di far emergere le responsbailità di un capitalismo che sta schiacciando una classe lavoratrice senza rappresentanza politica ed un sindacato troppo spesso felice di portare a casa "il bicchiere mezzo pieno" (per i padroni) senza operare una critica impietosa a questo sistema sociale, che porta ogni giorno a nuove sconfitte, avrebbe dovuto essere il filo rosso di riferimento della lotta di tutto il sindacato.
Nemmeno la proposta di un ipotetico acquirente dell'area faentina, è stata presa in considerazione, giacchè Grassi pare nemmeno voglia vendere. Tutte a casa, gambe tagliate senza pietà per mano del solito manager di turno , a faenza come altrove, in più di un'occasione, ha deriso e offeso le operaie che presidiavano i cancelli.
E' troppo, dunque, affermare che data una simile situazione che per i lavoratori, non migliorerà, occorre, per esempio, chiedere la nazionalizzazione della Fiat, un corpo legislativo che blocchi trasferimenti di macchinari, impianti e beni acquistati con fondi della fiscalità pubblica, oppure impedire che i le merci prodotte all'estero (vedi il recente caso della BARILLA) riportino impunemente la dicitura MADE IN ITALY, pena il sequestro e la revoca delle licenze? Nessuna "opposizione" ne parla nei tavoli, alle loro feste o cene private dove siedono al fianco degli stessi padroni che licenziano e delocalizzano, magari insieme ai notabili sindacali, agli ex presidenti rossi della Camera o ad ambizioni presidenti di Regione: dovrà farlo chi intende rappresentare gli interessi della sola classe che, oggi, di rappresentanza non ha. E i comunisti servono a questo.

Al fianco di Faith

Ancora due pesi e due misure per le donne immigrate che denunciano i loro stupratori: sta suscitando solidarietà, il moltiplicarsi di appelli e riscuotendo risonanza la vicenda che, questa volta, vede protagonista Faith una ragazza nigeriana che è stata espulsa dall' Italia dopo aver denunciato un tentativo di stupro. In Nigeria era stata condannata per l'omicidio del suo datore di lavoro che aveva tentato di violentarla. Uscita su cauzione, si era rifugiata in Italia, ora rischia la pena di morte. Dal comunicato di EveryOne: "Secondo le leggi nigeriane e considerato il potere economico e politico della famiglia dell'uomo che aveva tentato lo stupro, Faith potrebbe essere condannata a morte.."
Ancora una ragazza nigeriana, dopo Joy, ancora donne che rischiano la vita
nel loro Paese.
Negli stessi giorni in cui è emersa questa ennesima odiosa tripla violenza, la Corte Costituzionale si è espressa in merito al DL sulla violenza sessuale, meglio noto come Carfagna. La Corte Costituzionale ha definito incostituzionale l'automatismo per cui gli indagati per violenza sessuale, atti sessuali con minorenni e prostituzione minorile fossero custoditi in carcere in attesa del giudizio, affidando al singolo giudice la possibilità di decidere per misure alternative. Una decisione "giustificazionista, lontana dal sentire dei cittadini e che allontana dalla strada verso il rigore e la tolleranza zero contro i crimini sessuali che questa maggioranza ha deciso di intraprendere sin dall'inizio legislatura", così ha commentato l'onorevole Carfagna. L'on. Carfagna da un lato, "dimentica" che questo governo ha usato strumentalmente le violenze sessuali contro le donne -italiane- per far passare il pacchetto sicurezza che, proprio per le donne immigrate è fonte di soprusi, grandi sofferenze e, paradossalmente, non permette loro o, perlomeno, rende molto più difficile denunciare i propri stupratori e portare avanti le denunce: lo abbiamo visto per Joy e, oggi, per Faith, dall'altro si guarda bene dal reclamare la "tolleranza zero" per i crimini sessuali nei confronti delle immigrate. Ma, dall'altro lato, questa pronuncia della Corte Costituzionale deve allertarci quando parla di "affidare al singolo giudice la possibilità di decidere per misure alternative": non vorremmo si intenda riproporre la strada seguita per i "bravi ragazzi" di Montalto di Castro.

La vicenda di Joy ha mostrato che solo la mobilitazione, lo schierarsi chiaramente al fianco in primis delle donne, delle femministe può permettere di "inceppare" i meccanismi perversi che, per le immigrate, prevedono carcere-CIE-espulsioni, nega loro di poter portare avanti le denunce

Crediamo che anche gli appelli e forme di mobilitazioni che sta suscitando la vicenda di Faith siano frutto anche e, in primis, della lotta di Joy e delle sue compagne e, poi, delle femministe, degli antirazzisti che attivamente e coerentemente l'hanno sostenuta, fatta conoscere in maniera ampia con campagne di denuncia, controinformazione, sino al presidio dell'8 giugno davanti al Tribunale di Milano. La lotta paga e anche con questa lotta le donne, le lavoratrici, le femministe si stanno rafforzando e imparando a cambiare lo stato di cose esistente.

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario - Milano, 28 luglio 2010

23/07/10

NIGERIA: RISCHIA CONDANNA A MORTE DOPO RIMPATRIO DALL’ITALIA

Riceviamo e pubblichiamo:

