30/04/10

Palermo: la lotta delle lavoratrici/ori coop sociali

Continua la lotta delle lavoratrici e lavoratori delle Cooperative sociali, in servizio nelle scuole superiori di Palermo e provincia come assistenti igienico/sanitari agli studenti in situazione di handicap.

Determinati e combattivi, mettendo in campo in questi mesi diverse assemblee e iniziative di protesta al palazzo della provincia regionale di Palermo, alla Rai, alla sede del Giornale di Sicilia. in difesa del posto di lavoro, le lavoratrici e i lavoratori hanno deciso di scioperare e di bloccare il servizio perché vogliono garanzie circa il rinnovo del contratto di lavoro in scadenza a giugno sul quale la Provincia Regionale di Palermo ha continuato a non dare risposte certe e sono contro la cosiddetta procedura di accreditamento, cioè la scelta diretta degli operatori da parte delle famiglie, che la Provincia vorrebbe iniziare a mettere in atto al posto del bando di appalto, secondo un orientamento nazionale che sta via via prendendo piede anche in altri settori pubblici e che non farebbe che creare solo maggiore precarietà e non stabilità lavorativa.

La sola notizia dell’intenzione di scioperare che si è subito diffusa, parliamo di lavoratrici e lavoratori che dopo dieci anni hanno partecipato per la prima volta ad un’assemblea sindacale in orario di lavoro organizzata dallo Slai cobas per il sindacato di classe e per i quali la parola sciopero era come se nell’ambito del loro settore non dovesse esistere sempre ricattati e minacciati di licenziamento dai padroncini delle coop e sempre frenati nelle azioni di lotta dai sindacati di cui precedentemente facevano parte, in larga parte la Cgil, ha fatto seriamente preoccupare istituzioni e cooperative.
Questa volta nessuna scusa è spuntata da parte del Presidente Avanti per rifiutarsi di incontrare i lavoratori che guarda caso sono stati subito convocati al palazzo della provincia.

Un centinaio di lavoratrici e lavoratori hanno presidiato il palazzo della provincia nella giornata in cui si è svolto l’incontro al quale ha partecipato una folta delegazione che è stata imposta dai lavoratori contro le disposizioni del Presidente Avanti che voleva farne salire solo due o tre al massimo.

Si è trattato di una discussione piuttosto articolata in cui le lavoratrici e i lavoratori non si sono affatto fatti intimorire dall’atteggiamento alquanto arrogante del presidente Avanti, al contrario i lavoratori hanno denunciato con forza la condizione lavorativa di precarietà e sfruttamento sancita da un capitolato che prevede contratti di lavoro a tempo indeterminato sulla carta perché impediscono di lavorare ed essere pagati tutto l'anno costringendoli a rimanere inattivi e senza stipendio nei tre mesi estivi e durante le vacanze natalizie e pasquali;
hanno detto che contrasteranno con ogni mezzo l’eventuale avvio della procedura di accreditamento e su questo è stato portato con forza anche l’esempio concreto di ciò che è in atto a Palermo, già da un anno a quasta
parte, nel settore delle coop sociali riguardante i lavoratori assistenti alla comunicazione nelle scuole per i ragazzi con problemi uditivi i quali in una nostra assemblea sindacale hanno denunciato gli effetti assolutamente negativi di tale procedura: scelti direttamente dalle famiglie, non hanno alcuna garanzia di continuità lavorativa, la chiusura del ciclo quinquennale di studi dello studente diventa un incubo perché “se l’anno prossimo nessuna famiglia ci sceglie che facciamo?”
Altro che qualità e migliore offerta del servizio, come si va vantando sui giornali il Presidente della provincia Avanti, ma l’innestarsi invece di veri e propri meccanismi di sudditanza tra la famiglia “datrice di lavoro”e l’operatore sociale “assunto” che pur di non perdere le simpatie della famiglia si accontenta di fare anche servizi che non gli spettano; una lavoratrice ha raccontato che essendo lo studente di cui si occupa all’ultimo anno di scuola, stava pianificando con il proprio marito di fare un figlio “almeno prendo l’indennità di maternità fuori nomina se non dovessi essere scelta l’anno prossimo, ma è normale che si debbano fare figli non per scelta ma per costrizione???”;

infine alquanto arrabbiati le lavoratrici e i lavoratori hanno anche rinfacciato al Presidente Avanti e ai dirigenti presenti, che per tutto il tempo sembrava avessero le spine sulle sedie, la loro grande "solerzia" in tempi elettorali verso le esigenze dei lavoratori, ma oggi che fine hanno fatto le tante promesse di stabilizzazione, internalizzazione e via dicendo????

Dinanzi alla determinazione e protesta delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno chiaramente detto che non molleranno nella lotta, seguiranno passo passo i lavori per il nuovo affidamento del servizio per i prossimi due anni,che presenteranno al consiglio provinciale un documento con le proposte circa i nuovi contratti, l’aumento delle ore, la copertura lavorativa dei 12 mesi, aprendo anche un altro fronte con la Regione Siciliana che stanzia le risorse finanziarie, il Presidente e compagnia sono stati costretti a parlare di “bacino bloccato di lavoratori” che in una forma o nell’altra non perderebbero il lavoro.

Vedremo, la lotta continua…

Lavoratrici e lavoratori Cooperatove sociali organizzati nello Slai Cobas per il sindacato di classe

24/04/10

25 aprile a Taranto


LA NOTTE DELLE DONNE ALLA TENDA PER IL LAVORO A TARANTO!


Da martedì 20 aprile a Taranto è stata messa sotto il Comune, giorno e notte, la "Tenda per il lavoro" dei Disoccupati Organizzati Slai cobas per il sindacato di classe.
In questa lotta, da quando è cominciata, le disoccupate sono state l'anima più determinata, più attiva e ribelle, sono state quelle che si sono scontrate per prime con la polizia - andando loro contro i vigliacchi in divisa e i loro scudi; ma sono anche quelle che hanno ballato sui tavoli del Comune occupato; sono le "donne pericolose" che l'8 marzo si sono presi il palco elettorale; quelle che dicono: la lotta è dura ma noi abbiamo deciso di alzare la testa!

E anche nella gestione della "Tenda per il Lavoro" le disoccupate non potevano delegare la notte solo ai maschi disoccupati, accettando l'idea che le donne "non possono stare la notte".
Per questo le donne, disoccupate del Movimento femminista Proletario Rivoluzionario hanno detto: "domenica 25 aprile, giorno della liberazione alla tenda di notte vi saranno solo donne!"
Abbiamo deciso di farlo in questo giorno perchè vogliamo oggi lottare per la nostra liberazione dalla mancanza di lavoro, di futuro, dall'oppressione e violenza di questo sistema sociale; e oggi, come ieri noi donne non vogliamo delegare nessun aspetto di questa questa lotta, e vogliamo "occupare" tutti gli spazi.

CI PRENDIAMO LA NOTTE! Perchè non accettiamo che di notte dovremmo solo stare in casa o avere paura a stare fuori.
CI PRENDIAMO LA NOTTE, e sarebbe bello se altre lavoratrici, donne venissero alla tenda.

Le Disoccupate Organizzate del MFPR Taranto

23/04/10

Milano, 23 aprile 2010



Nelle pagine milanesi di alcuni quotidiani oggi è apparsa la notizia sotto riportata per cui Joy avrebbe tentato il suicidio ingerendo sapone liquido, con un breve resoconto della sua storia dalla rivolta alla condanna e denuncia del tentato stupro subito in Corelli. Nei trafiletti si fa anche riferimento alla data prevista per la sua deposizione per il procedimento per violenza sessuale che è l'8 giugno.
Già da oggi lanciamo la proposta di presidio per l'8 giugno davanti al Tribunale in sostegno di Joy a cui mandiamo anche in questa occasione la solidarietà. Non possiamo non denunciare come si usino demagogicamente due pesi e due misure: la ministra Carfagna si riempie tanto la bocca con il suo decreto antistalking, in difesa delle donne vittima di violenze, ma Joy che denuncia l' Ispettore di Corelli viene tenuta ancora oggi all'interno dei Cie.

Costruiamo, a partire da oggi, una manifestazione al Tribunale per l'8 giugno: Vogliamo: Joy libera Adesso arrestato!

mfpr milano

22/04/10

Ancora stupri dai servi dello stato

Da www.italiainformazioni.com

Milano, un altro finanziere arrestato per abusi su prostitute Accusato di violenza sessuale di gruppo, concussione e peculato
Ieri, 19 aprile 2010 21:47 un altro finanziere, gia' in servizio a Milano, e' stato arrestato dai suoi colleghi con l'accusa di aver abusato di prostitute. L'uomo avrebbe compiuto gli abusi durante i controlli di routine contro l'immigrazione clandestina. Sono gli ulteriori sviluppi di un'inchiesta che ha portato gia' all'arresto di due militari nel giugno 2009 e di altri tre lo scorso marzo per ulteriori episodi di abusi sessuali. I reati contestati sono violenza sessuale di gruppo, concussione e peculato.


Violenza di poliziotti, di guardie, di finanzieri che abusano della loro sporca divisa di servi dello stato per stuprare le immigrate nei CIE , le detenute nelle carceri, le prostitute per strada!

E il governo invece di denunciare cerca di insabbiare, di minimizzare, di circoscrivere tutto attorno alle solite “mele marce” che “purtroppo ci sono in ogni ambito”.