NIGERIA: RISCHIA CONDANNA A MORTE DOPO RIMPATRIO DALL’ITALIA

21 luglio 2010: una ragazza nigeriana rischia nel suo Paese la condanna a morte dopo essere stata rimpatriata dall’Italia. 
Si tratta di Faith Aymoro, 23 anni, espulsa ieri mattina dal Cie di Bologna nonostante la richiesta di asilo politico presentata proprio ieri dal suo avvocato Alessandro Vitale. 
In Nigeria è stata arrestata per l'omicidio di un uomo che aveva tentato di stuprarla, e ora rischia la pena di morte per impiccagione. A riferirlo e' il suo difensore.
'Oggi ho avuto la conferma ufficiale del suo rimpatrio dalla questura di Bologna - ha spiegato Vitale - In piu' il ragazzo di Faith (anche lui nigeriano e che vive e lavora a Bologna, ndr) ha saputo che e' gia' in stato di arresto'. 
Due settimane fa la donna, che dal 2007 viveva nel capoluogo emiliano dopo essere scappata dalla Nigeria, ha subito un altro tentativo di violenza sessuale da parte di un altro connazionale, nel suo appartamento. Ma all'arrivo della polizia, gli agenti hanno scoperto che aveva due decreti di espulsione mai eseguiti, per cui l'hanno portata al Cie. Allora il suo avvocato ha chiesto un permesso di soggiorno per motivi di giustizia (per permetterle di testimoniare contro il presunto aggressore) e ha presentato domanda di sospensiva al giudice di pace, oltre a quella di asilo politico. Ma ogni sforzo e' stato vano e il rimpatrio e' stato eseguito. 
A questo punto, secondo il legale, non ci sono molte speranze. 'L'unica cosa che possiamo fare, non appena l'arresto della donna sara' ufficializzato, e' appellarci allo Stato italiano perche' intervenga, oppure a un'associazione internazionale come Amnesty International'.

22/07/10

Continua la lotta di Jessica Capozzi - atm milano

massima solidarietà dal mfpr

Comunicato SI cobas Milano

Giovedì 22-7 dalle ore 16 alle 18, davanti alla sede ATM di Foro Buonaparte 61 (MM1 Cairoli) presidio di solidarietà con Jessica Capozzi per ottenere il suo reintegro all'ATM di Milano. PARTECIPATE IL PIU' POSSIBILE.

Jessica Capozzi è stata licenziata da ATM. Finito il contratto a termine, non l'hanno più rinnovato. Jessica ha perso il lavoro, la casa, la possibilità di pensare al proprio futuro. Da allora vive e protesta in macchina di fronte al deposito ATM di via Palmanova.
E' stata licenziata nonostante le ore di straordinario all'ATM siano senza fine, nonostante ci sia necessità di più autisti e più mezzi. Jessica Capozzi condivide la sorte di tutti gli altri precari, il ricatto continuo di dover chinare la testa e subire umiliazioni per paura del mancato rinnovo di quel contratto di schiavitù che è il precariato, l'impossibilità di costruirsi un futuro senza la garanzia di un posto di lavoro a tempo indeterminato.
Poco importano le motivazioni pretestuose che hanno portato al mancato rinnovo del contratto. La vera colpa di Jessica è quella di non aver accettato passivamente la situazione durante il periodo di lavoro, e, soprattutto di aver osato alzare la testa e rivendicare i propri diritti dopo il licenziamento.Riportare Jessica al posto di lavoro non è semplicemente una soluzione di un caso individuale, ma un atto concreto di contrasto contro la precarizzazione di tutti i lavori, un tassello di una lotta più generale per ottenere

LAVORO STABILE, SALARIO, DIRITTI

per tutti i lavoratori, italiani e immigrati

una piccola delegazione del mfpr ha partecipato al presidio per la riassunzione di Jessica, a cui è stata portata la solidarietà delle compagne, delle precarie e disoccupate in lotta di Taranto, Palermo.
Jessica ha accolto con grande commozione, stupore e contentezza la solidarietà da realtà e città diverse.
La lotta è ancora lunga e difficile. Tanti cartelli a sottolineare il sostanziale maschilismo dell' ATM "licenziata perchè donna". Durante il presidio l'azienda ha concesso un incontro-ma senza la partecipazione di Jessica- in cui sostanzialmente non ha proposto nulla di nuovo: un contratto a termine, in mansioni diverse, con stipendio più basso etc, in cambio la rinuncia ad avanzare "pretese", cioè l'assunzione a tempo indeterminato come autista, nei confronti di ATM.
E pensare che, in pompa magna, per l'8 marzo "..con il sostegno di sindaco e consiglieri di tutti i partiti.." era stata lanciata la proposta del nido anche in ATM per migliorare la condizione delle lavoratrici (sic!)

21/07/10

BRUCIA SUL LAVORO. A CHI CHIEDERE GIUSTIZIA ?

Dal blog di Samanta di Persio:

luglio 12, 2010 at 12:58 pm

Valentina Candelaha, 23 anni, svolge il Servizio Civile presso un Ente accreditato: il Consorzio di Cooperative Icaro a Santa Maria Capua a Vetere (CE).
Dal 1 agosto del 2005 è assegnataria di un progetto denominato "Galilei": somministrazione di test per l’inserimento lavorativo di persone disagiate. In quella struttura i termosifoni non ci sono, l’unico modo per scaldarsi è una vecchia stufa a gas.

Il 24 gennaio 2006 la gonna della ragazza prende fuoco. Sul posto non ci sono estintori, i suoi colleghi non riescono a prestarle soccorso immediato. Valentina è una torcia umana, viene portata all’ospedale Cardarelli di Napoli col 25% del corpo ustionato. La diagnosi: ustioni di II e III grado, prognosi di 60 giorni. Esce dall'ospedale dopo 189 giorni e 9 interventi. Dalla cartella clinica: in entrata 25% di ustioni (solo sulle gambe) ed esce con il 50%. Non ci sono foto dello stato delle ustioni di Valentina all’ingresso nell’ospedale. Sono state fatte all’arrivo alla clinica Maugeri di Telese, dove avrebbe dovuto fare la riabilitazione ed invece le hanno dovuto curare prima l’infezione (al Cardarelli ha avuto febbre per 185 giorni ed ha avuto anche uno shock settico).

Racconta Imma Fiorillo, la mamma: "Comincia una via crucis infinita: altre 9 operazioni (finora) al Sant’Eugenio di Roma, per cercare di rimediare in parte agli errori fatti. L’ha salvata il dottor Gaetano Esposito.
Denunciamo il titolare dell’ente dove svolgeva il servizio civile, in realtà mai fatto, denuncia penale agli 8 chirurghi plastici che l’hanno operata al Cardarelli.
Tra errori più o meno "causali" ci sono voluti oltre 4 anni solo per arrivare all’udienza preliminare che si è conclusa con il rinvio a giudizio di tutti gli imputati. La prima udienza è fissata per il 21 settembre 2010, ma chissà se si farà."
Il TG5 del 2 maggio 2008 si occupa della vicenda nell’approfondimento "Indignato speciale". La trasmissione si conclude con una denuncia al padre di Valentina e ai giornalisti che si sono occupati della vicenda. Avrebbero diffamato l’Associazione Icaro. In questo Paese denunciare l’assenza delle più elementari condizioni di sicurezza, in palese e totale violazione del D.Lgs.626/94, significa diffamare.