Schifosa ipocrisia sulla pelle delle donne! ma non potrebbe essere altrimenti visto come utilizzano il potere politico, primo della lista in questo Berlusconi, per affermare come “normale” l’uso/abuso del corpo delle donne.

Il vero marciume è quello di questo stato borghese con i suoi apparati repressivi che in un intreccio sempre più stretto tra sessismo, maschilismo, razzismo e moderno fascismo ogni giorno sempre di più vogliono fare avanzare le donne verso un moderno medioevo.

Ribellarsi è doppiamente giusto!!!

Mfpr

15/04/10

Sei povero? In galera! Le donne ai domiciliari, nella doppia prigione delle mura domestiche

Da Il Centro del 15 aprile 2010

Ladre per fame, madri di famiglia arrestate

Mogli di operai e con due figli, prendono riso, pasta e biscotti
MAGLIANO DEI MARSI. Madri di famiglia si trasformano in ladre per necessità. Disoccupate, mogli di operai, e con due figli, hanno rubato generi alimentari nel supermercato, ma sono state scoperte e arrestate dai carabinieri. Nella refurtiva sono stati trovati anche pasta e biscotti per i bambini. Alle due casalinghe, che sono comunque risultate incensurate, sono stati concessi gli arresti domiciliari. Sono due casalinghe che abitano nel circondario di Magliano, due figli a carico ciascuna, e i mariti che lavorano come operai con uno stipendio da 800 euro al mese. Persone insospettabili, apparentemente senza problemi economici. Eppure sono state scoperte a rubare il cibo di tutti i giorni, colte sul fatto mentre portavano via dal supermercato generi alimentari di prima necessità. Con una spesa di pochi euro erano riuscite a caricare nelle capienti buste di plastica “shopping bag” una grande quantità di prodotti, tra cui generi come pasta e riso. I carabinieri hanno eseguito una perquisizione nelle abitazioni delle due donne, scoprendo refurtiva per un valore complessivo di circa trecento euro ognuna. Tramite i codici a barre della merce è stato infatti possibile accertare che i prodotti alimentari non erano stati pagati e provenivano proprio da quel supermercato. Tra la refurtiva c’erano, oltre alla pasta e al riso, prosciutto, biscotti, ananas, funghi, formaggio, tonno, succhi di frutta, cioccolata e anche liquori. A far scattare l’intervento dei carabinieri della caserma di Magliano, guidati dal maresciallo Augusto Pellecchia, è stata la segnalazione dei proprietari del supermercato. Si erano insospettiti nel vedere le due donne entrare con le buste vuote che all’uscita diventavano stracolme. Hanno così fatto scattare la trappola e hanno colto sul fatto le casalinghe. Ora dovranno rispondere dell’accusa di furto aggravato. Un caso simile, che coinvolse due persone di Magliano di 35 anni, avvenne a Cappelle lo scorso anno. Anche in quel frangente furono fermate dai carabinieri della compagnia di Tagliacozzo quando erano ancora in possesso della merce. Allora, però, scattò solamente la denuncia. Gli stessi carabinieri fanno rilevare che si tratta di episodi frequenti e che negli ultimi tempi sembrano aumentare in modo esponenziale, soprattutto dopo la crisi economica e quella occupazionale che sta interessando la Marsica [...]

13/04/10

Per Michela

Care compagne tutte
vogliamo denunciare un fatto gravissimo che è avvenuto nella nostra città e che ha coinvolto tra gli altri una nostra compagna del collettivo femminista sommosse e del gruppo del wendo.
Sabato sera era con altri compagni nel centro storico di Perugia a prendere un aperitivo prima di partire per un concerto verso Fabriano.
Il gruppo di compagn* stava conversando quamdo si sono avvicinati 7 figuri, che senza dare nessun segno di identificazione hanno chiesto loro i documenti. Mikela ha rifiutato di darli, i "poliziotti" erano in borghese e non mostravano alcun distintivo. Mikela è stata aggredita verbalmente e fisicamente, è stata spintonata. Un compagno si è frapposto tra lei e un poliziotto ed è stato immediatamente ammanettato: nel giro di pochi minuti è nato un parapiglia in cui diversi compagni sono stati picchiati e tra questi due compagni, Riccardo e Lorenzo, infilati dentro le volanti prontamente sopraggiunte ed insieme a loro Mikela.
Chi di voi ha conosciuto Mikela, sa che Mikela è un piccola grande compagna, straordinaria ed appassionata, sempre in prima fila, pronta a mettersi in gioco e a lavorare con e per gli altri.
Abbiamo costruito insieme il nostro collettivo femminista ed insieme lavorato sulle battaglie per il reddito, contra la violenza maschile e contro il securitarismo.
In una città, Perugia, sempre più piena di telecamere e in cui i controlli o meglio i "rastrellamenti" sono diventati all'ordine del giorno.
Una città che si è trasformata in un carcere all'aperto.
Oggi ci sarà il processo in direttissima, oltraggio,e restistenza aggravata son i capi di imputazione. Mikela sta facendo la sua tesi sulla città e la sicurezza da un punto di vista di genere. Abbiamo fatto insieme una video-ricerca: "Safety or security? Quale genere di sicurezza per la mia citta?" che proietteremo presto ovunque: abbiamo provato a decostruire il concetto ideologico di sicurezza che per le donne significa stare tutte a casa magari a farsi picchiare dal marito.
Mikela ha detto no. Ed insieme a lei, arrestata senza alcun motivo,o per non essere rimasta a casa nella prigione sua prigione domestica, Noi diciamo no. Non resteremo a casa e non ci faremo intimorire: dall'avanzata delle destre, dalla gestione securitaria della crisi economica, dal razzismo, dal sessismo.
Noi non abbiamo paura!

Sommosse Perugia

Forte solidarietà dalle compagne e lavoratrici del movimento femminista proletario rivoluzionario

mfpr.palermo

Michela è una di noi
Michela è proletaria
Michela è una compagna diretta e trasparente
Michela è disarmante con la sua sincerità, incompatibile con il compromesso e con l'ipocrisia
Michela è femminsta
Michela è una donna ribelle, perchè ha vissuto sulla propria pelle oppressioni di genere e di classe
Michela è nostra
Nostra è la sua passione
Quella di una piccola grande donna
femminista, proletaria, rivoluzionaria
L'hanno messa ai domiciliari, al suo paese
Non potevano trovare prigione peggiore per lei
che si è sempre battuta contro l'oppressione della sacra famiglia
MICHELA LIBERA
LIBER@ TUTT@

Luigia

Ascolta l'intervento di Roberta su radiondarossa
altre info su infoaut.org

11/04/10

Resistenza aggravata a pubblico ufficiale

Resistenza aggravata a pubblico ufficiale

Questa la scusa con cui sono stati picchiati, ammanettati e portati via di peso dalla polizia tre giovani attivisti di Perugia, tra cui la compagna M. del collettivo sommosse.
Bevevano una birra con altre ragazze e ragazzi e tre loschi figuri si sono avvicinati chiedendo loro i documenti senza esibire alcun distintivo. Uno dei ragazzi ha chiesto quale fosse il motivo del riconoscimento ricevendo come risposta uno scossone. L. è stato subito ammanettato e trascinato via dietro a un vicolo e M. è stata letteralmente scaraventata dentro una volante, mentre altri compagni accorrevano. Gli sbirri in borghese hanno cacciato fuori i manganelli e picchiato le compagne e i compagni solidali e arrestandone un terzo. Ai presenti che cercavano di riprendere quel delirio con i cellulari è stato strappato dalle mani il telefonino e a un ragazzo è stato rotto un dito per “disarmarlo” da quell’arma di distruzione di massa.

Resistenza aggravata?
RESISTENZA SEMPRE!
Compagne e compagni liberi subito!

Allego qui sotto comunicato arresti
Luigia

Una storia di ordinaria follia
Perugia: arrestati tre attivisti
Lorenzo, Michela, Riccardo: Liberi subito!

Quella che stiamo per raccontare è una storia di ordinaria follia. Non sappiamo come definire altrimenti quello che è capitato ieri sera a Lorenzo, Michela e Riccardo, tre attivisti del Centro Sociale Ex Mattatoio.
I tre si trovavano nella centralissima Piazza IV Novembre e stavano bevendo una birra insieme ad altre persone, in attesa di mettersi in macchina per raggiungere Fabriano per assistere al concerto degli Assalti Frontali, in programma al CSA Fabbri. Tre loschi individui si sono avvicinati chiedendo loro di esibire i documenti senza esibire nessun distintivo. Uno dei ragazzi ha chiesto quale fosse il motivo del riconoscimento ricevendo come risposta uno scossone. Gli animi si sono surriscaldati e sul posto sono arrivate due volanti. Lorenzo, Michela e Riccardo sono stati malmenati, ammanettati e portati via sulle vetture che partivano a sirene spiegate verso la questura. Nel frattempo altri ragazzi che protestavano per quello che stava succedendo sono stati minacciati, malmenati e allontanati brutalmente.
Per tutta la notte nessun avvocato e nessun parente aveva ancora potuto incontrarli e accertarsi delle loro condizioni. L'unica notizia fornita è stata la convalida del fermo dei tre, con l'accusa di resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Notizia che ha provocato sgomento e rabbia dei parenti e dei tanti amici/he e compagni/e che nel frattempo avevano raggiunto la questura.
Una storia che vede la violenza e la sopraffazione rasentare la follia pura, in cui i vigilanti hanno un potere di discrezionalità pressochè assoluta. Una storia ordinaria, perchè consumatasi sullo sfondo di una città dove si respira sempre più un clima "cileno" e dove sembrano avere legittimità solamente massoni, costruttori, faccendieri e narcotrafficanti. Decine di posti di blocco ogni sera sulle strade del centro storico, poliziotti in borghese, vigilanti e pattuglie a presidiare le piazze e le vie principali. Perugia puzza di deserto. Un deserto che mira ad entrare nelle nostre esistenze per saccheggiarle e svuotarle.
Vogliamo la libertà immediata per Lorenzo, Michela e Riccardo, "sangue del nostro sangue".
Vogliamo una città altra, e la costruiremo con la forza delle nostre lotte e delle nostre passioni e con la potenza che la nostra indipendenza riesce a sprigionare, sempre e ovunque.
Domani mattina alle ore 10,30 si terrà, presso l'atrio del Comune, in Via dei Priori, una conferenza stampa pubblica, in cui verrà denunciata alla stampa ed alla città intera il gravissimo episodio accaduto.