Continua Imma: "Dopo 4 anni e mezzo il Consorzio di Cooperative Icaro svolge il suo servizio in tutta tranquillità con decine di ragazzi concessi dal Servizio Civile. I sanitari del Centro Ustioni del Cardarelli continuano serenamente ad operare. La causa langue e mia figlia dopo 18 operazioni (per ora), passa la vita a curarsi (cure costose e non elargite assolutamente dal SSN)"

Il Consorzio Icaro non ha stipulato assicurazioni per i Volontari del Servizio Civile e il massimale dell’assicurazione stipulata dal Servizio Civile Nazionale (U.N.S.C.) risulta irrisorio rispetto alle spese effettuate e da effettuare.

"Abbiamo scritto ad innumerevoli istituzioni - Conclude Imma - ciascuno per il suo campo: dal presidente Napolitano, sempre così attento agli incidenti sul lavoro (!), al direttore del Servizio Civile, a Paolo Ferrero, allora ministro della Solidarietà Sociale da cui dipendeva il Servizio Civile, a Carlo Giovanardi, da cui dipende adesso, a Livia Turco, allora ministro della Salute, a Montemarano assessore della sanità campana, ad Alfano, ministro della giustizia, a Lepore procuratore della Repubblica di Napoli, ma non abbiamo cavato un ragno dal buco. L’ultima speranza è nella Commissione errori medici, ma anche questa prende tempo e forse tempo non ce n’è perché potrebbe arrivare la prescrizione. Non sappiamo più cosa fare. Sono 4 anni che io e mio marito stiamo facendo di tutto per far proseguire la causa e non farla cadere nel dimenticatoio, ma sono lobbies che non si riescono a piegare.
Come fare per avere giustizia ? Possibile che in Italia è riservata solo ai potenti?"

20/07/10

Faith

Da Città del capo, radio metropolitana

Donna nigeriana prima aggredita e poi espulsa, ma in patria rischia la vita

20 lug.- Una corsa contro il tempo la cui posta in gioco è la vita. Faith Ayworo è una ragazza nigeriana venuta in Italia per sfuggire a una condanna a morte. Nel suo paese era stata processata per omicidio: un uomo aveva cercato di violentarla, lei si era difesa uccidendolo. Come riferito dall’avvocato Alessandro Vitale, due settimane fa a Bologna un altro uomo, suo connazionale, ha tentato di stuprarla nel suo appartamento. I vicini di casa hanno chiamato la Polizia; gli agenti, dopo aver identificato la giovane donna e aver verificato che su di lei pendevano due decreti di espulsione non ottemperati l’hanno rinchiusa nel Cie di via Mattei. A nulla è valsa la richiesta del suo legale di ottenere un permesso di soggiorno per motivi di giustizia per permetterle di testimoniare contro lo stupratore, né la domanda di sospensiva presentata al giudice di pace. I tempi della giustizia sono stati superati da quelli del rimpatrio. Quando questa mattina il suo avvocato è finalmente riuscito a raccogliere tutti i documenti e presentare anche la richiesta di asilo politico, gli agenti l’avevano già portata via per rimpatriarla. Così, a 23 anni, Faith sta volando verso la Nigeria. “Io credo che l’Italia commetta un crimine internazionale a lasciarla andare nel proprio paese dove all’arrivo l’attende l’impiccagione” - ha detto l’avvocato Vitale.

19/07/10

schiave del sesso in Iraq ed Afghanistan

nuovo scandalo per i contractors americani. L'indagine di una ong rilanciata dal Washington Post accusa gli uomini della ex Blackwater. Si parla di bambine usate come prostitute e donne dell'Est Europa costrette a vendersi

di ANGELO AQUARO


NEW YORK- La bambina irachena di dodici anni costretta a prostituirsi nel seminterrato di Bagdad mentre le guardie private americane fanno una colletta di pochi dollari e si mettono in fila. Le ragazze reclutate nell'est dell'Europa con la promessa di un lavoro come colf a Dubai e poi da lì dirottate e segregate nel cuore dell'Iraq. Le cameriere dei ristoranti cinesi di Kabul che dietro le lanterne rosse nascondono il segreto che conoscono tutti. L'ultimo orrore delle "guerre gemelle" che Barack Obama ha ereditato da George W. Bush ha il volto delle donne sfruttate nel nome di quell'altro idolo che divide l'altare con il denaro: il sesso. Ma otto anni dopo l'avvio della guerra al terrore il bilancio in questa battaglia è ancora più magro di quello raccolto dal Tigri a Kandahar: zero su zero.

Gli ordini del presidente erano roboanti come i proclami della vittoria che non arrivava. E' severamente proibito a contractors o impiegati del governo di rendersi responsabili di traffici sessuali nelle zone di guerra. Chiunque si renda responsabile di traffici sessuali verrà sospeso dall'incarico. Chi verrà sorpreso in traffici sessuali verrà denunciato alle autorità. I risultati? "Non c'è neppure un processo aperto" dice l'ex detective di Human Rights Watch, Martina Venderberg. "Insomma non c'è volontà di far rispettare la legge".

La vergogna è stata scoperchiata da un'inchiesta del Center for Public Integrity ripresa ieri dal Washington Post. E ancora una sotto accusa sono finiti i contractors della ex-Blackwater: il gruppo privato già tristemente famoso per le stragi di civili in Iraq. L'azienda gode di così cattiva fama che per tornare a lavorare oggi ha cambiato marchio e si chiama Xe Service. Racconta un'ex guardia che non vuole rivelare il nome per paura di rappresaglie: ho visto io stesso guardie più anziane raccogliere soldi mentre ragazzine irachene, tra cui bambine di 12 e 13 anni, si prostituivano. La guardia dice anche di aver riportato tutto al suo superiore ma che "nessun provvedimento è stato preso: mi rattrista anche parlarne".