Csoa Ex Mattatoio
CommonsLaB Perugia
Collettivo Femminista Sommosse Perugia

L'affittacamere

La storia di Paola, trans brasiliana , che vive prostituendosi in appartamento a Milano. La storia di Paola che finisce nel Cie di Via Corelli a Milano. La storia di un incontro nel Cie con un poliziotto che lei già conosce. La storia di un poliziotto che arrotonda affittando appartamenti agli stessi clandestini che poi finiranno nel Lager. La storia di Paola, che denuncia pubblicamente il suo affittacamere, viene prelevata dalla polizia questa mattina nel cie di via corelli a milano, il perchè non lo sappiamo, lei non risponde più al telefono. Oggi la Questura di Milano ha deciso di far uscire la notizia per evitare che l'ennesimo scandalo gli esplodesse per le mani. Ma il coperchio del silenzio dei CIE d'Italia è saltato, ed è chiaro a tutti che non è questione di mele marce. Una storia tutta italiana...Ascolta l'intervista a Paola raccolta due giorni fa

09/04/10

RU 486: tutto bene in Puglia?

La Puglia è la prima Regione in cui ieri è stata utilizzata la pillola Ru486. Tutto bene, allora? La realtà va purtroppo in tutt'altro senso. A Taranto tutti i medici dell'ospedale sono obiettori di coscienza. Anche per poter fare l'aborto farmacologico l'Asl sta ricorrendo al "prestito" di un medico di una struttura privata. Ma al massimo solo per un giorno alla settimana le donne potranno ottenere l'interruzione della gravidanza. Nell'Ospedale di un paese in provincia di Taranto, Castellaneta, uno dei più moderni e grandi della Regione voluto da esponenti del centrosinistra, non esiste proprio la possibilità di praticare l'aborto.
Di fatto quindi anche nella Regione di Vendola le donne non potranno utilizzare come servirebbe la pillola Ru486.
E non basta rilasciare soddisfatte dichiarazioni di stampa, se anche da noi la Ru486 rischia di rimanere un'eccezione, ma anche se con il problema dei tre giorni di ricovero si rende inutilmente difficoltoso per le donne fare l'aborto, soprattutto per ragazze e immigrate (tanto che la prima donna che ieri ha preso la pillola nell'ospedale di Bari non ha accettato il ricovero).

L'obiezione di coscienza è imporre il presunto "diritto" del singolo medico (che spesso lo fa per mero interesse professionale se non di soldi: l'aborto si fa ma nel suo studio privato), contro l'interesse sociale, collettivo di libertà di scelta delle donne.
Una società con il potere in mano alle masse popolari, una società socialista, questo lo vieterebbe.
Oggi occorre impedirlo con la lotta delle donne, se non sono le istituzioni ad imporre ai medici di fare il loro dovere, lo dobbiamo fare noi, portando la lotta e la presenza organizzata delle donne direttamente negli ospedali.

E UNA INIZIATIVA IN QUESTO SENSO LE DISOCCUPATE E LE LAVORATRICI DEL MFPR STANNO ORGANIZZANDO PER I PROSSIMI GIORNI.

Questa battaglia oggi è centrale, nella lotta contro il clericofascismo.
Non a caso i leghisti, Cota in Piemonte e Zaia in Veneto nel dare un immediato segnale di come useranno il loro potere hanno attaccato la libertà di aborto; non a caso Ratzinger e vescovi hanno riaperto con violenti anatemi la nuova guerra santa contro le donne, trovando chiaramente Berlusconi e i nuovi baciapreti leghisti in sintonia: l'oppressione delle donne è un punto chiave del loro potere moderno fascista.
Questa orda nera deve essere fermata subito.
Ma questa orda è illegale, agisce contro le stesse leggi dello Stato; Ratzinger facendo ieri l'appello ai "cristiani a rifiutare le leggi ingiuste" dichiara apertamente che le leggi non devono valere per tutti e che la popolazione è da dividere per religione, che vi devono essere leggi per cristiani e leggi per non cristiani - cos'è questo se non chiamare ad una guerra santa? Se non incentivare il fanatismo nella gente? Cosa c'è di diverso dagli Stati integralisti?
Questa orda è portata avanti da campioni di violenza reazionaria, di razzismo ostentato, di immoralità, da chi dovrebbe, in uno Stato minimamente democratico, stare in galera.
NON SE LO POSSONO PERMETTERE!

Ma questa è una battaglia di tutti: dei lavoratori, degli immigrati, della popolazione, degli intellettuali, dei democratici - o si sta contro la Lega, il Vaticano, il governo o si sta con il moderno fascismo.
Non ci sono "ma" o giustificazioni.
Il moderno fascismo cerca di colpire i settori più oppressi, ma anche i settori che più svelano la natura profonda antidemocratica, razzista, sessista del sistema sociale capitalista, ma poi colpirà tutti gli altri.

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario - Taranto

Omsa: un accordo che vale un pacco... di calze!

www.infoaut.org

Aggiornamento sulla situazione della Omsa di Faenza
a cura delle compagne del Centro Sociale Askatasuna e del collettivo femminista Rossefuoco

Dal piazzale dell'Omsa a Faenza, in via Pana, sono passati tutti, prima e dopo le elezioni, politici e televisioni, sindacalisti e parlamentari, Pd, PdL, Santoro, Di Pietro, La7 e Ballarò... ma la Omsa chiude.

Mesi di mobilitazioni, le operaie a presidiare i cancelli dello stabilimento giorno e notte per impedire che i macchinari venissero smontati e portati in Serbia, cortei e persino concerti, una campagna di boicottaggio ripresa anche dai social network più popolari avevano per lo meno costretto la proprietà a incontrare, in ultima istanza a Roma al Ministero per lo Sviluppo Economico, i rappresentanti dei lavoratori e lavoratrici Omsa, 320 donne di età media intorno ai 40 anni su un totale di 350 dipendenti, e a siglare, in seguito a tre riunioni nel giro di un mese e mezzo e dopo settimane di silenzio arrogante, un accordo che prevedeva, tra i vari punti, la ripresa delle attività fino a giugno e la riconversione dello stabilimento per altra produzione.

Un accordo firmato dal 70% dei e delle dipendenti, un accordo che vale un pacco di calze: si chiude. Cassa integrazione per due anni e gli impianti smontati e portati in Serbia, probabilmente tra maggio e giugno, stando ad alcune affermazioni sfuggite a un sindacalista durante la visita pre- elettorale di Antonio di Pietro.

Avevano visto giusto le cinquanta operaie del calzificio faentino, le cinquanta "estremiste" che si erano rifiutate di votare l'accordo, definendolo senza mezzi termini una resa agli interessi dell'impresa.

Si sono presentate lo scorso 25 marzo nello studio di Annozero in camice da lavoro verde e fascia nera al braccio in segno di lutto e hanno raccontato la loro storia: dai quaranta giorni di presidio, alla chiusura dello stabilimento usando come alibi la crisi, al tanto discusso accordo. "Qualcuno ci ha venduto e ci ha messo su una strada con le nostre famiglie e i nostri figli", hanno detto davanti alle telecamere, raccontando di pressioni fortissime esercitate dalla proprietà e dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali affinché accettassero l'accordo.

E mentre loro, tra piazze, tamburi, striscioni, fischietti, presidi, e studi televisivi continuavano, e continuano, la loro lotta, il patron del gruppo Golden Lady, Nerino Grassi, andava a Faenza con il suo consulente aziendale, William Storchi, a fare l'inventario e a raccontare, incredibilmente, la bufala di un'azienda in crisi perché la lycra, il materiale con cui le calze vengono realizzate, è troppo resistente e quindi le calze durano di più e le donne, di conseguenza, ne comprano meno.

Donne che non smagliano abbastanza collant sarebbero le responsabili del licenziamento di altre donne... verrebbe da chiedersi dove il signor Grassi, e soprattutto i suoi consulenti, abbiano ricavato una tale teoria economica, forse dagli stessi esperti che hanno consigliato ad Alessandra Servidori, PdL e oggi Consigliera Nazionale di Parità, sostenitrice dell'innalzamento dell'età pensionabile per le donne a 67 anni, la brillante soluzione di reimpiegare le operaie Omsa come baby- sitter o badanti. Davvero non ci sono commenti.