Non si rattrista affatto il portavoce dell'ex Blackwater, Stacy De Luke, che al Washington Post nega "con forza queste accuse anonime e senza prove: la politica dell'azienda vieta i traffici umani". Ci mancherebbe.

Il caso delle lavoratrici dell'est che pensano di volare su Dubai e finiscono in Iraq è stato invece scoperto da una giornalista freelance. Qui l'organizzazione era molto più accurata. Un vero traffico organizzato da sub-contractors che lavorano per l'Esercito e per l'Exchange Service dell'Aeronautica: nome che dovrebbe indicare l'ufficio che si occupa di organizzare la ristorazione ma che evidentemente si occupa anche di altro. Appena atterrate le poverette vengono private del passaporto. C'è anche un prezzo per il riscatto: 1100 dollari. Una cifra enorme visto che si prostituiscono per pochi dollari.

La fabbrica del sesso è ancora più solida in Afghanistan. Qui già quattro anni fa un centinaio di cinesi furono liberate in una serie di blitz che invece dei Taliban colpirono i bordelli. Ma il traffico è continuato. Con l'"acquisto" di una donna per ventimila dollari un manager della ArmorGroup, l'azienda che fino a poco tempo fa si occupava della sicurezza dell'ambasciata americana a Kabul, si vantava di poter organizzare un traffico redditizio. L'inchiesta partita da una soffiata è arrivata ai piani alti dell'Fbi. Ma qui si è fermata.

I federali sostengono di non avere mezzi sufficienti. Nelle zone di guerra sono schierati una quarantina di agenti ma già hanno il loro bel daffare a occuparsi di truffe e corruzione. Ma gli attivisti dei diritti umani hanno un'altra spiegazione: la verità è che le autorità preferiscono chiudere un occhio. Dice Christopher H. Smith, un deputato autore di una legge antitraffico, per la cronaca repubblicano: com'è possibile tollerare che questa gente possa sfruttare le donne con i soldi che noi paghiamo? Ecco un'altra eredità di cui Obama dovrà occuparsi.
(19 luglio 2010)

Questa di Evelyn è una storia vera come quella di Marinella

Evelyn Moreiro, 19enne di origini sudamericane, venne trovata morta la mattina del 27 novembre 2009, in una casa di accoglienza: si era impiccata nella stanza di un convitto di suore a Viterbo, dove aveva ricevuto ospitalità per la notte in seguito ad una lite con i genitori. ” Il caso inizialmente era stato archiviato come ‘suicidio’ scaturito dalla fine di una storia d’amore con un coetaneo”. Ma una penna non c’è e una sciarpa è strappata e “tre mesi dopo la morte della ragazza, il 27 febbraio, qualcuno ha lasciato un Cd nella cassetta della posta della famiglia Moreiro, contenente le pagine scannerizzate del diario di Evelyn“.La trasmissione della Rai Chi l’ha visto, aveva seguito la storia: “Potrebbe essere stata uccisa Evelyn Moreiro, la diciannovenne d’origine sudamericana trovata impiccata nel novembre 2009 in una stanza della casa di accoglienza di Viterbo in cui si era rifugiata dopo una lite con i genitori. La Procura di Viterbo ha disposto la riesumazione del cadavere: il pm Massimiliano Siddi, titolare dell’inchiesta aperta dopo un esposto dei genitori, ha raccolto alcuni indizi che hanno fatto insorgere il sospetto che la giovane non si sia suicidata, ma che potrebbe stata uccisa. L’impiccagione, quindi, sarebbe solo una messinscena architettata dal suo assassino per sviare le indagini. In queste ore, nell’obitorio di Montefiascone, è in corso l’autopsia. Il medico legale dovrà accertare se la ragazza al momento della morte fosse incinta e se il decesso possa essere attribuito a cause diverse dall’impiccagione. Sulla morte della ragazza è in corso un’altra inchiesta per violenza sessuale presso la procura del tribunale dei minori di Roma a carico di un giovane di Rignano Flaminio (Roma), paese in cui Evelyn viveva con la famiglia prima di trasferirsi nel Viterbese. Alcuni mesi dopo la morte, infatti, un suo amico recapitò in forma anonima ai genitori, residenti a Montefiascone, le copie di alcune pagine del diario sulle quali la ragazza raccontava di essere stata stuprata due volte dal giovane ora indagato.”

Perchè tiro fuori questa storia, chissa come simile a tante altre? Perchè ne avevo scritto, quando non si sapeva e si sapeva un ‘ altra storia dai Media, nel viterbese,come quella di Montalto: Questa di Marinella è una storia vera. Inutile riportarvi stralci, mi prendo tutto lo spazio, come allora. Spazio risibile, stando a quello che rimane, nei Fatti, nel web e nella stampa.Ma io sono una che continua a tifare per Tamata, l’osare…E ringrazio chi ha il coraggio di far emergere la Verità. Come disse Fabrizio De Andrè per La Canzone di Marinella: non è nata per caso, semplicemente perché volevo raccontare una favola d’amore. È tutto il contrario… E non potendo fare niente per restituirle la vita, ho cercato di cambiarle la morte. “

Doriana Goracci

foto video e riferimenti su

http://www.reset-italia.net/2010/07/18/questa-di-evelyn-e-una-storia-vera-come-quella-di-marinella/