Lasciamo allora la parola alle estremiste della Omsa, che ci chiedono di continuare a sostenere e appoggiare tutte le lotte che metteranno in campo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, per evitare che, come temono, la loro vicenda venga cancellata una volta siglato un accordo penalizzante e totalmente sbilanciato, nella sostanza, sull'impresa.

L'invito è a boicottare la Omsa, a non comprare più i marchi del gruppo, vale a dire Golden Lady, Sisi, Philippe Matignon, Saltallegro, non solo collant, ma anche abbigliamento sportivo, per il mare e l'intimo: nei centri commerciali, nelle città grandi e piccole esistono negozi "goldenpoint", secondo il sito ufficiale vi potremo entrare e divertirci a creare il nostro stile con tutti i prodotti dell'azienda, sperimentando mille combinazioni e soluzioni...e sia!

La prima soluzione che ci viene in mente è, molto semplicemente, non entrare. Si può partire da questo per esprimere, con un atto chiaro, concreto e netto la propria solidarietà a tutte e tutti i dipendenti della Omsa, e, allo stesso tempo, tutta l'indignazione sia per chi capisce solo il linguaggio del profitto sia per chi tratta le donne, lavoratrici e no, alla stregua di pezzi di ricambio: operaie, baby- sitter, badanti non importa, tutte uguali, tutte ugualmente sostituibili.

Per concludere, da www.goldenlady.com, il profilo di un'azienda in crisi perché non smagliamo abbastanza calze:

Nata a Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova nel 1967, Golden Lady è oggi azienda leader nel mercato della calzetteria femminile italiana ed internazionale.

Lo sviluppo esponenziale dell'azienda nell'arco di pochi anni ha confermato la grande capacità aziendale nell'intuire le enormi potenzialità di crescita del settore della calzetteria femminile nel mercato nazionale ed internazionale.

Golden Lady è oggi il nome che identifica l'intero gruppo Golden Lady Company, realtà aziendale in continua espansione che raggruppa i principali marchi del mondo della calzetteria.

Il successo dell'azienda Golden Lady risiede nella qualità dei prodotti, da sempre concetto indiscusso che guida l'intera produzione aziendale e che si accomuna alla necessità di soddisfare i bisogni e i gusti di una clientela sempre più esigente e attenta.

Unitamente al must della qualità gli altri fattori che hanno contribuito al successo dell'azienda sono stati una veloce automazione, una netta superiorità tecnologica nei confronti di calzifici concorrenti, importanti investimenti pubblicitari e di marketing, una gestione efficace dei rapporti con il mercato distributivo ed una capacità di adattamento ai cambiamenti del mercato veloce e funzionale alle richieste.

La coerenza con gli obiettivi originari e sempre attuali, l'investimento continuo in ricerca e sviluppo, la volontà di offrire al mercato calze sempre originali e fashion fanno di Golden Lady il referente principale nel mondo della calzetteria femminile.

Golden Lady Company SpA
Sede: Via Giacomo Leopardi 3/5 - 46043 Castiglione delle Stiviere (MN) Italy

Continueremo a sostenere e far conoscere la lotta delle lavoratrici dell'Omsa.
Nessuna lotta deve rimanere isolata. Uniamo tutte le lotte verso uno SCIOPERO DELLE DONNE. Proponiamo alle lavoratrici dell'Omsa e a tutte le altre realtà in lotta di coordinarci e realizzare un incontro a maggio.

MFPR

Violenze di genere e di classe, la storia di Ambra

Violenze di genere e di classe, la storia di Ambra

Ieri in piazza Ambra ha raccontato la sua storia, una storia che si aggiunge a tante, troppe, una storia di “ordinaria” violenza in famiglia di cui ogni giorno le pagine dei giornali sono sempre più piene.


Ambra ricaccia indietro le lacrime mentre sul suo volto esplode la rabbia quando parla della trascorsa domenica di Pasqua, la “santa Pasqua”, quella che si dovrebbe trascorrere nella serenità della “sacra famiglia”, ma che invece si trasforma in un vero inferno: legnate, insulti, minacce di un marito che massacra la moglie perché “non c’è la spesa fatta per il pranzo pasquale e ora ti arranci tu!” In dialetto palermitano “Ora ti arranci tu” vuol dire “ora te la vedi tu, ora te la risolvi tu!” Ambra, lavoratrice precaria delle pulizie nella scuola, cosiddetta Ex Pip a 620 euro al mese senza contributi pensionistici e con un straccio di presunto contratto prorogato di mese in mese a volte anche di 15 giorni in 15 giorni, praticamente è l’unica che campa la sua famiglia, il marito è disoccupato e i due figli ormai maggiorenni sono entrati a far parte dell’esercito ogni giorno sempre più grosso di giovani che a Palermo vanno alla ricerca invano di un’
occupazione. Per arrotondare le entrate il sabato e a volte anche la domenica va a fare le pulizie presso privati. Ambra non si ferma mai, è sempre al lavoro, fuori e dentro casa, 24 ore su 24, “perché anche la notte mentre a lui gli gira di divertirsi in po’, come se niente fosse successo, come se i lividi neri delle sue legnate fossero diventati all’improvviso bianchi, a me il cervello invece mi continua a macchiniare, senza sosta!”
La vita di Ambra è un fascio di rabbia che diventa più forte quando pensa ad alcuni suoi parenti che le dicono di metterci una pietra sopra, di dimenticare, di capire, di sopportare “i nervi” di suo marito, di farlo “per amore della famiglia”, “ma questa è una famiglia in cui sono solo una serva di giorno e un pupazzo di notte, e io la odio… questa famiglia sempre sulla bocca dei preti e di Berlusconi non ha davvero alcun senso e ce ne dovremmo solo liberare…”
Ieri ho ascoltato queste parole, la storia di Ambra, e l’ho appresa da una donna che in quel momento era in piazza a lottare insieme a tante altre precarie e precari Ex Pip che da giorni a Palermo protestano contro la precarietà del lavoro, “lui mi fa le scenate perché sono in piazza ma piuttosto lo butto fuori di casa mio marito!”, e se da un lato attraverso di lei ho toccato ancora una volta con mano cosa significa doppia oppressione delle donne, dall’altro è emerso con forza il valore doppio della lotta delle donne, una lotta che in cui inevitabilmente la questione di genere si intreccia alla questione di classe…

Do mfpr palermo
08/04/2010

Ad Ambra e a tutte le donne che trovano il coraggio di denunciare la doppia violenza, il doppio sfruttamento, va il nostro abbraccio solidale e la nostra rabbia contro gli oppressori. Questa rabbia è la nostra forza, la sua organizzazione per la doppia rivoluzione la nosta lotta

Luigia

Placare Placanica

Placare Placanica
Di Doriana Goracci

http://www.reset-italia.net/

Mario Placanica era un giovane carabiniere il 20 luglio 2001, accusato e poi assolto di aver ucciso Carlo Giuliani, a Genova.Il giovane carabiniere cresce come la somma erogata, 400.000 euro, che gli fu consegnata da Vittorio Feltri direttore del quotidiano Libero, ricavata da sottoscrizioni aperte e chiuse in un anno, “per sostenere le spese legali e mediche del giovane militare coinvolto, suo malgrado, nei gravi incidenti di Genova, simbolo non solo delle aggressioni fisiche, ma anche di una campagna di delegittimazione del lavoro delle forze dell'ordine” e diventa anche padre oltre che marito di Sveva Mancuso.
Sono passati 9 anni e non è chiaro niente, tantomeno cosa passa nella mente di quell'uomo non qualunque per una giornata non qualunque del G8 italiano.

Sono invece molto comuni le denunce della moglie che da un articolo del secolo XIX intitolato «Le minacce a Placanica? Se le scriveva da solo», si rende noto che " lo ha lasciato nell'ottobre 2007, dopo due anni di matrimonio, e un figlio, dopo aver diviso con lui sofferenze, botte, incidenti sospetti, paranoie, microspie, psicofarmaci, ossessioni: un baratro in cui i fantasmi di Mario avrebbero fatto sprofondare l'intera famiglia. Con i pezzi di una vita da rimettere insieme, giù in Calabria."

Si sono aggiunte da due anni le accuse di violenza sessuale nei confronti di una bambina, all'epoca undicenne. Placanica scrive, alla moglie e ai giornali, bigliettini non proprio amorosi e non a firma sua, ovviamente.

La vicenda comune di una donna che denuncia violenze, si accoppia alla banalità di una straordinaria giornata genovese, dove chi l'ha vissuta, ha visto con i propri occhi la conferma di una società senza diritto e certezza di giustizia, dove il potere rappresentato da potenze mondiali, non nuove a scenari di violenza e terrore indotto, ha dato una prova schiacciante ogni verità, anche se migliaia sono state le documentazioni e le denunce. E tutto si placa, non Placanica, in nome della nostra Protezione, anche le stragi, prima e dopo Genova, con qualunque amministrazione allora presente, qualunque istituzione avesse calcato, o calcherà, lo scenario. Lo spettacolo del silenzio omertoso, continua e il sipario cala, a placare qualunque domanda, anche quelle che non si fanno, per ignoranza, stanchezza, rassegnazione. Ci diamo delle risposte. E chi le sente le une e le altre? Tornano le voci, come nelle menti dei matti, quelli che si sdoppiano, che fanno la parte di chi recita il torturatore e il torturato. E' legittimo qualsivoglia impedimento, perchè nulla accada. Si aspetta, la fine del chiacchiericcio e la Ricostruzione, quella dai modi seri e certi, che non ha paura di reprimere e controllare la paura, di mettere a tacere, per sempre.Magari in una grotta come in un innocente gioco, un Domino.Cappuccio nero e maschera bianca, effetto a catena.