10/07/10

Montalto: siamo tutte con Marinella

"ONTUSCIA quotidiano - Viterbo 6 luglio 2010


VITERBO - Stupro di Montalto, situazione sospesa fino al 19 ottobre. Questa la data del rinvio dell'udienza, decisa dal giudice Debora Tripiccione a causa di un vizio di notifica ad uno degli indagati e per impegno improrogabile di uno dei difensori. Sospesa dunque la messa in prova per gli otto ragazzi di Montalto di Castro accusati di aver stuprato una coetanea di Tarquinia, allora minorenne, la notte tra il 31 marzo e il primo aprile 2007 durante una festa di compleanno. Gli indagati, che adesso si trovano in stato di libertà, durante la precedente udienza preliminare, nel maggio del 2009, ottennero la cosiddetta messa in prova, un beneficio che prevede la sospensione del processo e l'affidamento dei minori ai servizi sociali dell'amministrazione della giustizia che, anche in collaborazione con i servizi socio-assistenziali degli enti locali, svolgono nei loro confronti attività di osservazione, sostegno e controllo.
Alla fine del periodo, in questo caso fissato in 28 mesi, se l'esito viene giudicato positivo, il reato viene dichiarato estinto. La procura generale del Tribunale di Roma, però, nel marzo scorso aveva presentato ricorso in Cassazione contro questa soluzione, "per carenza di motivazioni" da parte del Gup di allora.
A sollecitare l'intervento della procura generale era stato lo stesso legale della famiglia della vittima, l'avvocato Piermaria Sciullo. Tutto rinviato al 19 ottobre, quando il Gup deciderà se confermare o meno la messa in prova agli otto giovani. "Soluzione che sarà comunque riproposta" come hanno sottolineato i legali Giuliano Migliorati e Daniele Barbieri "da tutti noi avvocati difensori".

Noi pensiamo che, come è stato a fine novembre, la battaglia per la giustizia per la ragazza di Montalto violentata e per una effettiva condanna per "i ragazzi per bene protetti" , sia una battaglia di tutte noi.
Questo spirito ci ha mosso per la manifestazione di novembre, questo spirito deve continuare a muoverci; e questo non può che dare effettiva solidarietà, coraggio, forza a chi nel silenzio sta continuando a battersi. Insieme a Montalto abbiamo cercato di sfidare il silenzio e la complicità con gli stupratori, ora vogliamo cercare di continuare a rompere questo silenzio. E pensiamo che il 19 ottobre dobbiamo, con iniziative decise insieme continuare questa giusta battaglia.

Solidarietà a Marinella, alle coraggiose compagne di Montalto, a tutte le donne ribelli

08/07/10

IL 31 LUGLIO E 1° AGOSTO SEMINARIO A TARANTO.


DOPO la due giorni di marzo: "Bagagli per un viaggio delle donne in lotta",
IL 31 LUGLIO E 1° AGOSTO SEMINARIO A TARANTO.

"Abbiamo deciso di alzare la testa!", "Tutta la vita deve cambiare!".

Queste le parole determinate, con una decisa volontà di avanzamento nella necessaria lotta delle donne proletarie, delle ragazze ribelli, delle femministe, risuonate nella due giorni di Taranto del 13-14 marzo scorsi, da cui era stato lanciato un nuovo appuntamento per l'estate.

Ora vogliamo dar seguito a questo "viaggio" delle donne in lotta, con un bagaglio arricchito dalle lotte dure di questi mesi, per il lavoro, contro il peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita, contro il doppio sfruttamento e la doppia oppressione sul lavoro e in famiglia, la battaglia per la libertà di Joy e la polizia che stupra, contro la tripla oppressione delle immigrate, la battaglia delle donne a L'Aquila dove le new town di Berlusconi in particolare per le donne significano isolamento, "insonorizzazione", soffocamento scientifico della necessità di socializzazione.. Potremmo dire, esemplificativo di come padroni, governo, Chiesa, Stato vorrebbero tutte le donne di questo paese.

Il 31 LUGLIO e 1 AGOSTO in un posto in cui possiamo stare bene tutto il giorno e anche la notte insieme, nei dintorni di TARANTO, si terrà un SEMINARIO, che segue la due giorni e avrà:

- una parte di studio e di discussione generale, partendo da alcuni testi sul nuovo pensiero e prassi femminista proletario rivoluzionario" e che affrontano in termini materialistico storico dialettici la questione dell'oppressione delle donne per porre le basi teoriche dell'intreccio genere/classe e della necessità della rivoluzione nella rivoluzione.
Per il seminario sarà pronto il quaderno sulla due giorni di marzo.

- un'altra parte in preparazione del Venezuela, con materiali internazionali, in particolare dai paesi in cui le donne comuniste rivoluzionarie sono alla testa della battaglia rivoluzionaria e si sviluppa un nuovo movimento delle donne.

Durante il seminario, soprattutto la sera, vedremo video, film.
E anche un giro per Taranto, la città delle rivolte delle precarie e disoccupate, la città dell'Ilva e delle donne che osano sfidare padron Riva.


Il vitto e alloggio sono assicurati (con un piccolo contributo volontario).

Vi aspettiamo. Per venire: mfpr@libero.it 3475301704 (Margherita) - 3408429376 (Donatella).

Le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

Roma, 7 luglio 2009: report della manifestazione dei terremotati aquilani


Una manifestazione fiera e combattiva quella di oggi. Più di 8000 terremotati sono arrivati dall’Aquila stamattina per assediare Montecitorio e poi il Senato, per contestare la manovra finanziaria che, tra le altre cose, impone di tornare a pagare tasse, contributi e tickets su visite e medicinali a chi ha perso tutto.
Numerosi gli striscioni e i cartelli, tra cui “Chiodi e Letta ruffiani di Stato contro i terremotati”, “L’Aquila: tassati senza servizi, alloggiati senza alloggi, lavoratori senza sede e senza lavoro, miracolati senza ricostruzione, paghiamo il mutuo senza casa ed il canone RAI per TG senza notizie. Grati ringraziamo”, “forti, gentili e incazzati neri”, “meglio i borboni che ‘sti imbroglioni”, “se saltano i conti può saltare pure Tremonti” ecc.

Arrivati a Piazza Venezia c’è stata una leggera carica all’imbocco di Via del corso, dove un uomo è stato ferito sulla fronte. Abbiamo comunque rotto quel primo blocco di carabinieri, polizia e finanzieri in assetto antisommossa: “chiediamo la città, ci danno polizia, questa è la loro democrazia!” è stato urlato. Travolti dalla rabbia e dalla determinazione di tanti giovani e donne e ragazze combattive, i servi dei servi sono stati costretti a indietreggiare, in maniera anche piuttosto sconclusionata, manganellando qua e là i manifestanti che li travolgevano e colpendo un altro ragazzo alla testa.

Abbiamo guadagnato terreno ma per poco: all’imbocco con un vicolo che portava a Montecitorio, un altro blocco ci ha impedito di proseguire e c’è stata un’altra carica. Picchiate diverse persone, con un altro ferito e vari contusi, tra cui una donna, colpita al viso, ma ancora in prima fila a combattere.
Le donne, in particolare, hanno mostrato una fierezza, un coraggio e una lucidità senza eguali. Sono andate davanti agli sbirri armati fino ai denti e sono riuscite davvero a farli vergognare. Una ha detto loro: “vi parlo come una mamma di famiglia, avete picchiato i nostri figli, siete degli animali, vergognatevi!”. Un’altra si è staccata seccamente dall’ala protettiva del marito ed è andata anche lei a dirgliene 4. Un’altra ancora, arrabbiatissima, ha iniziato a urlargli: fascisti, pezzi di merda, bastardi ecc.

“Polizia fascista polizia assassina” è stato lo slogan più gridato in quella carica, che quasi nessuno si aspettava. E infatti non siamo riusciti a riorganizzarci e a comunicare bene tra noi. Alcuni hanno imboccato il vicolo per Montecitorio, dove però era in corso una manifestazione dei disabili, altri sono rimasti davanti al blocco, altri ancora sono tornati verso Piazza Venezia per bloccarla.

Alla fine però ci siamo ricompattati davanti Palazzo Chigi e nel primo pomeriggio ci siamo diretti a Piazza Navona, verso palazzo Madama, inaccessibile.

Abbiamo cercato di raggiungerla passando sotto palazzo Grazioli e dopo aver sfondato un primo blocco ci siamo fronteggiati con un secondo, ma quello era proprio impermeabile. Persino il Sindaco e il deputato Lolli sono stati colpiti e il sindaco è stato anche contestato dai manifestanti per essersi voltato indietro ed avere invitato gli stessi a passare da un’altra parte.
Un ragazzo gli ha gridato: “girati, che te lo mettono in culo, come ti sei girato un anno fa e ce lo hanno messo in culo a tutti!”
Su un blindato dei carabinieri è stato appeso un cartello: “Tagliamo il governo, ricostruiamo L’Aquila coi soldi della cricca e propaganda FIDE, via il governo di ladri e assassini, FUORI I SOLDI!”. Altri slogans “Berlusconi pezzo di merda” “Assassini” “Ladri” “servi dei servi dei servi dei servi” ecc., oltre naturalmente a “L’Aquila L’Aquila”, “qui fanno entrare soltanto le escort e gli spacciatori di coca” ecc.

Intanto il tempo passava davanti a quel blocco e si rischiava di arrivare tardi a Palazzo Madama. Così si è deciso di retrocedere e prendere un’altra via.
Al Presidio in Piazza Navona è stato contestato il senatore pdl Scelli, ex dirigente della croce rossa e ci è giunta la voce, dai palazzi del potere, che Giovavardi avrebbe detto a Cialente di non perdere tempo a Roma e di andare a lavorare all’Aquila.
“Tornatevene a casa vostra!” è stato anche l’invito che ci hanno rivolto 2 passanti sfidando il linciaggio, ma complessivamente abbiamo trovato, sbirri a parte, una buona accoglienza e solidarietà.

Al ritorno verso corso Umberto, dove erano gli autobus, abbiamo proseguito il corteo bloccando il traffico, anche con sit-in.

Infine siamo passati per via Ulpiano, sede del dipartimento di protezione civile, anch’essa blindata. Siamo arrivati sin sotto il portone per fare i nostri complimenti e ringraziamenti a Bertolaso, alla Commissione Grandi Rischi, alla cricca, allo schifo totale di questo sistema incivile. Abbiamo fatto un minuto di silenzio per le vittime del sisma e ce ne siamo andati con una promessa, che i guardiani della cricca possono aver preso come una minaccia, ma abbiamo subito chiarito l’equvoco: “Noi non vi dimenticheremo” gli abbiamo detto, “non vi abbandoneremo, torneremo e saremo sempre di più”

“Revenemo!”, così li abbiamo salutati e abbiamo salutato Roma

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altri report





in uscita il nuovo numero del foglio del mfpr

E' in uscita il nuovo numero del foglio del mfpr che contiene, tra l'altro:
informazioni sulla vicenda Joy e valutazione dell'8 giugno;
le lotte delle proletarie: le disoccupate di Taranto, le precarie di Palermo, alcune vicende significative e la questione manovra economica/donne/pensioni che rilancia la necessità dello sciopero delle donne; ripresa della due giorni del 13 e 14 marzo a Taranto con il seminario a fine luglio.

Richiedetelo e diffondete!

di seguito un primo commento sulla sentenza della cassazione che troverete nel foglio

"Se una donna è forte si può maltrattare": ennesima sentenza shock della Cassazione
E' stata riportata solo da alcuni quotidiani, in un trafiletto, una sentenza della Cassazione che doveva esprimersi su una condanna, in primo e secondo grado, a otto mesi di reclusione del marito di una donna che lo aveva denunciato per le "continue ingiurie, minacce e percosse", prottrattesi per ben tre anni. La Cassazione ha accolto la tesi del marito che, pure parzialmente confesso, giudicava la moglie "di carattere forte" e, quindi, non si trattava di maltrattamenti in quanto la moglie "non era per nulla intimorita" dal comportamento del coniuge ma solo "scossa, esasperata, molto carica emotivamente". Sempre secondo la Cassazione i giudici di primo e secondo grado hanno "scambiato per sopraffazione..un clima di tensione fra coniugi". E, ancora, "perchè sussista il reato di maltrattamenti occorre che sia accertata una condotta abitualmente lesiva della integrità fisica e del patrimonio morale della persona offesa".