"Dal 19 marzo le sono arrivati a ripetizione tre bigliettini: «Puttana ti ammazzo stai zitta», «Morte stronza», «Puttana muori», frasi sovrastate da una piccola falce e martello, scritte a stampatello, con la grafia nervosa di un bambino. «Inizialmente - fa annotare Sveva ai carabinieri - non volevo fare questa denuncia in quanto credevo si trattasse di qualcosa di poca importanza». «Mario è abituato a scrivere bigliettini e minacce per attirare l'attenzione», dice. Lo ha già fatto nel 2007.
La lettera di minacce firmata Brigate Rosse rivolte a lui e al segretario della Cei Angelo Bagnasco, con su scritto "Mario Placanica morte. Bagnasco al rogo. Solidarietà con i compagni. Viva Carlo Giuliani", «se l'è scritta da solo» racconta Sveva: «La sera del 30 aprile del 2007 stavo dormendo. Apro gli occhi e vedo Mario che guarda su internet un sito con le immagini del sequestro di Aldo Moro. Noto che sta ricalcando con cura la stella delle Br. Gli chiedo cosa sta facendo, e lui mi dice di stare zitta, per le microspie. Mi avrebbe raccontato la mattina dopo, l'1 maggio, quando ho visto con i miei occhi imbucare la lettera nella nostra cassetta della posta». Allo stesso modo nei giorni precedenti «è stato lui a scrivere con le bombolette spray le minacce di morte apparse sui muri vicino a casa nostra a Sellia Marina, firmate "Brigata 20 luglio"». E sempre lui è l'autore a delle minacce telefoniche di morte all'avvocato Ezio Menzione, che si occupava di difendere alcuni no-global nel processo per i disordini del G8 di Genova. Telefonate partite da una cabina di Montepaone Lido a fine maggio 2007.
L'1 giugno Placanica sarebbe stato chiamato a deporre come teste a Genova. Sveva ha assistito impotente ad ogni azione del marito: «Ero costretta - si sfoga - mi minacciava, mi picchiava. Non sta bene. È psicopatico e schizofrenico».
Ma perché dire tutto solo oggi? «Perché sono sola e penso che Mario venga coperto da polizia e carabinieri. Che nonostante le mie continue denunce non mi aiutano. E poi perché mi vuole togliere il bambino che ho avuto da lui».
Sveva infatti il 5 maggio sarà in tribunale, convocata dall'avvocato di Placanica per sottrazione di minore. Ricorda anche «le sue continue sniffate di coca» che mescolate agli psicofarmaci una volta stavano costando la vita a tutti e due per un incidente. Dopo essere riuscita a liberarsi di lui, a lasciarlo, Sveva ha chiamato Menzione e gli ha raccontato quasi in lacrime la verità. Ma perché dire tutto solo oggi? «Perché sono sola e penso che Mario venga coperto da polizia e carabinieri. Che nonostante le mie continue denunce non mi aiutano. E poi perché mi vuole togliere il bambino che ho avuto da lui». Sveva infatti il 5 maggio sarà in tribunale, convocata dall'avvocato di Placanica per sottrazione di minore.

Dalle lavoratrici pulizie Dussman

COMUNICATO LAVORATORI PULIZIE DUSSMAN
NO AI TAGLI DELL'ORARIO DI LAVORO
LA MOBILITAZIONE DEVE RIPRENDERE E VEDERE AL CENTRO LE SCUOLE!
DOPO IL 20 APRILE SCIOPERO!

I lavoratori hanno trovato il "regalo" dopo pasqua: al rientro, senza neanche un comunicato scritto ai lavoratori, la Dussmann ha cominciato a ridurre l'orario. Ma grande è la confusione sotto il cielo: in alcune scuole è stato applicata la riduzione in altre no, nelle stesse scuole l'orario è stato ridotto ai lavoratori con contratto a 3 ore (facendoli passare a soli 45 minuti - neanche il tempo di arrivare...), mentre resta per ora invariato a chi ha il contratto a 4 ore, ma ora devono accollarsi più lavoro; non si sa se con la riduzione d'orario saranno ridotti i giorni lavorativi settimanali (con perdita notevole anche degli Assegni familiari); non si sa se la differenza di orario sarà coperta da un aumento della cassintegrazione; non si sa se dopo giugno vi sarà proroga dell'appalto o, come sta accadendo a Foggia e Bari, licenziamenti. Tutto questo sta facendo aggiungere al danno la beffa! In una situazione che comunque è molto pesante e con un futuro anche peggiore. Si tratta di un attacco a livello nazionale da parte del governo a decine di migliaia di lavoratori che partito dal taglio degli insegnanti precari, punta a tagliare definitivamente i lavoratori delle pulizie e che vuole applicare alla scuola pubblica le stesse logiche di utili, di taglio dei costi di un'azienda privata. Questi tagli non sono una conseguenza di mancanza di fondi. Nello stesso momento in cui il Ministero Gelmini riduceva del 25% i costi delle pulizie, aumentava il finanziamento alle scuole private (si parla di circa 15 milioni di euro), e ha aumentato gli stipendi degli insegnati di religione, a dimostrazione del legame stretto tra governo e Vaticano. C'è un attacco economico alla scuola pubblica, ma c'è un attacco anche politico ed ideologico che punta a fare scuole di serie A, private in cui possono andare solo i figli di chi ha i soldi e scuole pubbliche di ultima serie, in cui può diventare a rischio anche la salute dei bambini. In questo c'è un attacco in particolare alle donne, che nelle pulizie sono la maggioranza. Questo governo vuole rimandare a casa le donne, renderle dipendenti e subordinate, scaricare su di loro tutto il peso della famiglia e dei servizi sociali (e non a caso ritorna anche l'attacco all'aborto, per rendere le donne più oppresse).

LA LOTTA DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI DELLE PULIZIE E' PARTE DI QUESTO
PIANO GENERALE. E' UNA LOTTA GIUSTA E LEGITTIMA, E' A DIFESA DEL LAVORO, MA
ANCHE DI UNA SCUOLA AL SERVIZIO DELLA SOCIETA'.

I partiti che hanno fatto campagna elettorale, che sono andati a parlare nelle scorse settimane di difesa del lavoro, ora non dicono niente. A dimostrazione che è stato giusto dire, come abbiamo detto, "niente lavoro, niente voto".

Qual'è la posizione della Dussmann in questa vicenda? Questa ditta non può cavarsela dicendo che non dipendono da lei questi tagli e i futuri licenziamenti. La Dussmann quando deve prendere va bene, quando deve mettere qualcosa di suo va male. Ma la Dussmann è una multinazionale che ha commesse in 27 paesi, che ha recentemente acquisito commesse per 45 milioni di euro, che si appresta ad occupare altri 2 mila lavoratori a livello nazionale nell'ambito dei servizi di pulizia, che ha ricavi per 260 milioni di euro solo in Italia. In Puglia ha acquisito una grossa commessa da Trenitalia e altre da istituzioni pubbliche. E' legittimo, quindi, chiedere che nella situazione attuale, almeno fino a giugno la dussmann comunque garantisca l'orario finora fatto dai lavoratori a Taranto, visto che Taranto è stata per la Dussmann un buon volano per le altre commesse in Puglia.
LA LOTTA CHE DOBBIAMO FARE E' IMPORTANTE E GROSSA. Dobbiamo portarla avanti e non fermarci al primo intoppo, non farci intimidire da istituzioni, Direzioni scolastiche e dalla stessa Dussmann (che quando serviva a lei la lotta per mantenere integro l'appalto ci ha usato, poi ci ha scaricato e inviato provvedimenti disciplinari appena ha temuto di vedersi tagliare i soldi). La lotta per difendere le ore e il lavoro è una battaglia che interessa anche altri, in primis i genitori degli alunni e anche il personale scolastico il cui posto di lavoro è anche in gioco.

Cosa fare?

LA LOTTA DEVE RIPRENDERE. MA DEVE VEDERE QUESTA VOLTA AL CENTRO LE SCUOLE.
LE SCUOLE SONO IL NOSTRO LUOGO PRINCIPALE DI INIZIATIVE.
SE BLOCCHIAMO LE SCUOLE, FACCIAMO SENTIRE TUTTO IL PESO DELLA MANCANZA DEL NOSTRO LAVORO.

Indiremo UNO SCIOPERO DOPO IL 20 APRILE, PER I TEMPI TECNICO-LEGALI, MA ANCHE PER PREPARARLO NELLE SCUOLE E A LIVELLO CITTADINO.

FAREMO LO SCIOPERO CON PRESIDI NEL MAGGIOR NUMERO DELLE SCUOLE, perchè non avvenga che al nostro posto facciano fare le pulizie ad altri.

VERSO I GENITORI E IL PERSONALE SCOLASTICO, RACCOGLIEREMO NELLE SCUOLE LE FIRME SU UN APPELLO E LI CHIAMEREMO A SCHIERARSI, NON SOLO A NOSTRO SOSTEGNO, MA ANCHE DI UNA SCUOLA COME SERVIZIO PUBBLICO.

NEL FRATTEMPO CHIAMIAMO I LAVORATORI AD ATTENERSI SCRUPOLOSAMENTE AGLI ORARI DI LAVORO E A FARE SOLO IL LAVORO POSSIBILE IN COSI' POCO TEMPO, se le scuole non saranno pulite non è colpa dei lavoratori.

CHIEDIAMO ALLA DITTA DI SOSPENDERE FINO A GIUGNO IL TAGLIO DI ORE.

CHIEDIAMO AL PREFETTO DI ORGANIZZARE UN TAVOLO CON TUTTE LE PARTI IN CAUSA:
Ufficio scolastico regionale, Dussmann, Regione.

CHIEDIAMO ALLE ALTRE ISTITUZIONI LOCALI DI ATTIVARSI, NON SOLO A PAROLE, PER DIFENDERE IL LAVORO DI CENTINAIA DI PERSONE.

TRASFORMIAMO LE SCUOLE, METTIAMO STRISCIONI, MANIFESTI, ecc. lì dove è possibile creiamo uno spazio all'interno delle scuole, di presidio permanente. (su questo chiediamo ai direttori scolastici di non essere di ostacolo ma solidali).

Questa lotta la dobbiamo fare tutti. Ma anche se siamo al momento solo alcune scuole, COMINCIAMO!

PER FARE IL PIANO DI MOBILITAZIONE, APPUNTAMENTO PER TUTTI MARTEDI' 13 APRILE ORE 17,30 IN V. RINTONE, 22

Slai cobas per il sindacato di classe
3475301704 - 0994792086

07/04/10

7 aprile le donne del ponte di ferro

7 Aprile 1944 - 7 Aprile 2010
Ricordando le donne del Ponte di ferro
Costruiamo insieme un luogo dedicato ad ogni donna resistente

Il 7 aprile del 1944 morivano, fucilate dai nazisti, dieci donne. Clorinda Falsetti, Italia Ferracci, Esperia Pellegrini, Elvira Ferrante, Eulalia Fiorentino, Elettra Maria Giardini, Concetta Piazza, Assunta Maria Izzi, Arialda Pistolesi, Silvia Loggreolo furono assassinate al Ponte di Ferro perchè insieme ad altri ed altre abitanti dei quartieri limitrofi avevano assaltato un forno. Volevano riprendere per la famiglia quella farina e quel pane che i fascisti negavano alla popolazione straziata dalla guerra, riservandolo ai tedeschi.
I loro corpi lasciati esposti sul luogo dell’eccidio dovevano scoraggiare chi intendeva ribellarsi, Ma il ricordo del loro coraggio è ancora oggi la forza di chi cerca giustizia.
Sullo stesso ponte un monumento , per lo più sconosciuto mantiene il ricordo di quelle donne. Attraverso la costruzione di un percorso storico, attraverso un continua e rinnovata lettura dei suoi contenuti, e la loro discussione in un racconto collettivo la memoria diviene elemento costitutivo del ragionare il presente e del costruire il futuro
Il 7 aprile del 2010, vogliamo ricordare su quel monumento e su quel ponte il nome di ogni donna che ha resistito e resiste ai tanti soprusi quotidiani di cui sono vittime le donne nel nostro paese e nel mondo. Quella storia di resistenza ci appartiene ancora, non è finita. La resistenza delle donne è diventata pane quotidiano
Ricordare e Resistere sarà parlare delle donne che ogni giorno resistono con i propri corpi, alla violenza fuori e dentro la famiglia, alle guerre, alle privazioni, alla negazione di libertà e delle diverse forme di esistenze, al razzismo e ad ogni intolleranza.
Ricordarle sarà lasciare, su quel monumento e su quel ponte, insieme a quelli delle dieci donne scolpite sulla pietra, il nome di ogni donna resistente

7 aprile 2010 ponte di ferro ore 16
In ricordo delle dieci donne giustiziate dai nazifascisti
In ricordo di ogni donna resistente

Antifasciste romane

Reagiamo a Cota

REAGIAMO A COTA E AL SUO PATTO PER LA VITA!!!

Nel corso della campagna elettorale Cota non ha fatto altro che stringere accordi con i settori più reazionari della nostra città per costituire un nuovo patto per la vita e la famiglia fondato sui comandamenti della Chiesa Cattolica.
A poche ore dalla fine delle elezioni, sono già arrivate le sue prime esternazioni in merito alla pillola abortiva Ru486. Cota ha dichiarato che farà tutto il possibile per tenerla nei magazzini e impedire il suo utilizzo.
Il neo presidente della Regione ha promesso che finanzierà le associazioni cattoliche antiabortiste, le scuole private e che rifiuterà ogni tipo di sovvenzione al prossimo Pride.
Sul nostro corpo e sulle nostre vite non ci è dato decidere autonomamente.
Non facciamoci strumentalizzare e non deleghiamo ad altri l'iniziativa e le lotte che quotidianamente portiamo avanti nella nostra città.

REAGIAMO A COTA E AL SUO PATTO PER LA VITA

ASSEMBLEA PUBBLICA A PALAZZO NUOVO, SPAZIO UNILOTTA, PRIMO PIANO
VENERDI' 9 APRILE ORE 17.30

06/04/10

Lottare a tutto campo contro le crociate ideologiche della Chiesa

Lottare a tutto campo contro le crociate ideologiche della Chiesa

Durante la celebrazione della “messa crismale” del “giovedì santo” appena trascorso, il papa Ratzinger è tornato di nuovo alla carica contro le donne e l’aborto definito “un’ingiustizia che viene elevata a diritto quando si tratta dell’uccisione di bambini innocenti non ancora nati”, guardandosi invece molto bene dal fare anche un solo accenno al tema scottante e vergognoso della pedofilia dei preti.

Certamente il tempismo dei neoeletti presidenti delle regioni leghisti, Cota in Piemonte e Zaia in Veneto, contro l’utilizzo della pillola abortiva Ru486 (e anche un bel ringraziamento per i voti ricevuti dalla chiesa!), è stata come la manna caduta dal cielo per Ratzinger e la sua Chiesa esauditi nelle loro richieste antiabortiste pre elettorali, ma non solo, perché con il loro lurido stuolo di preti stupratori non hanno perso tempo a mettersi in moto per trasformarsi subito da carnefici in santi agli occhi dei fedeli!
Lo stesso cardinale Bagnasco, capo della Cei, ha ancora difeso i sacerdoti dicendo che “Nessuna ombra, per quanto grave, dolorosa, deprecabile, può annullare il bene compiuto dai sacerdoti…il mondo credente o meno, guarda al sacerdote con l’aspettativa di vedere in noi il meglio dell’umanità e del bene…” “Il meglio dell’umanità e del bene”???
Arroganza, faccia tosta senza ritegno, ipocrisia senza limiti è davvero dire poco!
Dopo tutta la merda emersa in questi mesi relativamente alle violenze, alle sevizie e torture commesse dai preti su bambini, violenze che per anni la chiesa ha cercato di insabbiare, limitandosi a trasferire i preti pedofili in altre chiese così da poter tranquillamente violentare altri bambini, senza denunciarli e condannarli, ora dai loro sporchi crimini spostano l’attenzione sulle e contro le donne arrivando perfino a dire sfacciatamente che “l’aborto è un peccato più grave del reato di pedofilia compiuto da un sacerdote”. E’ quanto ha detto monsignor Girotti, reggente della Penitenzieria Vaticana, in un’intervista rilasciata al Messaggero, nella quale riguardo al reato di pedofilia ha dichiarato che: «Un penitente che si è macchiato di un delitto simile, se è pentito sinceramente, lo si assolve...”, al contrario, per assolvere una donna che ha abortito, il sacerdote deve ottenere la dispensa del vescovo, in quanto non può assolverla autonomamente perché “L’aborto viene considerato un peccato riservato, diciamo speciale. Nel caso specifico è chiaro che la Chiesa vuole tutelare al massimo la vita della persona più debole, più fragile, e cosa c’è di più inerme di una vita che è in divenire e non è ancora nata?”
Siamo dinanzi alla BARBARIE ALLO STATO PURO!
E la vita dei bambini violentati, stuprati, abusati NATI! non conta nulla? Non è anch’essa una vita di bambini in “fragile e debole DIVENIRE”?
Parlano di tutelare la vita (quando ancora non c’è) e si scagliano contro le donne e il diritto di aborto mentre nella realtà non si creano alcun scrupolo a difendere chi nella loro cerchia ha attaccato, violentato, distrutto le vite di bambini che ci sono, che esistono in carne e ossa!
Denunciare, smascherare, lottare a tutto campo contro le crociate ideologiche della Chiesa parte attiva al fianco del governo nella trasformazione in senso reazionario della società di cui uno degli elementi cardine è proprio la restaurazione di una concezione delle donne da “moderno medioevo”

05/04/10

Lettera da una sfollata alloggiata alla caserma Campomizi

Giro di vite alle visite alla campomizzi
A seguito della occupazione di una stanza presso la Campomizzi da parte di Anita, coraggiosissima donna di 85 anni che si rifiuta di stare ancora sulla costa, in assoluta solitudine, alle h. 19,00 circa, dopo l'arrivo per il secondo giorno consecutivo delle forze dell'ordine (come da regolamento della SGE, struttura gestione emergenza!), è stato affisso in bacheca un ridicolo volantino di cui vi sottolineo una piccola, ma significativa parte: "I Visitatori giornalieri non possono essere ospitati per la notte....; si specifica inoltre che con decorrenza immediata, anche al fine di garantire la migliore convivenza tra le esigemze degli sfollati e le esigenze degli universitari ( che non ci sono, salvo 3 ragazzi), non sono ammessi ingressi se non per visite ad ospiti che esprimono, in forma scritta,il proprio assenzo alla visita stessa, e in ogni caso non oltre le ore 22,00". Fate girare. E' una vergogna. Vogliono esercitare un controllo interno. Qui si sono spaventati tutti, perché abbiamo fatto entrare dei giornalisti e perché c'è Anita che, pur piangendo, non andrà via.
Bisogna fare qualcosa e fargliela scoppiare la bomba degli anziani a questi maledetti stronzi.