La Cassazione non è nuova a sentenze shock in tema di violenze alle donne- la sentenza sui jeans, il marito che, di tanto in tanto, può picchiare la moglie..-, ci sembra, però preoccupante e una spia della situazione generale che alla notizia non sia stata data la risonanza dovuta in termini di denuncia del portato della sentenza stessa. Vi è di più, la Cassazione esprime un certo paternalismo e disponibilità a "proteggere" le donne che, con il comportamento, dimostrino fino in fondo di essere vittime, mentre le donne in grado di difendersi, che denunciano, non meritano di essere "protette".
Se con la mente si va agli efferati omicidi di donne, anche solo degli ultimi giorni, sembra che la realtà concreta "anticipi" la sentenza della Cassazione, visto che molte delle donne uccise avevano già denunciato i loro assassini per minacce, persecuzioni, molestie continuate.

vittoria di un operaia nigeriana

Da Info@slaicobasmarghera.org:

7-7-2010
DIVERSI SUCCESSI DEL NS.SINDACATO: SEI NIGERIANA E TI PUOI SPOSARE!
Ottenuto in vertenza senza ricorrere al Giudice del lavoro il reintegro di una operaia nigeriana che, appena tornata dal matrimonio, era stata licenziata da una azienda di componentistica elettronica della provincia di Treviso.
- Ottenuto il 1-7-2010 avanti il Giudice del Lavoro di Venezia un
riconoscimento economico da parte della Multiservice scarl (che prende lavori in appalto nelle pulizie, e ne affidava diversi alla Job Project) e accettato da una lavoratrice nigeriana, che un anno fa si era rivolta al ns.Sindacato (ha rifiutato la proposta di reintegro in quanto con orario insufficiente) poiché aveva perso il lavoro causa della banda "European Service-Job project", verso la quale il ns.Sindacato sta facendo un'inchiesta per produrre una denuncia per associazione a delinquere. Al processo il ns.legale aveva chiamato sia la Job project che la Multiservice.
Sulla Job Project, che ha fregato 400 lavoratori e lavoratrici delle pulizie solo a Mestre, ci sono già in giro per l'Italia 60 sentenze di condanna inapplicate:

BASTA CON LO SCANDALO DELLE FALSE COOPERATIVE!

05/07/10

Montalto: al fianco di Marinella

riprende domani il processo agli 8 stupratori, gli otto "bravi ragazzi" difesi dal sindaco, zio di uno degli stupratori che aveva messo 40.000 euro a disposizione per la loro difesa, ma difesi da quasi l'intera città "Si è divertita pure lei"... ..."E' colpa sua" "Se l'è cercata", come dichiararono in parecchi, pubblicamente in una trasmissione di Canale 5.
La Cassazione ha, infatti, deciso per la ripresa del processo, in seguito al ricorso presentato dalla madre di Marinella. Processo che era stato sospeso con l'affidamento degli otto violentatori ai servizi sociali.

Ancora una volta a fianco di Marinella, per la condanna di tutti gli otto "bravi ragazzi"

mfpr-milano

rompiamo la "normalità" di morte

Il 30 giugno, un carrozziere prima ammazza la sua ultima fidanzata, Maria Montanaro vicino Torino e poi va in provincia di Cremona ad ammazzare una altra ex Sonia Balcone, infine si ammazza.
Non sono uccisioni non annunciate. Sonia aveva fatto almeno 7 denunce per le minacce che subiva da quando si erano lasciati, aveva il terrore di incontrarlo; lui era stato rinviato a giudizio, gli era stato revocato il porto d'armi.

Sempre il 30 Giugno a Lecce un uomo strangola il figlio di due anni per punire la moglie.

Il 3 luglio, Novara, viene scoperto il corpo di Simona Melchionda uccisa a giugno dal suo ex fidanzato carabiniere che dopo averle sparato l'ha gettata nel Ticino. "I genitori di lei dicono che lui non voleva rassegnarsi al rifiuto della figlia".

Ancora 3 Luglio, Cremona, Debora Palazzo viene uccisa dal suo ex fidanzato, lo aveva lasciato a marzo e lui aveva cominciato a perseguitarla. Si ammazza anche lui lasciando un biglietto "O mia o di nessun altro". Aveva il porto d'armi per "uso sportivo".

Sempre nei giorni scorsi viene fuori che un uomo per anni ha stuprato una donna con i suoi arnesi da lavoro.

Tante altre donne in questi mesi sono state uccise, hanno subito violenze sessuali. Quasi tutte da ex mariti, da ex fidanzati. Quasi tutte da persone "normali" e anche "per bene" come diceva il datore di lavoro del carrozziere. Sono i "bravi" carabinieri, servitori dell'ordine, sono le "brave persone" che hanno il porto d'armi, perchè ci tengono alla "sicurezza" o per "sport".
La maggiorparte di questi assassini di donne avvengono nelle province del nord, in cui le "brave persone" coltivano e vengono incentivate a coltivare, da "bravi" rappresentanti di partiti di governo, come da Sindaci di ogni schieramento, da preti come da forze dell'ordine, ecc., una ideologia della proprietà (e la moglie, la fidanzata, è prima di tutto una propria proprietà), della conservazione, un'idelogia oggettivamente, oltre che maschilista, fascista; e chi mette in discussione questo, che siano le donne (o che siano gli immigrati) va eliminata.

MA DOVE E' IL REATO!?

Il 2 luglio la Corte di Cassazione emette una sentenza: "Se la moglie è una donna forte, maltrattarla non è reato"!

Ma c'è un alternativa alle tragedie, che viene offerta sempre ai maschi normali.
"L'Italia detiene il primato del turismo sessuale prevalentemente pedofilo. "primi in Europa sono 80 mila maschi, di cui quasi un terzo pedofili, e più dell'80% eterosessuali. In kenya, Brasile, Thailandia, Cuba, Santo Domingo. "per il Brasile e la Thailandia in certe stagioni partono charter a pieno ritmo... in due settimane il predatore è capace di avere rapporti con venti partner diversi".
Ci stanno tutti "dal padre di famiglia al parroco... il pedofilo è perfettamente integrato nella società. E' il marito normale, non ha l'aspetto dell'orco" (Il Fatto del 4 luglio '10).