Anita, sfollata di 83 anni, “occupa” la caserma Campomizzi dell’Aquila

Fonte www.politicambiente.it

Quando si dice “nomen omen”, il destino nel nome… Anita, aquilana di 83 anni, ha proprio la tempra della garibaldina: dopo mesi da sfollata, da sola in una stanza d’albergo sulla costa abruzzese, tre giorni fa ha occupato una stanza di una caserma dell’Aquila, dove sono ospitati altri terremotati. La struttura Campomizzi è però da settimane al centro di una contesa e di un’assurda pretesa: quella di farvi entrare, nei posti letto liberi, non altri terremotati ancora fuori città ma universitari in affitto, per i quali in un anno non sono state trovate altre soluzioni migliori di questo odioso compromesso. Il risultato di queste scelte politiche è quello di aver creato l’ennesima guerra tra poveri. I cittadini senza casa si chiedono infatti perché abbiano maggiore diritto degli studenti fuorisede, rispetto alle migliaia di sfollati sparsi su tutto il territorio abruzzese, per i quali tra l’altro vengono spese somme che potrebbero essere risparmiate e impiegate nella ricostruzione. Dall’altro lato gli stessi universitari vengono strumentalizzati in questo braccio di ferro, loro malgrado. Eppure – sia per gli studenti sia per gli altri cittadini – sarebbero bastati, come era stato chiesto dai comitati civici fin dall’estate scorsa, i moduli provvisori e le case mobili, che non hanno nulla a che vedere con i container e che una volta terminata l’emergenza del post-terremoto all’Aquila sarebbero potuti servire altrove. La storia di Anita è quella di migliaia di aquilani, soprattutto anziani, ancora sfollati sulla costa, dove i media non arrivano e che per questo restano un esercito di invisibili. Anita è scampata al terremoto, salvata da un “giovane angelo” – come lei lo chiama – di nome Leonardo. La casa di questa signora, in pieno centro, è inagibile. Come molti altri, anziani e non, una volta chiuse le tendopoli è stata “deportata”. Lei non aveva figli ai quali unirsi e nell’assegnazione della destinazione (perché di questo si è trattato, non di scelta) non è stato considerato che all’Aquila ha un fratello, una sorella e i nipoti. Oltre ai ricordi di tutta una vita. A Montesilvano (Pescara) è stata mandata completamente sola. Perché per lei, e per moltissimi altri, non c’è ancora posto nella “sfida gigantesca” (ultime parole di Bertolaso), che si vuol far credere di aver vinto all’Aquila. Nel post-terremoto la “politica”, così hanno avuto il coraggio di chiamarla, è stata quella di lasciare fuori dalla città i nuclei di due persone o le persone sole, privilegiando il (sacrosanto) rientro all’Aquila delle famiglie con bambini, perché altrimenti, si diceva mesi fa, “la città sarebbe morta”. Neanche tra le righe questo voleva dire: altrimenti sarebbe stata una città di vecchi. Ma questa scelta non è bastata, e non basterà, a far rinascere la città di Federico II. La situazione è sotto gli occhi di tutti: il territorio ora rischia davvero di spopolarsi, proprio di giovani, per la mancanza di lavoro, per una ricostruzione che non parte, per una gestione del dopo terremoto distante dai veri problemi dei cittadini. Anita ha tutto all’Aquila e niente a Montesilvano: ha trascorso un’intera vita nel capoluogo abruzzese, dove viveva nel cuore della città e dove per quarant’anni ha avuto una tabaccheria. Era sposata con un maresciallo, che adesso non c’è più, e ha fatto parte della Croce Rossa. “Abbiamo dato tanto agli altri. Ed ora che è ho bisogno io?”, chiede quest’anziana, con gli occhi pieni di lacrime, spaurita ma al tempo stesso forte e fiera. A Montesilvano, come migliaia di anziani che si trovano ancora negli alberghi lontani, dove devono essere tenuti nascosti e zitti perché non esca fuori il fallimento della politica delle promesse, Anita passa giornate intere dentro una stanza d’albergo, dove l’unica cosa che si può fare è pensare: ai ricordi, allo sradicamento presente, ad un futuro più incerto e malinconico di quanto già non lo sia quando la maggior parte della propria vita è alle spalle. Per queste persone la depressione è il minimo. Molti anziani sanno che non rivedranno L’Aquila ricostruita, bella com’era, ma sanno anche che forse non la rivedranno proprio. Molti vecchi, dal 6 aprile 2009, sono già morti da sfollati, sradicati e disorientati. Dopo una vita di sacrifici si pensa di poter godere gli ultimi anni tra i ricordi nel posto del cuore, dell’infanzia, dei primi amori, del grande amore. E invece non è così, neanche questo lo Stato riconosce come diritto. Dopo l’occupazione della stanza presso la caserma sono arrivate due volte le forze dell’ordine ma Anita è rimasta. “Io da qui non me ne vado. Ci sono tanti posti liberi”, racconta. A quel punto, il 2 aprile, è giunta presso la caserma una comunicazione da parte della Struttura per la Gestione dell’Emergenza (Area assistenza alla popolazione), ufficio che si trova presso il Comune. Nel documento (prima foto nella galleria in fondo alla pagina) si ribadisce che “i visitatori giornalieri non possono in nessun caso essere ospitati per la notte” e che possono restare fino alle 22. Un modo, spiega Antonietta Centofanti (promotrice del Comitato Familiari Vittime della Casa dello Studente e ospite anche lei della Campomizzi), per aumentare i controlli su chi entra e chi esce dalla struttura. Nelle due caserme dell’Aquila messe a disposizione dei terremotati, la Campomizzi e la Caserma della Guardia di Finanza di Coppito, ci sono circa 600 posti liberi, ribadisce Centofanti. Che si aspetta a far tornare gli aquilani sparsi altrove?
“Politicambiente” seguirà gli sviluppi di questa e di altre storie simili. Anita vincerà la sua battaglia, ce l’ha scritto nel nome e nella tempra, anche perché deve fare da avanguardia al ritorno di migliaia di aquilani, e dei più vecchi, nella città. Perché L’Aquila non può rinascere senza gli anziani, la memoria storica più preziosa che ogni comunità possa avere.

Guarda il video di RepubblicaTV

Sfollata aquilana occupa la sede della Protezione civile di Giulianova

da Il centro, di Sandro Petrongolo

Pendolare da mesi, non ce la fa più Docente aquilana occupa la sede della Protezione civile di Giulianova

GIULIANOVA. Occupa simbolicamente la Protezione Civile per manifestare il proprio disagio che ormai dura da undici mesi: è il gesto disperato di S.E.G., 54 anni, sfollata, docente universitaria aquilana, che tre giorni fa ha deciso di stabilirsi nella sede della Protezione Civile di Giulianova per reclamare un alloggio, atteso da dicembre, che le permetta di continuare a lavorare senza estenuanti viaggi, senza cambiare sei autobus ogni giorno e senza vivere da pendolare l’intera giornata. La donna, che insegna nella facoltà di Lettere della città devastatata dal sisma, non ce la fa più. Chiede una sistemazione stabile, a distanza di quasi 12 mesi dal terremoto del 6 aprile 2009: la sua abitazione, situata nella “zona rossa”, è classificata “E”, quindi totalmente inagile.
Ogni giorno, l’insegnante sfollata per poter raggiungere il posto di lavoro deve dover cambiare fino a sei autobus.
Ogni giorno, per raggiungere Bazzano, dove ha sede la facoltà, e guadagnarsi lo stipendio, S.E.G. vive il suo piccolo estenuante calvario fatto di pranzi frugali, panini, cappuccini e attese alla fermata del bus. Una situazione peggiorata dall’incertezza e dalla mancanza di prospettive, dopo mesi di pellegrinaggio non solo lungo la costa abruzzese: la professoressa di lingue, in seguito al terremoto, è stata ospitata per quattro mesi in un albergo di Vasto. Poi ha trovato una sistemazione autonoma a Penne, per finire, da ottobre, in un hotel di Tortoreto. E lì è rimasta. A ciò si aggiunge la fatica quotidiana per recarsi a lavoro: per essere presente alle 14 nell’università, la donna, sprovvista di patente di guida, deve prendere un primo autobus per Giulianova; da qui uno che la porti a Teramo, poi un altro per giungere all’A quila, nei pressi della fontana luminosa, quindi un bus che la porti al terminal, e da qui un ulteriore mezzo per arrivare, finalmente, a Bazzano. La stessa odissea si ripete la sera, per tornare a casa alle 21.30, da dove l’insegnante si allontana alle 10.30 del mattino. La sfollata ora se la prende con la Protezione Civile. A dicembre le era stato promesso che entro il primo gennaio sarebbe tornata all’Aquila, ma la scadenza è slittata la prima volta all’inizio di febbraio. E poi è slittata ancora perché la donna è single, e quindi non rientrante nel progetto «Case». Così le viene offerto un posto in un albergo di San Demetrio oppure in un hotel a 45 minuti di distanza (per lei che va a piedi) dal terminal autobus. La docente sfollata però non se la sente più di affrontare altre fatiche, così decide di occupare la sede della protezione civile di Giulianova. E la sua diventa una storia simbolo per tanti sfollati.

02/04/10

ABORTO: SBARRIAMO LA STRADA AL FASCISMO DI LEGHISTI E VATICANO

ABORTO: SBARRIAMO LA STRADA AL FASCISMO DI LEGHISTI E VATICANO

L’onda velenosa contro l’aborto
partita da Cota in Piemonte si è estesa al Veneto con l’altro leghista Zaia che ha dichiarato che anche nella Regione Veneto bloccherà la pillola Ru486. Ratzinger, Mons. Fisichella applaudono, si sfregano le mani vedendo come viene immediatamente attuato il loro anatema preelettorale contro l’aborto e si stringono in un nero abbraccio; mentre usano la Pasqua per far calare un silenzio sui preti e vescovi pedofili. La Lega vuole dare un immediato segnale di come userà il potere per far fare un salto politico, ideologico, pratico soprattutto, al clericofascismo; e non a caso le prime e principali armi sono: oppressione delle donne e razzismo verso gli immigrati. Questa orda nera deve essere fermata subito, prima che si espanda pericolosamente. Il governo Berlusconi non aspetta altro per riprendere la guerra, mai sotterrata, contro l’aborto e le donne, e oggi stretto dal risultato elettorale della Lega e dall’insuccesso del PdL necessariamente accentuerà i suoi programmi reazionari.
Il PD anche questa volta balbetta miseramente, e “responsabilmente” farà un altro passo a destra.

Ma questa orda è illegale, agisce contro le stesse leggi dello Stato; Ratzinger facendo ieri l’appello ai “cristiani a rifiutare le leggi ingiuste” dichiara apertamente che le leggi non devono valere per tutti e che la popolazione è da dividere per religione, che vi devono essere leggi per cristiani e leggi per non cristiani – cos’è questo se non chiamare ad una guerra santa? Se non incentivare il fanatismo nella gente? Cosa c’è di diverso dagli Stati integralisti? Questa orda è portata avanti da campioni di violenza reazionaria, di razzismo ostentato, di immoralità, da chi dovrebbe, in uno Stato minimamente democratico, stare in galera.

NON SE LO POSSONO PERMETTERE!

Non possono fermare la pillola Ru486. Su questo dobbiamo unire parole e fatti, denuncia e azione pratica: Che si faccia una legittima disobbedienza civile, che, prima di tutto le donne, occupino la Regione, e ogni altra struttura che impedisca alle donne di utilizzare la pillola. Ma questa è una battaglia di tutti: dei lavoratori, degli immigrati, della popolazione, degli intellettuali, dei democratici – o si sta contro la Lega, il Vaticano, il governo o si sta con il moderno fascismo. Non ci sono “ma” o giustificazioni. Il moderno fascismo cerca di colpire i settori più oppressi, ma anche i settori che più svelano la natura profonda antidemocratica, razzista, sessista del sistema sociale capitalista; ma poi colpirà gli altri, anche quei pezzi di lavoratori, di masse ottuse che hanno votato Lega pensando che sono gli immigrati o i “tutelati” del sud che gli tolgono lavoro e salario.

Proletari comunisti Taranto

L'Aquila: sequestri, denunce e scomuniche


Sequestri, denunce e scomuniche L’attacco congiunto di Stato e Chiesa al popolo delle carriole
Dopo l'intimidazione del Prefetto che imponeva il silenzio elettorale anche alle carriole, il sequestro domenica da parte della Digos di queste terribili armi di distruzione di massa e l’identificazione di decine di scarriolanti, arrivano, insieme alle denunce anche le “scomuniche” della Curia al popolo delle carriole.
A margine di una cerimonia in Vaticano l'arcivescovo dell'Aquila, Giuseppe Molinari, leva il suo allarme: «Sembra che ci sia qualcuno molto interessato alle “carriolate” perché vuole creare dal punto di vista politico un gruppo che abbia autorità nella ricostruzione ... per poter entrare poi nella cabina di regia delle attività di rimozione delle macerie e di ricostruzione ... Ogni tanto succedono degli episodi poco simpatici ed io non ho paura di dire che spesso ci sono delle strumentalizzazioni di gruppi che vengono da fuori e che non hanno niente a che fare con L’Aquila vera» e ancora: «Proprio ieri è venuto da me un amico, che ha anche un posto di responsabilità in città, e mi ha detto di essere preoccupato perché ha sentito dire che il giorno di Pasqua vogliono fare i turni per togliere le macerie. Ma non è possibile, almeno la Pasqua ce la lascino libera! »
Forse sarebbe il caso di ricordare a sua Eminenza i principi morali a cui il “buon pastore” dovrebbe ispirarsi, prima di scagliare anatemi così “coraggiosi” sui terremotati, su chi è rimasto praticamente senza niente, sui poveri, su chi è schiacciato da interessi politici ed economici enormi e si autorganizza per dar voce ai propri bisogni. Ma qualcuno lo ha già fatto e meglio di noi.
Quello che emerge chiaro e forte dalle parole del Vescovo e dall’azione sinergica delle forze governative e poliziesche è che, come un anno fa, guai a chi osa disturbare il manovratore, intralciare i piani di Governo, Regione, Provincia, Comune e, soprattutto, la saggia regia di San Guido Bertolaso, della Curia e il suo gregge, quello dei Gentiluomini di Sua Santità, procacciatori di appalti, escort e gigolò seminaristi, di tutti quelli che a un anno del terremoto hanno lasciato le macerie al loro posto, disperso gli sfollati, lucrato enormi affari dal G8, la costruzione delle C.A.S.E., l’acquisizione da parte della Curia di strutture, terreni e soldi pubblici, come il complesso religioso di piazza d’armi o la nuova casa dello studente.
Questa è "L’Aquila vera" che l'arcivescovo vorrebbe difendere, non quella degli aquilani di buona volontà, che con il loro lavoro e la solidarietà si rimboccano le maniche per ricostruire le proprie case, la propria città.
La libertà per noi, Signor Vescovo, Signor Prefetto, vale ben più di una denuncia o di una scomunica. La libertà per noi è partecipazione, non celebrare i propri riti in una città fantasma in mezzo ai detriti, dove, tra il silenzio elettorale e quello degli agnelli si spegne anche l’ultimo sogno di veder risorgere, insieme al Cristo, anche la nostra città.

Luigia

Protesta a Palermo delle lavoratrici e lavoratori delle coop. sociali

A PASQUA NON SIAMO IN VACANZA MA IN LOTTA E NON CI FERMEREMO!!!
le lavoratrici e i lavoratori delle Cooperative Sociali ieri 1 Aprile in protesta al Giornale di Sicilia Perché in una città come Palermo in cui tante sono le situazioni di sempre più precarietà e rischio di licenziamento per centinaia di lavoratrici e lavoratori, alle molteplici voci di protesta si unisca quella delle lavoratrici e lavoratori delle coop sociali in lotta contro le istituzioni, in questo caso la Provincia regionale nella persona soprattutto del Presidente Avanti, così' "solerti" in tempi elettorali non così lontani verso le esigenze dei lavoratori, ma oggi così sordi dinanzi alle richieste dei lavoratori. Perchè le Lavoratrici e i Lavoratori delle Cooperative sociali “Azione Sociale”, “Amanthea”, “La Città del sole”, assistenti igienico personale ai ragazzi con handicap nelle scuole superiori, vogliono garanzie circa il rinnovo del contratto di lavoro in scadenza a giugno sul quale la Provincia Regionale di Palermo non ha dato ancora risposte certe e sono contro la procedura di "accreditamento" che la Provincia vorrebbe iniziare a mettere in atto, secondo una linea che via via sta prendendo piede nei vari enti pubblici per la fornitura dei servizi, che creerebbe solo maggiore precarietà e non stabilità lavorativa.
Per deninciare una condizione di forte precarietà e ipersfruttamento (vedi
per esempio i contratti di lavoro part-time previsti dal capitolato che impediscono ai lavoratori di lavorare ed essere pagati tutto l'anno costringendoli a rimanere inattivi e senza stipendio nei tre mesi estivi e durante le vacanze natalizie e pasquali) esprimendo anche forte solidarietà alle tante lavoratrici e lavoratori delle coop sociali che lottano in altre realtà dal nord al sud come le lavoratrici e i lavoratori in lotta delle pulizie in appalto dell'università di Roma 3.

IL SOLO "ACCREDITAMENTO" CHE VOGLIAMO E' LAVORO SICURO E STABILE PER TUTTO L’ANNO

lavoratrici e lavoratori coop sociali organizzati nello Slai Cobas per il sindacato di classe