BASTA CON QUESTA "GUERRA DI BASSA INTENSITA'" CONTRO LE DONNE!

ROMPIAMO LA "NORMALITA'", CON LA "ANORMALITA'" DELLA RIBELLIONE ORGANIZZATA DELLE DONNE.

5.7.10 Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario.
mfpr@libero.it

02/07/10

Sentenza: se una donna è "forte" si può maltrattare

Cassazione, pronuncia choc: la moglie 'forte' si puo' maltrattare
Assolto un marito perche', nonostante le botte, lei non si intimoriva

ROMA - Le mogli che hanno un carattere ''forte'' e che non si lasciano ''intimorire'' dal clima di intimidazione, comprensivo di percosse, al quale le sottopone il marito corrono il rischio di vedere assolto il coniuge dal reato di maltrattamenti proprio per via della fermezza della loro forza d'animo.La Cassazione, infatti, ha annullato la condanna a 8 mesi di reclusione nei confronti di un marito accusato di aver maltrattato la moglie per tre anni. Dinanzi alla Suprema Corte il marito aggressivo ha sostenuto con successo che non si trattava di maltrattamenti in quanto la moglie ''non era per nulla intimorita'' dal comportamento del coniuge ma solo ''scossa, esasperata, molto carica emotivamente''

Fonte ansa

La repressione del G20 contro le donne

".. Oltre 900 arresti sono stati effettuati durante il fine settimana a Toronto attraverso sequestri, segnalazioni politiche, irruzioni nelle abitazioni e nei luoghi di alloggio, violenza, brutalità, intimidazioni e vessazioni. È il più grande numero di arresti nella storia del Canada, fatti a scapito di quei manifestanti che non hanno fatto altro che esprimere il proprio disaccordo con la politiche capitaliste, securitarie, sessiste, colonialiste e anti- sociali del G20 e dei grandi finanzieri di questo mondo..."

"...Durante il fine settimana all'interno del centro di detenzione a Toronto, le donne arrestate tra il 17 e 25 hanno sperimentato discriminazioni sessuali, minacce e molestie sessuali da parte della polizia. Una donna che in seguito si è espressa davanti ai media è stata testimone di donne traumatizzate da intimidazione e violenze sessuali da parte di agenti di polizia nella stessa prigione. Altri detenuti si sono fatti minacciare di stupro e stupro di gruppo da parte della polizia che diceva loro che questo gli avrebbe tolto la voglia per sempre di partecipare ad azioni politiche. Inoltre, molte lesbiche, gay e trans sono stati collocati lontano da altri prigionieri politici, in una cella che è stata loro riservata..."

Manifestazione contro la repressione e in solidarietà con gli arrestati del G20

Giovedi , 1 ° luglio - 12 nuovo appuntamento: Carré Saint -Louis (St-Denis & Rue du Square St-Louis, metro Sherbrooke)..."

MFPR

PER IL REINTEGRO DI JESSICA!


Jessica non si piega! La lotta non si ferma!

La vertenza che mira al reintegro di Jessica Capozzi in ATM si arricchisce di altri importanti elementi a suo sostegno che esemplificano lucidamente un po' tutta la questione. Infatti a parziale retromarcia rispetto alle posizioni iniziali di chiusura totale, ATM, nell’ambito della fase procedurale di conciliazione in prefettura, ha provato ad offrire a Jessica il boccone avvelenato di rientrare in ATM ma con la beffa/provocazione del demansionamento, cioè ausiliaria della sosta che di per sé sarebbe stato un piccolo successo se ci fossero delle minime colpe per il mancato rinnovo del contratto, invece neanche un istante per valutare la presa per i fondelli offerta da ATM e per rispedire al mittente la proposta

Questa decisa presa di posizione da parte della lavoratrice, si fonda ovviamente sia sulla estrema correttezza da lei tenuta nel corso dell’anno di contratto a tempo determinato(sostenendo e aiutando ATM spropositatamente con una enormità di ore di straordinario svolte), sia per la discriminazione subita rispetto a centinaia di altri lavoratori che si vedono trasformati il contratto in tempo indeterminato. Per di più, nella fattispecie, l'alone di trame tessute contro di lei dai macho “capò” del deposito Palmanova

Anche in ATM quindi siamo di fronte a discriminazioni sessiste sopratutto se di fronte si ha lavoratrici non disposte ad accettare i soliti diktat

DI FRONTE A TUTTO CIÒ IL NOSTRO APPOGGIO NON PUÒ CHE ESSERE ANCORA PIÙ CONVINTO!

Ed è per tutto ciò che non si deve smobilitare, ma anzi rilanciare e rimettere al centro dell’attenzione la giusta rivendicazione di Jessica, ovvero le giuste rivendicazioni di milioni di altri lavoratori. Dai senza lavoro ai lavoratori sfruttati con salari da fame, dai precari ai pensionati della seconda settimana, dai giovani senza prospettive di un futuro ai lavoratori privati di ogni più elementare diritto e dignità: è la lotta di Jessica la strada da intraprendere per tutti, diversamente c'è immobilismo, rassegnazione, isolamento, frammentazione, sconfitte su sconfitte e totale sopraffazione dei pescecani di cui siamo circondati.

LAVORATORI, NON È PIÙ TEMPO DI INDUGI!
LE ATTESE STANNO DIVENTANDO REGOLE DI VITA!
SALARI. DIRITTI E DIGNITÀ BARCOLLANO!

ORGANIZZIAMOCI!

SABATO 3 LUGLIO ORE 19.00
C.S. VITTORIA - VIA FRIULI ang. via muratori
MERCOLEDÌ 7 LUGLIO ORE 15.00
PRESIDIO DAVANTI LA DIREZIONE ATM
IN FORO BONAPARTE, 61